Il Prezzo Della Salvezza
❝ Ho sempre pensato
che la pietà porti frutti più
ricchi della mera giustizia. ❞
𝓐𝓫𝓻𝓪𝓱𝓪𝓶 𝓛𝓲𝓷𝓬𝓸𝓵𝓷
personaggi presenti: César, Chantal, Artemis, Monique, Lucien
personaggi nominati: Dana, Adrienne, Cornélie, Hercule
Pomeriggio del 7 aprile 1885
Gli ospedali non erano mai stati la passione di César, anzi, probabilmente non erano mai stati la passione di nessuno tranne di chi ci guadagnava da vivere. Anche se, ad essere onesti, pure quella poteva essere un'argomentazione relativa: cosa mai si poteva provare di bello nel lavorare quotidianamente tra persone più vicine alla morte che alla vita? Ovvio, il saper di poter salvare qualcuno era un obbiettivo ammirabile ed alquanto nobile, ma poi? Cosa ne resta delle buone intenzioni quando tutti se ne vanno, quando un corpo diventa freddo e quando il pianto di un bambino s'interrompe perché ghermito dalle fredde braccia della morte? Cosa resta al tramonto di ogni giorno, quando i turni si alternano e le persone se ne vanno, scomparendo a lenti passi nel buio di un addio non dato, di una parola non detta, di un abbraccio non dato?
-Oh, è passato così tanto tempo!- fu l'urletto eccitato che accolse César all'ingresso principale dell'ospedale Sant Louis, costringendolo ad immobilizzarsi per qualche istante e a uscire improvvisamente dall'apnea dei propri pensieri: la donna grassoccia che si avvicinava a passo di marcia si stava riferendo a lui?
-César, che gioia vedervi!- esclamò di nuovo quest'ultima, approcciandosi al vice ispettore prima ancora che egli potesse dire una parola e prendendogli il volto tra le mani, costringendolo ad abbassarsi al suo livello. -Finalmente mi mandate qualche viso affascinante e non quel muso rachitico di Hercule.-
I due baci umidicci che gli vennero schioccati sulle guance lo fecero quasi ribaltare in avanti, mentre Madame Girie continuava a blaterare di quanto fosse diventato bello in pochi anni, di come stesse meglio con i capelli un po' più lunghi, di come fosse lieto di vederlo e di come fosse cambiato.
Pure lui ci aveva messo qualche istante a riconoscere la donna, dallo sguardo stralunato l'aveva scambiata per una paziente più che per l'infermiera che diverse volte aveva assistito lui ed Hercule, inoltre ella non indossava il tipico camice, ma un semplice abito quotidiano.
-Allora come va caro mio? Trovata una fidanzata? Hercule ti tratta bene? Guarda che se ti tratta male se la dovrà vedere con me.-
Per scrollarsi dall'imbarazzo di quella situazione César si limitò ad un abbraccio e ad una leggera pacca sulla schiena della donna, mentre praticamente lottava per riavere indietro il proprio viso.
-Non preoccupatevi, Madame Girie, Hercule mi tratta molto bene.- rispose l'uomo, un sorriso di circostanza sul volto mentre riprendeva fiato, allontanandosi di qualche passo dalla donna che lo squadrava con occhi brillanti. Sembrava sinceramente felice di vederlo.
-Oh, certo, che sbadata, sarete qui per i recenti ricoveri dall'Opera. - mormorò la donna ad un tratto, abbassando il tono di voce in modo quasi cospiratorio e guardandosi intorno come se qualcuno avesse potuto origliare. Inoltre a volte era sorprendente la velocità con cui passava dal parlare in modo del tutto informale, quasi come con un nipote, ad una forma di cortesia spiazzante.
César si limitò ad inarcare un sopracciglio e attendere pazientemente, chiedendosi se Madame Girie fosse al corrente che la notizia del loro ricovero era su tutti i giornali parigini e che probabilmente tutti ne erano già al corrente. Non disse nulla però, la donna sembrava già abbastanza agitata di per sé.
-Venite forza, avrei finito il mio turno ma preferisco accompagnarvi di persona, mio marito sarà contento di avere qualcosa di serio per cui lamentarsi.- disse la donna, girando sui tacchi e facendo segno a César di seguirla. -Da chi vi conduco prima?-
-Non ho preferenze, ma direi di partire da chi siete sicura é in condizioni di parlare.- affermò l'uomo, in ogni caso avrebbe dovuto vedere tutti e, nella sua mente, non aveva un'ordine preferenziale per gli interrogati. -In che condizioni sono in generale?-
La domanda non era dovuta ad un vero e proprio senso di compassione, ma più ad una necessità di sapere cosa avrebbe dovuto aspettarsi da ognuno di loro e per quanto avrebbe potuto interagire. Poteva essere visto come crudele il distacco che egli provava verso le vittime, ma in realtà era per l'uomo quasi un modo per difendersi, se avesse permesso al dolore di tutti loro di infiltrarsi nella sua mente e nel suo cuore probabilmente sarebbe morto; troppa insensibilità può portare a diventare spietati, ma al contrario troppa sensibilità può soffocare una persona.
-La giovane Chantal, donna meravigliosa se posso dirlo, ho passato con le qualche ora ed è davvero di ottima compagnia, è in buona forma.- disse la donna, mentre guidava César lungo un grande corridoio illuminato in cui infermieri e dottori si susseguivano come tante formiche laboriose. -È una donna forte sia fisicamente che psicologicamente, si è ripresa molto bene grazie alla tranquillità e devo dire che quando la gamba si sarà stabilizzata potremmo addirittura dimetterla, anche se ovviamente dovrà essere seguita a domicilio per un po'.-
Il vice ispettore annuì, iniziando ad appuntare già quelle piccole informazioni sul proprio taccuino nonostante fosse in movimento, nel suo lavoro era importante non dimenticare neanche il piccolo dettaglio.
-Per quanto riguarda il vostro tecnico, Monsieur Leroy mi pare, non posso assicurare molto. L'ho seguito personalmente ma non ha avuto grandi miglioramenti.- ad un'occhiata interrogativa dell'uomo ella continuò. -Vedete, lo shock é stato enorme, se poi immaginate che quando è arrivato qui il dito era irrecuperabile il trauma deve essere stato ancora peggiore. È sveglio, mangia, beve e compie ogni necessità primaria da solo. Ma, come posso dire, sembra quasi che si muova come una macchina, in automatico ecco. E non ha ancora spiaccicato parola.-
-Questo potrebbe essere un problema.- mormorò César con fare pensoso, lanciandosi un'occhiata intorno per notare che stavano attraversando un ampio salone pieno di tende, probabilmente dietro ad ognuna di quei sottili strati di stoffa si trovava un paziente. Abbassò di nuovo il capo sul taccuino, limitandosi a camminare guardando la via con la coda dell'occhio, non se la sentiva di invadere la vita privata di persone malate. -E le due gemelle?-
-Stabili. Una di loro ha avuto un colpo alla testa, ma tutto sommato sembra stare abbastanza bene, la seconda ha tutta la gola e le corde vocali infiammate e gonfie, temo che non potrà parlare molto.- spiegò Madame Girie con fare dispiaciuto. -Ma le è stata portata una lavagnetta e solitamente scrive su quella se ha bisogno di qualcosa di importante.-
-Poteva andare peggio.- mormorò César mentre rialzava gli occhi dal proprio quadernetto, in automatico già da qualche secondo aveva iniziato a salire dei gradini verso i quali l'infermiera l'aveva condotto, ma sapeva che non avrebbe potuto continuare a camminare con la testa bassa e dunque ripose il piccolo taccuino nella tasca interna della giacca. Doveva vedere il lato positivo della situazione: almeno due interrogati su quattro avrebbero potuto rispondere.
-Oh, per quanto riguarda i metodi degli interrogatori, non nascondete qualche trucchetto come il caro vecchio Hercule, vero?- domandò Madame Girie, interrompendo il breve silenzio mentre apriva una porta che dava su un ripiano deserto.
-No, io picchio direttamente.-
Lo sguardo sconvolto che César ricevette fu impagabile, dovette trattenersi dallo scoppiare a ridere di fronte alla faccia contrariata di Madame Girie che sembrava voler capire se fosse serio o meno.
-Non preoccupatevi, sto scherzando.- la rassicurò con un sorrisetto divertito sul volto. -Allora, qual è la stanza di Mademoiselle Gaudier?-
Florence lo guardò per qualche secondo, come se non fosse del tutto sicura che dargli l'indicazione sarebbe stata una buona idea.
-La quattordici.- disse infine, assottigliando lo sguardo, sperando vivamente che César stesse scherzando. -Io sarò qui ad attendere.-
Primo interrogatorio: Chantal Gaudier
Si può dire che Chantal fu alquanto contenta di vedere qualcuno di nuovo gironzolare per la sua stanza, non che le dispiacesse la compagnia delle due solite infermiere e del medico che la curavano, ma, come già detto, erano le solite e per la donna era difficile vivere senza un costante senso di novità.
Per questo César venne accolto con un ampio sorriso al suo ingresso nella stanzetta luminosa, un lieve profumo di lavanda a invadere l'aria con il tipico aroma dolce e leggermente pizzicante.
Chantal era seduta su una sedia, una tazza di tè in mano e un libro posato sul tavolino accanto a lei, mentre la gamba rotta era adagiata su un poggiapiedi rialzato e avanzava dalla deliziosa vestaglia viola che copriva la candida camicia da notte.
-Oh, che gioia vedervi Monsieur Ophelys.- esclamò la donna con un ampio sorriso, incredibile come sembrasse essersi ripresa senza danni psicologici. -Florence mi aveva avvertito del vostro arrivo.-
César ricambiò il saluto con un semplice cenno del capo, per sua sfortuna non riusciva a provare lo stesso apparente entusiasmo della donna. I due si erano già visti circa una settimana prima quando lui ed Hercule l'avevano interrogata per la prima volta ritienendola scartabile dalla lista dei sospettati, del resto cosa poteva aver a che fare una cantante lirica con una semplice ballerina? Tutti confermavano che le due non si conoscessero, ma a quanto pare a tutti era sfuggito qualcosa.
-Sedetevi pure, c'è una sedia libera...-
-No, non preoccupatevi.- la interruppe César con un cenno della mano. -Sono qui solo per una visita veloce.-
-Oh, capisco.- fu la pacata risposta della donna, il tono molto meno entusiasta di quello nelle parole precedenti, le spalle quasi ad indossarsi a quella constatazione. Non poteva nascondere una leggera delusione, certamente avere qualcun'altro che le girava intorno facendo domande con aria quasi ammirata non le sarebbe dispiaciuto, anche se non era del tutto sicura che César fosse quel tipo di persona.
-Come ben sapete ho altri pazienti da andare a trovare.- spiegò l'uomo facendo un gesto circolare con la mano, non che la cosa lo entusiasmasse molto in realtà.
-Sì, ne sono consapevole, la cosa più triste è che non posso uscire di qui e andare a trovare nemmeno un'amica.- sospirò la donna, l'aria avvilita riguardo al non poter veder Artemis. Avrebbe tanto voluto sapere come stava, per una volta che le importava di qualcuno non poteva dimostrarlo.
-Mi dispiace.- rispose César in tono brusco anche se, ad essere onesti, non era vero, non gli dispiaceva minimamente, vi erano cose più gravi di quelle come, per esempio, le centinaia di altre vite in pericolo. -Sono qui principalmente per chiedervi se vi è venuto qualcos'altro alla mente riguardo al vostro...incidente.-
Il vice ispettore si morse la lingua all'ultimo, rendendosi conto che "tentato omicidio" non sarebbe stato proprio il modo più delicato di approcciarsi alla donna.
Ella, inaspettatamente, annuì portando la tazzina di té alle labbra e sorseggiandolo un poco. Non andava pazza per quello strano gusto, ma a quanto pare in quel monotono posto non avevano altro da offrire. Non disse immediatamente all'ispettore ciò che aveva ricordato e ciò che sapeva, che gusto ci sarebbe stato nel farlo andare via subito?
César inarcò un poco un sopracciglio, inclinando il volto verso la donna con aria interrogatoria.
-Davvero?-
Chantal annuì causando un leggero fruscio dei lunghi boccoli biondi.
-Molto bene.- sospirò l'uomo, capendo che spazientirsi non avrebbe portato a niente e che il modo più veloce per uscire da quella situazione sarebbe stato assecondarla. Prese la sedia che la donna gli aveva precedente indicato e la sistemò di fronte alla sua.
-Gradite del tè?- domandò la donna, tornata gioiosa e con un nuovo sorriso sul volto. L'occhiataccia di César la convinse a non insistere oltre nel fargli perdere tempo, a suo malgrado doveva ammettere che non avrebbe potuto trattenerlo lì come un animaletto da compagnia.
Ella si sistemò un poco sulla sedia, schiarendosi la gola come se stesse per iniziare un lungo racconto.
-Non riguarda il mio incidente.- a queste prima parole già César dovette trattenersi dall'alzarsi e andarsene, quella poteva essere una terribile perdita di tempo. -Ma riguarda Elodie Legrant.-
Il vice ispettore si fermò dal gesto di alzarsi e andarsene, inclinando il volto verso la donna e guardandola corrucciato.
-Continuate.-
-Stavo tranquillamente leggendo il giornale e ho scoperto che a quanto pare gli spettacoli all'Opera ricominceranno.- a queste parole si lasciò sfuggire una leggera smorfia, non perché fosse particolarmente preoccupata per i dipendenti, ma perché si sentiva quasi ferita dal fatto che Ambroise avesse praticamente deciso di riprendere gli spettacoli anche senza la sua presenza fino a pochi giorni prima ritenuta indispensabile. -Ho pensato che fosse ammirevole il fatto che ballerini e musicisti non si fossero licenziati e dunque non si sarebbero dovuti svolgere altri provini. Ammirevole e stupido, certo, ma trovare lavoro a Parigi di questi tempi è difficile e una vita senza pane è pur sempre peggio della morte.-
Dopo queste parole prese un sorso di té, aspettando qualche secondo prima di continuare. Sembrava quasi gustarsi l'impazienza del vice ispettore come un dolce biscottino da accompagnare alla calda bevanda che riempiva la tazza di porcellana.
-Visto che nessuno si è licenziato non si dovranno tenere nuovi colloqui. Sapete, ho avuto molto tempo per ragionare in questi giorni di solitudine e ho ricordato una cosa.-
César si stava alterando non poco con tutte quelle pause inutili, la mente gli venne anche sfiorata dal pensiero che Chantal non sapesse un bel niente ma volesse solo un po' di attenzione.
Cosa che era parzialmente vera, ma non del tutto.
-Ciò mi ha riportato all'inizio di tutta questa faccenda: Elodie Legrant. Pensare a quella giovane e pensare in seguito a delle audizioni mi ha fatto venire in mente un ricordo che non pensavo importante. In verità non so se è realmente importante infine, ma magari nei dettagli potreste trovare la soluzione.- mormorò, lanciando uno sguardo di sottecchi al vice ispettore.
-L'indizio più irrilevante è anche quello più fondamentale, ora ditemelo, ve ne prego.- sbottò César nel tono più educato possibile, quei giri di parole lo stavano mandando su di giri.
La cantante lirica ridacchiò un poco prima di continuare.
-Vedete, la giovane Elodie al suo arrivo all'Opera non aveva sostenuto un colloquio con la maestra di balletto per diventare ballerina, ma con me per diventare mia apprendista.-
Questo sì che era un dettaglio importante, sempre contando che il primo omicidio fosse stato commesso appositamente e che la storia partisse effettivamente da Elodie Legrant. Prima di appuntarlo sul suo taccuino César si prese un secondo per lanciare uno sguardo indagatorio alla donna.
-Non era brava? Per questo non le è stato accordato il ruolo?-
Chantal sospirò un poco, riportando la mente a quasi due anni prima. Stava iniziando a stancarsi, ma non le importava, le piaceva parlare con qualcuno che non fossero le solite infermiere.
-Oh, no, era bravissima. La voce più angelica che abbia mai udito. Dopo la mia, ovviamente.- si sbrigò a specificare, portandosi una mano al petto. -Ma sapete, in questo ambiente il talento non è tutto. La mia apprendista attuale, Dana, loro due erano le candidate principali tra cui v'era indecisione. Probabilmente avrei scelto Elodie, anche Monsieur Fournier e Louise, perdonatemi, Monsieur Du Polignac, erano d'accordo, ma ella non aveva le referenze adatte.-
Il vice ispettore alzò una attimo lo sguardo dal taccuino che aveva velocemente recuperato, una domanda stampata nello sguardo.
-Vedete, molti pensano che basti il talento, ma anche avere una buona famiglia può aiutare.- spiegò pazientemente Chantal. -Mademoiselle Legrant era brava, sublime oserei dire, ma si presentò solo con un nome ed una voce, nient altro si seppe di lei. Dana invece, la mia attuale apprendista, discende da una lunga famiglia di artisti: suo nonno era un cantante lirico e suo padre il direttore di un'Opera, molte volte purtroppo soldi e nome contano più del solo talento.-
Non che Dana non fosse brava, anzi, ma Chantal aveva trovato una profondità nella voce della defunta che alla giovane tedesca mancava. Era sicura che la sua apprendista avrebbe appreso quella sfumatura di emozione profonda e quasi oscura, un basso turbine di emozioni nascoste, nel tempo. César dal canto suo capì al volo cosa intendesse la lirica; lui stesso, nato e cresciuto in una famiglia povera, aveva sperimentato sulla sua stessa pelle cosa volesse dire vivere nello sfavore dell'economia e di un nome austero ai più.
-E come mai si sarebbe inserita nel corpo di ballo? Solitamente chi ha delle nozioni di canto non riesce a seguire anche i duri allenamenti di una ballerina.- commentò il vice ispettore, incuriosito da quella faccenda.
-Infatti, ma la giovane sembrava disperata quando le è stato comunicato che non era stata scelta.- rispose Chantal, la mente riportata a quel lontano pomeriggio. -È scoppiata a piangere, blaterava cose senza senso riguardo al non poter abbandonare, al fatto che non aveva altra scelta e che doveva restare all'Opera a tutti i costi. In quel periodo mancava una persona al corpo di danza e dunque si è acconsentito a farle fare una prova, aveva delle basi, ma non era nulla di che. Penso dovreste parlare con Cornélie, l'ha fatta restare più per compassione che per altro. È anche in quel periodo che Legrant conobbe la prima ballerina, si può dire che divennero amiche quando quest'ultima si offrì di aiutarla a migliorare.-
Dettagli che allungavano piccoli dettagli a César. Sembrava quasi che lui ed Hercule dovessero strappare a forza briciole di quell'immenso quanto complicato puzzle, ma se ciò li avrebbe portati alla risoluzione del caso allora così avrebbero continuato.
Il resto del colloquio fu alquanto veloce e un poco sbrigativo, César apprese che la frattura all'osso non era eccessivamente grave e che nel giro di due settimane ella avrebbe potuto ricominciare a camminare con delle stampelle, mentre il tessuto squarciato della gamba aveva già iniziato a rigenerarsi.
-Tornerò presto a casa, forse una settimana. Ovviamente con l'assistenza dovuta a domicilio.- gli spiegò Chantal, un sorrisetto sollevato sul volto. -Probabilmente tornerò all'Opera appena potrò camminare, tenendomi ben lontano da candelabri, ovvio.-
Nonostante ella sembrasse relativamente tranquilla e spensierata in realtà una grande paura si accovacciava nei meandri più oscuri del suo animo, ogni volta che vedeva un oggetto tremolare un poco, anche solo per una porta sbattuta troppo violentemente, iniziava a tremare e a desiderare di rintanarsi sotto al letto come una bambina, al sicuro da mostri e oggetti cadenti. In ogni caso era brava a nascondere le proprie paure e debolezze come sempre aveva fatto, mai lasciar trapelare ad altri le sfumature buie del proprio animo, questo era il segreto.
Secondo "interrogatorio": Lucien Leroy
Il secondo interrogatorio, se così potremmo chiamarlo, fu ben più rapido e meno fruttuoso.
Probabilmente non si sarebbe potuta definire nemmeno una chiacchierata visto che Lucien non spiaccicò parola a nessuna domanda.
César, affiancato da Madame Girie che parlava dolcemente al tecnico cercando di persuaderlo ad aprir bocca, osservava l'uomo con fare pensoso. Il suo corpo, tranne che per il dito mozzato che era coperto da una spessa fasciatura, sembrava intatto e ben poche ferite esterne egli si era procurato. Ma chi avrebbe mai potuto misurare quanto lo shock avesse colpito nel profondo il suo animo?
Non tutte le persone percepiscono le emozioni tanto forti allo stesso modo, se Chantal per esempio le teneva serrate dentro di sé per non farle percepire al mondo, altri, come Lucien, potevano fare il contrario, ovvero serrare fuori il mondo per non venir più feriti.
Il tecnico sembrava percepire l'ambiente circostante, ma non reagirvi pienamente. Mangiava da solo, si lavava in autonomia, ma non dava segni di voler avere a che fare con persone in carne ed ossa.
Come si può calcolare il dolore umano solo dall'apparenza? Chi mai si sarebbe potuto spingere oltre i confini della carne e leggere tra le righe dell'anima le parole della disperazione? Lucien non sembrava intenzionato a lasciar entrare nessuno nella propria gabbia di protezione, gli occhi chiari fissi sul soffitto mentre scrutava un qualcosa che agli occhi di altre persone non esisteva.
-Pensate che si riprenderà?- mormorò César a bassa voce, sussurrando a Madame Girie una domanda che gli frullava nella testa già da diversi minuti.
La donna sospirò un poco, giocherellando distrattamente con la fede nuziale che indossava mentre pensava.
-Dipende solo da lui.- rispose dopo un attimo. -Ogni mente risponde diversamente ad uno shock simile, mettetevi nei suoi panni, gli è stato mozzato un dito e ha visto la morte in faccia, non deve essere stato un giochetto.-
César strinse un poco le labbra prima di annuire, probabilmente era già bello se l'uomo fosse tornato al lavoro. Era al corrente che, tra le file dei dipendenti, era già stato scelto un nuovo addetto specializzato al campo dell'illuminazione. Per il momento era semplicemente un sostituto provvisorio, ma se quella convalescenza si fosse protratta per molto chissà se Lucien avrebbe mai riavuto il lavoro.
-Una curiosità, se posso permettermi, che tipo di arma è stata usata per ferirlo?- domandò la donna, il volto corrucciato in un'espressione pensosa. - Da un'analisi del medico che l'ha accolto al suo arrivo doveva essere un pugnale dalla punta ondulata, si è notato dai lembi di pelle lacerata sul dito.-
César annuì un poco, effettivamente il pugnale che avevano ritrovato aveva una forma ondulata e non liscia simmetrica come altri pugnale visti prima di esso.
-Sapete già la provenienza?- domandò ancora Madame Girie.
Il vice ispettore le lanciò un'occhiata che parlava da sola, quasi a dirle che quelle erano informazioni riservate.
-Suppongo sia un no.- concluse la donna, un sorrisetto mesto sul volto rugoso. - Ma forse posso aiutarvi, quando la lama é penetrata all'interno della carne, squarciadola, non ha prodotto un taglio netto, ma una lacerazione asimmetrica dei tessuti, per cui è risultata difficile la medicazione anche tramite punti di sutura. Infatti più volte abbiamo dovuto ricucire i lembi di pelle, i punti continuavano a saltare. Suppongo che questo non vi dica molto, ma in realtà è un grande indizio di per sé, la persona che lo ha usato doveva avere una grande esperienza, un'arma di una simile letalità non è facile da maneggiare.-
César si fermò un secondo, pensoso. Il pugnale si trovava in commissariato, sotto all'attenta cura di Hercule. A breve in quei giorni un esperto collezionista sarebbe giunto ad analizzare l'arma che, ne erano certi, non era di fattura occidentale, lo si poteva chiaramente capire dalle incisioni in lingua straniera presenti sulla lama argentata.
Non vi fu un vero e proprio interrogatorio tra quelle tende buie e un po' sudice, a differenza di Chantal Lucien non aveva avuto una stanza divisa da quella di altri pazienti, ma quasi un dialogo tra coloro che ben poco sapevano. Se solo Lucien fosse riuscito a parlare, probabilmente avrebbe potuto rivelare ciò che la notte dell'omicidio aveva visto e che fino ad allora non aveva ritenuto importante.
Terzo Interrogatorio: Artemis e Monique Blanchard Fournier
Curiose erano le coincidenze del destino ancora una volta, non solo con l'incontro tra Hercule e Anaëlle, ma anche per il secondo incontro non programmato tra Monique e César. Va detto che, la prima volta che si erano incontrati per caso, in una stellata notte parigina, nessuno dei due avrebbe mai pensato di rividere l'altro, tantomeno con un omicidio in ballo. Ma il fato sa essere un gran bastardo come può essere un grande alleato, anche se agli uomini non è mai stato dato di comprendere le sue trame, almeno non fino al giorno della morte. E sembrava che in quei tempi a Parigi molti stessero comprendendo il volere del fato prematuramente.
Andava quasi dato un premio per l'ostentata indifferenza che César e Monique tennero appena i loro sguardi si incrociarono, nonostante per un millesimo di secondo un'espressione di sorpresa attraversò in fretta il volto di entrambi. Ma il vice ispettore era lì per lavoro, non per un'altra chiacchierata e Monique questo lo comprendeva. Di certo ad Artemis non sfuggì l'espressione sorpresa della sorella, nessun segreto c'era per lei nella persona della gemella a cui era così strettamente legata, più tardi le avrebbe certamente chiesto cosa v'era in ballo.
A differenza degli altri interrogatori quello con le gemelle si svolse in un posto abbastanza frequentato, quella che a César sembrò una stanza ricreativa, dove diverse persone sostavano per una partita a carte o per la tombola e infermieri e dottori passavano, facendo domande o portando spuntini.
Non che il vice ispettore approvasse particolarmente quell'ambientazione, già diverse persone avevano inviato nella sua direzione sguardi fin troppo curiosi, ma a quanto pare le due giovani preferivano stare in mezzo a più persone possibili e un interrogatorio in una camera privata non sarebbe risultato compatibile con i loro desideri. Poteva benissimo essere il terrore di rivivere la situazione di qualche notte prima e questo César lo comprese, difatti non insistetté neppure per un luogo più privato, sarebbe bastato non urlare.
-Buongiorno.- disse l'ispettore, avanzando fino al tavolino rotondo in cui le due erano sedute, un mucchio di fogli scarabocchiati accumulati davanti ad Artemis e un piccolo bonsai di fronte a Monique che sembrava essersi persa nella cura delle verdi foglioline.
Non furono necessarie chissà quante presentazioni, César conosceva già il nome delle due ragazze e loro erano già state avvertite che l'ispettore Dubois, o appunto il suo vice, sarebbe venuto da loro per porre qualche domanda.
Madame Girie per quell'interrogatorio rimase con loro, in piedi, nonostante quella dovesse essere una conversazione privata l'anziana infermiera aveva insistito per restare accanto alle due giovani e assicurarsi che nessuna delle due si sarebbe affaticata troppo. A sua detta, oltre che a prima vista, si poteva constatare che Artemis fosse quella che aveva subito danni maggiori: innanzitutto non poteva spiaccicar parola, la gola si era irritata e arrossata a tal punto sia all'interno che all'esterno da permetterle solo di respirare, inoltre aveva ancora alcune vene negli occhi leggermente arrossate, segno della prolungata assenza di ossigeno al cervello. Monique se l'era cavata meglio, uno zigomo mostrava un grande livido blu quasi impressionante e il capo portava una benda dove ella aveva picchiato la testa mentre cadeva. Questi però erano solo i danni esterni, solo il tempo avrebbe potuto dare una misura ai danni che le loro menti avevano subito e, eventualmente, solo l'amore e la pazienza avrebbero potuto guarirle. Niente bende o punti di satura per lo spirito.
-Suppongo che sappiate già perché sono qui...-
Neanche una frase che subito un cumulo di fogli venne spinto verso di lui, spingendo il suo taccuino verso il bordo del tavolo e facendolo quasi cadere. Artemis, che aveva fatto tale gesto, fece un cenno alla sorella.
Quest'ultima le lanciò un'occhiata poco convinta prima di sospirare e cominciare a parlare, per lei non servivano frasi scarabocchiate o parole per comprenderla.
-Mia sorella ha messo per iscritto...- si fermò, schiarendosi un attimo la gola come se non sapesse come proseguire. -Ciò che si ricorda di quella notte, per facilitarvi il lavoro. Io ho dato una rilettura e aggiunto i dettagli che lei non ha notato e quelli...- un'altra pausa, un'altra rumorosa deglutizione. -Avvenuti in seguito al suo svenimento.-
César le guardò quasi perplesso, di certo non si sarebbe aspettato una tale collaborazione, chinò subito il capo, iniziando a leggere quelle righe ordinatamente scritte. Madame Girie dal canto suo sembrava una nonna fiera, sul suo volto un sorriso solenne rivolto alle due giovani. Era curioso come sul volto di Artemis fosse incisa una calda decisione che la portava a fissare con sguardo quasi indagatorio l'uomo di fronte a lui, si poteva leggere un fuoco inestinguibile nei suoi occhi, quasi fosse lei un poliziotto pronto a trovare colui o colei che aveva commesso quell'atto e piantargli una pallottola in testa. Monique invece si poteva quasi dire più indecisa, non spaventata, finché si trovavano alla luce del sole e con altre persone si sentiva relativamente tranquilla e la paura non prendeva il sopravvento, ma nei suoi occhi si leggeva un pizzico di indecisione mista a qualcosa di molto simile alla compassione.
-Quindi siete state aggredite da un uomo.- mormorò César posando il gruppo di fogli sul tavolo, era solo alla prima di quella serie di pagine e gli sembrava già di essersi catapultato in un libro dell'orrore.
Artemis scosse la testa, mentre Monique prendeva la parola.
-Non ne siamo sicure, abbiamo citato la maschera che portava e quella gli distorceva la voce, sembrava lontana e ovattata, il sesso impossibile da riconoscere.-
Il vice ispettore riabbassò gli occhi sul foglio, tirando fuori la propria stilografica dal taschino e appuntando quella nota sopra alla riga in cui si parlava della maschera.
-E non l'avete sentito entrare, quindi non ha forzato la porta?-
Entrambe scossero la testa.
-Ma essa era chiusa a chiave?-
Un momento di silenzio cadde mentre Monique e Artemis si scambiavano uno sguardo indeciso.
-Non ne sono sicura.- mormorò la prima, mordendosi un poco il labbro inferiore. -Di solito non la chiudiamo mai, ma quando ho provato ad aprirla per uscire era chiusa.-
-E la chiave non c'era?-
Le due scossero ancora la testa mentre César si appuntava questo dettaglio, seguendo quel pensiero allora la porta sarebbe dovuta essere stata chiusa dall'esterno. Avrebbe anche avuto senso per come quella persona sarebbe riuscita ad uscire dalla camera senza produrre ulteriore rumore.
-Avete scritto che la figura aveva con sé una corda, quella ritrovata la mattina seguente, e una pistola, una rivoltella avete specificato.-
Entrambe annuirono, di nuovo.
César picchettò distrattamente la stilografica sulla liscia superficie del tavolo mentre ragionava, trovare una corda spessa era abbastanza facile, pure negli sgabuzzini dell'Opera se ne potevano reperire a dozzine, anche imparare a fare un nodo scorrevole come quello ritrovato era abbastanza semplice, la pistola invece era una faccenda più complicata. Sottolineò la parola "pistola" due volte e poi fece lo stesso con la parola "famiglia".
Che genere di famiglia intendeva quella persona? Famiglia di sangue? Famiglia adottiva? L'Opera intesa come famiglia? Da quello che le due giovani avevano scritto non vi era stata un'ulteriore specificazione.
-Voi conoscete una certa Lottie?-
Entrambe scossero la testa questa volta.
-Né Lottie, né Charlotte, né Liselotte, niente e nessuno che abbia un primo o un secondo nome simile.- aggiunse Monique, le mani impegnate a torturarsi a vicenda in grembo.
-Mmh.- mormorò il vice ispettore, in qualsiasi cosa si fossero imbattuti lui ed Hercule non era nulla di buono. Anche se su questo non c'erano ulteriori dubbi.
Lesse un'altra pagina mentre gli occhi delle tre donne erano puntati su di lui, quasi che esse prendessero dalle sue labbra in attesa di una risposta a quell'enigma impossibile. Peccato che neppure lui avesse la risposta.
Dopo qualche secondo si corrucciò, inclinando leggermente la testa di lato con fare sorpreso.
-Un gioiello rosso?- domandò alzando lo sguardo verso le due. -Descrivetemelo.-
Artemis e Monique si scambiarono uno sguardo prima che la seconda delle due cominciasse di nuovo a parlare.
-Non era molto grande, corrispondeva circa alla punta di un mignolo. Ed era rosso, un rosso fuoco e acceso, penso fosse un rubino, ma non ne sono sicura. Oh, ed era sporco e vecchio, si capiva che non era un gioiello nuovo, era quasi opaco.- si fermò cercando di riportare alla mente altri dettagli che in quel momento le sfuggirono, non l'aveva tenuto in mano per molto tempo.
Artemis invece iniziò a mimare qualcosa a vuoto, guadagnandosi solo lo sguardo confuso delle altre tre persone intorno a lei. Provò anche a parlare, ma dovette interrompersi all'occhiataccia di Madame Girie. L'unica soluzione fu disegnare velocemente ciò che voleva dire.
Quando ebbe finito passò il foglio a Monique che annuì, come a farle intendere che aveva capito cosa aveva tralasciato.
-La forma era strana, da una parte tondo e liscio e dall'altra quasi aguzzato.-
-Come se fosse solo la metà di una pietra.-
-Esatto, inoltre non era propriamente un ciondolo, come posso dire, non aveva fessure per far passare lo spago a cui era legato, semplicemente era circondato da uno spesso filo nero.-
César lanciò un lungo sguardo alle due, quanto poteva essere possibile che quel gioiello fosse la copia praticamente identica di quello che aveva trovato nel camerino di Elodie Legrant?
Non disse nulla di ciò, non volendo allarmare ulteriormente le due giovani o causare loro altri pensieri oltre a quelli che sicuramente già avevano. Finì di leggere il tutto, il resto risultava abbastanza chiaro, per quanto chiaro potesse essere quello che sembrava il delirio di uno psicopatico.
-Solo un'ultima cosa prima di andarmene.- disse, spostando i fogli di lato e riprendendo il proprio taccuino. -Vorrei che mi descriveste la maschera di quell'uomo o di quella donna.-
Un silenzio pesante calò a quelle parole, sembrava quasi che egli avesse chiesto l'impossibile alle due ragazze il cui sguardo diventò subito timoroso a quelle parole.
-Non preoccupatevi.- le rassicurò Madame Girie, posando una mano sulla spalla di entrambe. -Qui non può farvi del male.-
Ed è proprio nel dolore e nella paura che risalta la vera forza, qualità che di certo nelle rosse gemelle non mancava.
-Va bene.- mormorò Monique facendo un respiro profondo e lanciando un'altra occhiata alla sorella.
Artemis alzò le braccia verso il proprio capo e fece un gesto circolare su tutta la testa, per poi far scivolare le mani lungo il collo, senza toccarlo però.
César spostò lo sguardo all'altra sorella, aspettando che gli traducesse ciò che Artemis aveva appena detto.
Monique deglutì un poco prima di spingersi avanti e osservare il foglio candido che a breve si sarebbe macchiato della figura del male.
-La specie di maschera che indossava ricopriva tutto il capo, nuca e viso, si espandeva sul collo e alla fine di esso aveva come due mollettoni di ferro. Penso fossero per tenerla chiusa.-
César procedette in fretta appuntando velocemente ciò che la giovane diceva e poi provare a disegnarlo.
-I lineamenti non erano né maschili né femminili e la superficie sembrava una porcellana ingiallita, ma non ne sono certa, poteva essere solo una conseguenza della luce che si rifletteva su di essa.- Artemis annuì, come a concordare con quelle parole.
Poi si sfiorò un poco le clavicole, come a ricordare qualcos'altro alla sorella.
-Ah, sì, dal bordo del collo spuntava un tessuto rosso, come un'imbottitura interna.-
César continuò a disegnare, la mente che formava nel frattempo una delle immagini che si augurava di non vedere mai nella vita. Madame Girie invece sembrava persa nei suoi pensieri, la mente lontana da quel momento, mentre pensava a un qualcosa di famigliare che in quel momento non ricordava chiaramente.
-Il naso era appuntito, vagamente simile a quello delle maschere veneziane, lo stesso vale per il mento.-
-Presentava baffi o peluria?-
Artemis scosse la testa velocemente per poi posarsi tre dita sulla guancia, era incredibile come sembrasse ricordarsi alla perfezione ogni dettaglio nonostante di solito non vantasse di un'ottima memoria.
-Sulla guancia destra presentava tre lacrime, ma sono diverse dal resto della maschera.- mormorò Monique, gli occhi ridotti a due fessure mentre cercava di ricordare senza scivolare nel panico che sentiva già attanagliarle lo stomaco. -Mentre il resto è costruito molto finemente quelle sembrano quasi dipinte con mano tremante.-
La sorella annuì, concordando con quel pensiero, per poi posarsi le mani sugli occhi e mimare una forma allungata, quasi orientale.
-Avevano una forma orientale ed erano particolarmente grandi, quasi sproporzionato. Oh, erano neri e penso fossero fatti di vetro. Le sopracciglia invece erano quasi inesistenti, molto inarcate e sottili.- aggiunse Monique. -Poi ci sono le labbra, sottili e di un rosso acceso che presentano dei denti appuntiti che si uniscono formando dei rombi, è da lì che esce la voce distorta.-
Sembrava davvero la maschera uscita da un libro dell'orrore, chi diavolo sapeva produrre tali terribili ornamenti?
Artemis picchettò sul tavolo con le dita per attirare l'attenzione di César e fargli alzare il capo dal figlio per poi voltarsi un poco di lato, mostrando gli orribili lividi che portava sull'elegante collo, poi mimò una forma appuntita delle orecchie, tirando un poco la punta di esse. Non provava vergogna nel mostrare i propri lividi come probabilmente altre adolescenti avrebbero fatto, anche se la sua bellezza sarebbe rimasta deturpata il suo essere ne sarebbe uscito con cicatrici di vittoria. Due sono le opzioni di un animo di fronte al dolore: spezzarsi o rinforzarsi, ed ella ne era sicura, diamine se ne era sicura, non si sarebbe mai piegata solo per colpa di un maniaco. Se necessario l'avrebbe affrontato ancora e, questa volta, per proteggere la sorella avrebbe rimesso anche la vita.
-Una forma appuntita, ho capito.- mormorò il vice ispettore mentre aggiungeva quel particolare. -E l'abbigliamento?-
-Nero.- rispose Monique chinando un poco il capo. -Si confondeva con le ombre.-
Sembrava davvero turbata da questo dettaglio. Artemis le posò una mano sulle sue con sguardo dispiaciuto, sembrava quasi che le due facessero in realtà a gara su chi riusciva meglio a contenere paura e panico, non per orgoglio, ma solo per puro desiderio di risultare da sostegno all'altra sorella.
-E aveva una spilla a teschio che teneva fermo il mantello che indossava.- concluse Monique mentre un lungo sospiro stanco lasciava le labbra screpolate.
César rivolse uno sguardo dubbioso alle due, come potevano ricordarsi così bene qualcosa che avevano visto una sola volta nella penombra? Probabilmente il meccanismo era stato simile a quello che accade nel cervello di un bambino quando si immagina un mostro: i dettagli che mancano si aggiungono oppure, più semplicemente, la paura è tale da far memorizzare ciò da cui bisogna fuggire.
-Penso possa bastare.- mormorò Madame Girie a voce bassa, lo sguardo sui volti afflitti delle giovani.
Entrambe annuirono e si alzarono quasi in sincronia, come un corpo solo.
Si congedarono in fretta con un saluto alquanto veloce e frettoloso prima di allontanarsi. O almeno, Artemis e Madame Girie si allontanarono, Monique sostò un attimo accanto all'uomo senza guardarlo, il bonsai che teneva in mano fremeva leggermente, retto dalle mani tremanti di ella.
-Lo prenderete?- mormorò la giovane in tono basso e quasi sussurrato.
César le lanciò uno sguardo un poco compassionevole, in quel momento ella sembrava tornata una bambina tremante appena svegliata da un terribile incubo.
-Non lo so.- sospirò l'uomo, essere schietto era uno dei suoi più grandi pregi e difetti, non avrebbe potuto mentire. -La speranza è un mostro terribile, divora l'animo umano e preferisco non darne quando non ve n'é troppa.-
Forse era stato fin troppo diretto e crudele, ma la giovane accanto a lui non era più una bambina e quella era la realtà delle cose, lui ed Hercule si trovavano di fronte a qualcosa di tanto complicato e complesso che forse si trovava oltre alla loro comprensione.
-No.- mormorò Monique, questa volta volgendo gli occhi smeraldini all'uomo mentre un vago sorriso forzato le si dipingeva sul dolce viso. -La speranza è un essere piumato che si posa sull'anima e canta melodie senza parole e non si ferma, mai.-
-Emily Dickinson.- sussurrò César, stupito che quelle parole provenissero da qualcuno che aveva subito un trauma tanto grande appena due notti prima.
Monique annuì e gli occhi le si riempirono di alcune lacrime mentre sussurrava le parole successive.
-Non riesco ad odiarlo, César, chiunque egli o ella sia, non ce la faccio anche se lo desidero con tutta me stessa.- mormorò velocemente mentre il tono le si incrinava, quasi più spaventata da questi suoi sentimenti di compassione che da altro. -Prima di andarsene ha mormorato delle scuse e delle suppliche sconnesse e ho sentito il dolore nella sua voce, ho percepito tristezza, capisci? Dio, probabilmente sto impazzendo.-
Scosse la testa chinando il capo e avanzando per raggiungere Madame Girie e Artemis che si erano fermate ad attenderla, lasciando il vice ispettore solo con un buco nel cuore, la compassione verso un tale mostro l'aveva colpito come solo una pallottola avrebbe potuto fare.
e ora sorpresina sul profilo di bergharnel, ultimo capitolo del libro di disegni, su, su, cosa fate ancora qui?
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