𝐄𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐧𝐞𝐥 𝐩𝐨𝐬𝐭𝐨 𝐠𝐢𝐮𝐬𝐭𝐨| 𝟞

Capitolo sesto

«Virtù significa fare la cosa giusta,
rispetto alla persona giusta,
nel momento giusto, nella giusta misura,
nel modo giusto e per il giusto motivo»

- Aristotele


Aleggiava un dolce profumo di mandorle tostate, all'interno di quella grande stanza. Le mura erano di colore rosa tenue, le tende avorio. Queste sembravano morbide al tatto. Naike inspirò, guardandosi attorno. La luce fioca le aveva illuminato il viso, destandola dal suo riposo.

Aveva freddo e sentiva le carni del suo corpo andare in fiamme. La testa le girava e la bocca era arsa. Le ossa le dolevano e non comprendeva la motivazione per cui non si trovasse in casa sua. Non ricordava molto della sera precedente a causa del troppo alcol ingerito.

Il cioccolatiere prese respiro, mentre venne destato anch'egli dal suo leggero riposo. Era rimasto nella stanza, coricato su una vecchia poltrona in pelle.

Era sollevato che la sua mocciosa preferita, avesse ripreso coscenza. Le sfiorò la fronte e questa ancora scottava. «Che st-stai facendo?» brontolò quest'ultima, spintonandolo un poco dal petto.

«Controllo se hai ancora la febbre!»

«Non ho bisogno di aiuto, io-»

«Tu credi?» la interruppe Wonka, incrociando le braccia al petto. «Vedi mia cara ragazza..questa notte ti ho raccolto dalla strada. Ti ho cambiato i vestiti ormai fradici e maleodoranti e mi sono preso cura di te!» parlava, agitando le mani in aria.

«Beh-»

«No!» non voleva che ella parlasse con il suo solito tono da strafottente. La guardava nelle sue iridi chiare mentre teneva ancora pigiato l'indice, sopra la sua bocca succosa. «Non ho voglia di sentire il tuo tono sprezzante, mocciosa!» le sorrise, beffardo. «Te ne starai buona qui, fino a quando la febbre non sarà passata!»

Egli non era un uomo cattivo, ne tantomeno dispotico. Non amava dettare ordini a meno che non si trattava del suo lavoro e della sua fabbrica. Ma quella donna riusciva a tirare fuori il peggio di lui; era stato così premuroso nei suoi confronti che non comprendeva la motivazione per cui ella fosse così contraria a ricevere il suo aiuto.

La osservava con la coda dell'occhio: ella sbuffava e tirava su con il naso, come se stesse piangendo. Era provata e dolorante; tutto le faceva male.

Temeva di essere stato troppo duro, esagerato e freddo. «Cosa è successo?» le chiese ancora una volta, addolcendo il tono della sua voce.

Lentamente si sedette sul letto e le guardava il viso: le labbra gonfie, i lividi sul volto e lungo il collo. Il ventre, anch'esso pieno di segni violacei. «Chi ti ha fatto questo?» continuava, togliendosi il cilindro dal capo.

Fu un gesto azzeccato perché ella sorrise alla vista del suo famosissimo e buffo taglio di capelli. Ma anche ridere le procurava dolore.

«È stato un incidente-»

«Umh la tua amica, di cui non ricordo il nome, c'entra qualcosa in questo?» era certo che ella non fosse stata da nessuna ragazza a dormire. Convinto che ella mentisse per nascondere qualcosa di più grande, doloroso e umiliante. Naike abbassò lo sguardo e si morse il labbro, sospirando.

Non poteva raccontare a quell'uomo la verità, cosa realmente era accaduto. Lei era sola ed indipendente, non aveva bisogno della compassione altrui. Corrucciando la fronte, viró il suo sguardo in quello scuro e penetrante dell'altro. «Anche se mi hai soccorso, non sei giustificato a sapere cosa è successo. D'accordo?» era fredda, sprezzante come sempre.

Quel suo carattere così frizzante, incuriosiva notevolmente il cioccolatiere che di risposta, le sorrise. -La solita lingua biforcuta- pensava, alzando gli occhi al cielo.

«Riposa, ne riparleremo più tardi-»

«Non puoi tenermi prigioniera qui! Voglio andare a casa!» era così in collera che nonostante tutto il corpo le dolesse, si muoveva senza sosta.

«Quando starai bene-» il signor Wonka inspirò, serrando la mascella. Le prese i polsi tra le mani e la attirò a se. «Non ti lascerò vagabondare ancora, in cerca di guai. Hai capito?» nonostante si fosse promesso di rimanere distaccato da quella ragazza, percepiva un forte senso di protezione crescergli nel petto. «Se vuoi morire, farti usare allora d'accordo! Prendi ed esci da qui ma-»

«E a te cosa importa?» ringhiò la ragazza, alzandosi in piedi. Era debole ed accusò nell' esatto immediato un capogiro. «Wi-Will-» cadde sulle proprie ginocchia. Wonka la prese per le spalle attirandola a se. «Perché non vuoi lasciarti aiutare?» le scostava le ciocche dal viso, mentre non le toglieva gli occhi da dosso. «Perché ragazzina?»

«Perché non lo merito, io sono una cattiva persona!»

Seconda Parte

Naike non riusciva a prendere sonno, nonostante il comodo letto dove riposava. Era stanca ma al medesimo tempo fremeva dalla voglia di andarsene.

Quell'uomo sembrava un tipo apposto ma non l'avrebbe mai lasciata andare; non prima che non fosse venuto a conoscenza della verità. Lei non poteva parlare e umiliarsi fino a quel punto.

Inspirava sommessa, percependo dolore alla cassa toracica. Si sfiorava le tempie con le mani mentre con la dentatura, si mangiucchiava il labbro inferiore in preda al forte nervosismo.

Nel frattempo, in un'altra stanza vi era Wonka intento a creare le sue leccornie dolciose. Lavorava a capofitto sulla sua nuova invenzione: la tavoletta triplo cioccolato Wonka- con la speranza di non pensare.

Non voleva, non poteva. Ogni tal volta rimuginava sulla sua ospite, sentiva il cuore fare una capriola nel petto.

Sbuffò: non era rimasto coinvolto dalla sua bellezza, non del tutto. Piuttosto era preoccupato che ella si fosse infilata in qualche guaio più grande di lei. Che fosse sola e non volesse ricevere aiuto alcuno. Non poteva permettere che una giovane ragazza, scontasse in quel modo ogni suo peccato.

«Che stai facendo?» domandò quest'ultima, camminando a fatica.

«Cosa ci fai qui? Ti avevo detto di rimanere a le-»

«Lo so, però mi annoiavo. Ora mi sento meglio» ammise tranquillamente l'altra, prendendo posto vicino la figura alta e piazzata del cioccolatiere.
Willy inspirò, sorridendo. Dopotutto poteva osservarla attentamente, sotto una luce del tutto diversa. Era bella, piccola ma bella. E quei capelli setosi le incorniciavano quel viso da bambina continuamente imbronciato.

«Sono contento che tu stia meglio-»

«Lo so, grazie» si strinse a lui, perché non sentiva il bisogno in quel momento di tirare su il suo solito muro protettivo. Era strana, lunatica e leggermente bipolare ma quel gesto, fu apprezzato.

«E così rimani chiuso ore dentro questa stanza, per creare una banale tavoletta al cioccolato?» rise, prendendolo in giro. Difatti egli sbuffò, mettendo il broncio.

«Si dia al caso, mia cara mocciosa che questa non sia una banale tavoletta al cioccolato!» parlava fiero, gonfiando il petto. «Bensì è fatta con il miglior cioccolato fondente, mescolato per ore e ore e le nocciole-»

«Sono banali nocciole?» lo interruppe, alzando il sopracciglio sinistro. Dopotutto una parte di lei, adorava prendersi gioco di quell'uomo che tanto era stato premuroso nei suoi confronti.

Egli arricciò il naso, accusando un'impressione torva. La mascella era serrata e le labbra tese in una linea dura. Respirava lentamente mentre entrambi si sfidavano con lo sguardo; ella nel mentre si umettava le labbra con la lingua, mentre rideva di sottecchi.

Naike amava giocare con il sesso altrui, prendere quella parte celata nei meandri di ciascuno, farla propria e possederla per il resto della sua esistenza.
Conosceva la sua arte, il suo corpo e il suo potere.

Wonka deglutì quando le mani della fanciulla gli accarezzarono il viso, pizzicando i suoi zigomi pronunciati. Inspirò quando ella si avvicinava mano a mano, sfiorando con le labbra il suo lobo.

Era in tilt, non comprendeva quali erano le sue intenzioni. Lui non era così, non era come gli altri. La carne non faceva parte delle sue debolezze; non era cedevole e maschilista. Rispettava le donne, non amava avere a che fare con loro. Gli piacevano, ovvio ma- temeva che queste fossero una netta distrazione al suo lavoro.

Ella si spinse contro il suo petto, osservandolo con fare sensuale e prepotente. Giocava le sue armi con la speranza che egli dimenticasse la motivazione per cui ella fosse presente; non voleva rivelare la sua natura.

«È questo quello che fai?» le domandò, balbettando. «Questi segni? Questi lividi?» le sfiorò il collo, sospirando.

«Sono caduta signor. Wonka» rise, sfiorando il naso dritto e perfetto del cioccolatiere, con il suo. «Sono sbadata!»

«Sono-» ella gli prese le mani tra le sue. Beffarda obbligò quest'ultimo a posarle lungo i suoi fianchi. Il petto prosperoso compresso contro quello muscoloso dell'altro. «Sono un cioccolataio mia cara, non un fesso!»

Willy tentava di prendere tempo, gli dispiaceva respingerla in malo modo. Forse un po' era dilettato da quel gioco bizzarro ma al medesimo tempo, si sentiva timido e fuori posto. Ella era molto più piccola di lui ed egli non poteva abusare di una povera mocciosa piena di insicurezze.

Naike sfiorò la sua bocca con le mani e tentò invano di possederla con la propria. Lui si scostò, fermandola per le spalle. «Mi dispiace-» balbettò, vedendo ella sgranare lo sguardo. Evidentemente non era abituata a ricevere un no, come risposta. «Forse hai frainteso Naike, ma io non-»

«Ooh-» fece un passo indietro ella. «Ti piacciono gli uomini?» dopotutto era particolare nei modi e nell'essere. Forse ella non aveva compreso le sue reali intenzioni.

«Cosa?!» Wonka sorrise. «Oh santo cielo, no! Io amo le donne ma-»

«Non ti piaccio?» si difese ella, incrociando le braccia al petto. Era leggermente offesa ma allo stesso tempo divertita. Egli non era banale come credeva, bensì celava nel suo essere una vera e propria sfida.

Ma poco le importava, era riuscita nell'intento: lo aveva destato dalla sua curiosità di sapere come mai ella fosse ridotta in quelle condizioni. Era serena che il suo segreto fosse rimasto ancora per un po', al sicuro.

«Oh no, non fraintendermi se-» deglutì, non era bravo a corteggiare le donne. Ne tantomeno era bravo a spiegarsi quando era impacciato. «Sei bellissima ma-»

Naike sorrise, alzando gli occhi al cielo. Superò la sua figura con nonchalance, virando poi nuovamente il suo sguardo in quello del cioccolataio. «Ma?»

-Diamine- pensava l'altro, iniziando a camminare per la stanza. «Non sarebbe rispettoso da parte del sottoscritto abusare del corpo di una giovane fanciulla acerba»

«Acerba?» era buffo ed ella non comprendeva la motivazione per cui parlava a vanvera, senza alcuna metà.

«Sei molto più piccola di me, Bennet» si difese l'altro, gesticolando con le mani. Lo sguardo laconico ed il sorriso beffardo. Ella non era da meno, dopotutto erano ancora vicini. Si strinse ancora a lui, sospirando vicino al suo viso. «Oh forse il cioccolatiere più famoso di Londra, teme una povera e giovane ragazza acerba?» le mani tra i capelli e la bocca carnosa, stampava languidi baci sul suo collo teso e muscoloso.

Wonka socchiuse le palpebre perché era difficile resistere agli istinti carnali dell'uomo. Le mani di lei erano agili e sapevano come muoversi. Le labbra anche. Esse succhiavano avide la sua pelle ed egli lasciò fuggire dalle proprie, un piccolo gemito soffocato.

La strinse a se, privo di lucidità. Ella sorrise prendendogli il volto tra le mani. Era dannata quella ragazza che di bello aveva qualunque cosa. Ma se avesse dato ascolto ai suoi bisogni, non sarebbe stato tanto diverso dall'uomo che la notte precedente le aveva fatto del male.

Riprese le distanze, sospirando. «Ho del la-lavoro da fare e-» era serio, in difficoltà. «Tu dovresti riposare ancora un po'» schioccò la lingua al palato, attonito.

«Willy aspetta!»

«No!» ringhiò, assopito. «Se questa sera ti sentirai meglio, potrai tornare a casa!» concluse, girando i tacchi nel medesimo dopo. Ella rimase sola, non più dilettata bensì confusa.

𖥸𖥸

𖥸𖥸

Continua-

[Scritto il: 04/08/2021]

Angolo Autrice:

Dopo mesi, eccomi.
Fatemi sapere qua sotto nei commenti.
Vi amo.

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