capitolo quattordici - la spada di rosa

I colloqui iniziarono.

Rose era stata la prima per la Casa dei coraggiosi: c'era da aspettarselo.

"Buongiorno Orvoloson. Coraggiosa a presentarti"disse la donna non appena la vide entrare.
Indossava un lungo abito viola stretto in vita; i capelli erano sempre sciolti e voluminosi.

Rose esitò a rispondere e si guardò intorno: la stanza era priva di finestre e l'unica fonte di luce erano le candele che uscivano dalla bocca di un serpente.
Al centro della piccola, circolare e alquanto buia stanza ( lo studio di Gazza era grande a confronto) c'era una cattedra di legno scuro con due sedie, disposte parallelamente.

-Se mi uccide, almeno sentono le urla...- pensò Rose preoccupata.

Sedette. Delphini la squadrò per bene. Le sue labbra si contrassero in, forse, un sorrisino.

"Cosa vuole" disse senza giri di parole Rose.
"Dammi del tu, mocciosa."
"Ripeto: cosa vuoi"
"Non fare tanto la spavalda. So che mi temi"
"Speraci!" esclamò Rose.
Le gambe iniziarono a tremare: aveva paura che quella pazza potesse farle qualcosa.
La parte sinistra del collo iniziò a bruciare: sembrava che le vene volessero scoppiare.
Delphini, astuta e furba, se ne accorse e lanciò uno sguardo al collo.
"Interessante" borbottò.
"Che mi stai facendo?!"
"Io? Niente..."
Si alzò dalla sua sedia e girolonzolò per la stanza, con la bacchetta fra le mani.
"Sai, io so i tuoi segreti."
"Q-quali segreti" balbettò Rose dal bruciore al collo.
Pensò di prendere anch'essa la bacchetta, ma, come se leggesse nel pensiero, Delphi fece apparire delle catene che intrappolarono le mani alla sedia (come quelle delle udienze penitenziariee del Ministero).
"Quei segreti. L'orfanotrofio in Galles. Non ti ricordi?"
Puntò la bacchetta sul collo ed esso cessò di bruciare.
"Fanno male vero i ricordi?"
"Non osare più nominare quell'orfanotrofio!"
"Altrimenti? Dirai a tutti che ho colpito i tui amichetti? La tua cella ad Azkaban è già pronta"
"Spero che sarai la mia vicina, sporca lurida doppiogiochista."
"È ora di andare."
Liberò la ragazza e si sedette nuovamente.
"Bella collana rosellina" disse la donna indicando la rosa d'argento che pendeva sul suo petto.
Rose si limitò a guardarla e se ne andò.

Il pomeriggio, verso le cinque e mezzo, Rose si recò in biblioteca per studiare: in realtà evitava Hugo in sala comune.

"Hey Rose!" disse una ragazzina di Tassorosso poco dopo.
Rose, già sommersa di libri, sorrise e ricambiò il saluto.
"Tutto bene? Posso sedermi?" disse la ragazza che si era già seduta.
Rose sbuffò e disse:
"Certo, già l'hai fatto."
Restarono in silenzio per un minuto: decisamente imbarazzante.
"Ehm, come va con Scorpius?"
"Ecco. Che vuoi Alice? Ti ha mandato Scorpius non è vero?"
"Scorpius?! Chi é Scorpius?!"
Alice era sotto pressione.
Rose sbuffò di nuovo.
"Si direbbe che è il tuo migliore amico, o mi sbaglio?"
"Okay. Scorpius voleva sapere se fossi arrabbiato con lui."
"No. Adesso mi lasci stare? Anzi, me ne vado io"
"No, no! Aspetta!" esclamò Alice, ma Rose era già andata via.
In quel momento, Scorpius e Albus sbucarono da dietro tre pile di libri, il loro nascondiglio, e corsero, sotto gli occhi fulminanti di Madame Pince, dalla ragazza Tassorosso.
"Allora, che ha detto?" chiese Scorpius
Alice non rispose: sapeva di essere un imbranata in queste cose.
Dopo varie volte che Scorpius ripeteva la domanda, Alice sbottò:
"Non ha detto niente! Mandale un biglietto e basta, non mettetemi in mezzo! Albus viene con me e tu, Scorpius Hyperion Malfoy, vai da Rose!"
"Alice, che ne dici di tè?"
"Sì, mi ci vuole"
Senza obiettare, Scorpius seguì i due amici e nel tragitto pensò cosa fare.

Passò una settimana;era l'ultimo giorno di Delphini Diggory ad Hogwarts.

Scorpius evitò di mandarle bigliettini o di parlarle: era ancora un po' arrabbiato.

La mattina, dopo colazione, Rose andò a prendere la borsa con i libri quando si accorse che la scatola sotto il letto era aperta.
Si abbassò e diede un'occhiata: non mancava nulla.
"Qualcuno è entrato qui."

Ditubante, uscì dal dormitorio, scese la scala a chiocciola e si diresse alla prima lezione del giorno: Erbologia.

Nella serra numore tre, Alice appena entrò sorrise e la salutò.
-Ancora lei?!- pensò Rose salutandola con la mano.

Si misero subito al lavoro (studiarono le Mandragole, e Hugo svenne perché non mise bene i paraorecchie).
"Weasley, ti avevo avvisato. Non posso darti torto però, anche a me succese..." rassicurò il professor Paciock, il ragazzo goffo un tempo appartenente Grifondoro.

A pranzo, dopo un'ora di Pozioni e due di Trasfigurazione, Rose si sedette da sola, in fondo al tavolo, e mangiò appena un po' di verdure grigliate e pollo in padella.
Prese la pregamena di Astrologia e ricontrollò che i compiti fossero stati svolti correttamente.
"No, questa costellazione è più a sinistr- uh, un bigliettino volante"
Sulla pergamena cadde un bigliettino, un promemoria come quelli del Ministero, che conteneva il seguente messaggio:

Stasera, che ne dici di un bel sorso di succo di zucca nel Cortile? Potremmo chiarire. Ti aspetto lì alle otto, sempre se vuoi.

-Scorp.》

Rose rilesse il biglietto più volte: non sembrava Scorpius.
Perché mai bere del succo in Cortile e non in Sala Grande?
C'era qualcosa sotto e di sicuro non era la sala comune dei Serpeverde dei Sotterranei.

Nonostante i dubbi, Rose si recò all'appuntamento.
Come aveva supposto, il ragazzo non c'era; però il succo di zucca era sulla fontana.
Rose si avvicinò, raccolse la bottiglietta e svitò il tappo.
Annusò il contenuto e all'improvviso tutto divenne sfocato.
Gli occhi si chiusero ed ebbe sonno, tanto sonno...

Quando aprì gli occhi, si ritrovò in una stanza vuota, intrappolata su una sedia, priva di finestre e grigia: era la stanza del quadro.
Come ci era finita lì dentro: chi l'aveva portata lì.
Certo, era stata Delphini: chi altro poteva essere?
"Buongiorno bella addormentata! Dormito bene?"
La voce rimbombò per tutta la stanza.
La donna le si avvicinò e le strappò la collana che portava al collo: la collana regalata da Sophie.
"D-dammi la collana!" cercò di urlare ad alta voce, ma l'effetto della pozione soporifera, era certa che fosse stata quella la causa del suo sonno, c'era ancora.
Vide che Delphi avvicinò la rosa della collana a un pugnale, non molto grande.
Esso divenne una spada, dalla punta affiliata e la lama luminosa.
"Adesso ti racconto una storia: quando i miei genitori morirono, a causa di Potter, io mi ritrovai sola e indifesa con il marito di mia madre. Ricercato dal Ministero, pagò una donna per crescermi. La odiavo"
Si interruppe un attimo, guardò la punta della spada e la puntò sotto il mento della ragazzina intrappolata.
"Stanca di essere la stupida adolescente cattiva, scagliai la Maledizione Imperius sul signor Diggory e gli feci credere di essere sua nipote: funzionò e funziona ancora adesso."
"Non mi fai di certo pena" disse Rose con la punta tagliente della spada che la ferì sotto il mento.
"Non voglio la tua pietà!"
Tossì e riprese:
"Sono venuta qui per te, piccola Rose. Non posso ucciderti, ma posso ferirti."
"Che cosa ti ho fatto!"
"Sei nata!"
Rose non poteva credere alle sue orecchie: cosa poteva aver fatto a una donna come lei.
"La farò breve: io sono la figlia di Voldemort e di Bellatrix Black. Voglio vendetta per la mia famiglia!"
Spinse ancora più all'interno la punta dell'arma, così tanto, che Rose urlò di dolore.

Un ragazzino biondo si aggirava per le scale e sentì le urla.
"Chi é?"
Si voltò verso il quadro e sentì un secondo urlo provenire da lì.
"Bombarda!"
Il quadro scoppiò e il tunnel era ben visibile.
Lo percorse e vide la seguente scena: Delphi che colpiva Rose ed ella era indifesa.
"Expelliarmus!" esclamò Scorpius.
Delphi, che si coprì il volto, venne disarmata.
Non poteva attaccare, Scorpius l'avrebbe vista.
Prese la spada e scomparì chissà dove.

Rose usò la bacchetta ingrandita del braccialetto regalato da James per liberarsi.
"Scorpius!" esclamò correndo ad abbracciarlo.
Il ragazzo ricambiò l'abbraccio e rimasero in quella posizione per pochi minuti, prima di uscire la quadro.

Con l'uso della bacchetta, i due sistemarono il quadro.
"Pace fatta?" chiese Rose sorridente
"Certo che sì!"
I due arrossarono e tornarono nello loro case comuni per riposare, anche se non avevano cenato.

Passarono mesi.
Delphi se ne andò dal castello con la classica scusa:
"Mia zia se n'è andata da poco e devo sostenere mia cugina."
Questa zia, per ironia della sorta, abitava in Albania.

Ora aveva un grande dubbio.
Come mai l'amica le aveva regalato quella collana?
Pura casualità o ordini di qualcuno?

Però, sapeva che Sophie era troppo buona per queste cose; sarà stata una casualità...

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