Due corpi, tre cuori e una sola anima.
-Due corpi, tre cuori e una sola anima.
Quella mattina, fu il forte profumo di Yuuri a svegliare l'alfa russo, seguito da un bel calcetto sul fianco, che lo costrinse a voltarsi dal lato opposto risciardo di cascare giù dal letto.
Intontito, si portò una mano al viso, scostando i capelli chiari, osservando distrattamente i suoi piccoli omega. Yuuri aveva scalciato la coperta via lontano, mentre la piccola si era appropria di buona parte del materasso stendendosi con braccia e gambe larghe, in perfetto stile stella marina.
Notò che il moro era rosso e respirava affannosamente. Allungò una mano verso il suo viso, trovandolo caldissimo. Febbre? No. Era in calore. Non poteva essere altrimenti. Il suo profumo saturo, stava rendendo l'aria inrespirabile.
Socchiuse gli occhi nel percepire l'erezione risvegliarsi all'interno del pigiama, sforzandosi di mantenere il suo autocontrollo. Aggirò il letto sedendosi accanto all'omega, gli carezzò il volto trovandolo caldissimo sentendo i ferormoni sprigionarsi nell'aria.
"Diavolo!" Sbottò sforzandosi di non lasciarsi coinvolgere.
Afferrò il compagno da sotto le ginocchia caricandoselo in braccio, uscendo immediatamente da quella camera, lasciando la porta aperta.
"Victor... Che fai?" Si era svegliato.
"Sei in calore tesoro!" Gli baciò le labbra stringendolo forte a sè, raggiungendo la cucina.
"Non può essere... Ho preso i soppressori!" La risposta arrivò a bassa voce, ancora intontito dall'essersi appena svegliato.
"Non sei nel pieno del tuo calore, ma inizi ad accusare i sintomi." Intanto accomodò il minore sul divano.
Yuuri stava morendo dal caldo, alzò un poco la maglia, sventolandola di fronte al viso.
Possibile che stesse arrivando il suo calore? Non sentiva i soliti crampi allo stomaco, e poi... Aveva assunto i soppressori appena due giorni prima! Non potevano aver già perso il loro effetto.
Osservò Victor in piedi dietro la cucina, accendere la macchina per il caffè americano e aprire le finestre. Era bello, sexy, affascinante, enigmatico. Come era riuscito a stragli lontano per tutto questo tempo?
Si abbandonò ad un sospirò, sentendo l'insano bisogno di spogliarsi, percependo una vampata di calore più forte. Che cos'era tutto quel caldo? Non era normale di quei tempi.
"Tu lo senti questo caldo?"
"Si dannazione! Sto impazzendo! "Sbottò il maggiore ruggendo.
Se non fosse che c'erano sua figlia e quel ragazzo beta in casa, avrebbe già assaltato il suo omega e lo avrebbe fatto suo. Non sentiva il Rut offuscargli la ragione da anni.
"Yuuri dobbiamo andare in albergo. Non possiamo restare qui! E io... Non penso riuscirò a trattenermi ancora per molto!"
Gli si avvicinò porgendogli una tazza di caffè, osservando come le pupille del moro fossero liquide e dilatate, il suo volto arrossato e il respiro sempre più affannoso. Rimase con lo sguardo incastonato in quegli occhi scuri dal taglio a mandorla, capaci di farlo ammattire.
Trasportato dell'intenso profumo dell'omega gli si sedette accanto, abbracciandolo e insinuando le mani sotto la sua maglia, sfiorando la pelle bollente del ventre.
Katsuki non ragionava già più, afferrò le mani del compagnò portandole all'altezza del petto, poggiando i palmi sopra i suoi.
"Alfa!... Mi sento strano..." Sussurrò con un sospirò.
Non era il solito calore, questo era diverso. Non percepiva dolore, solo un caldo asfissiante e una voglia assurda di farsi toccare e possedere. Per qualche assurdo motivo, riusciva solo a pensare all'assuefacente odore del suo alfa, capace di mandarlo in confusione.
"Andiamo in albergo? Giuro che dopo sarò tutto tuo!..." Victor si stava davvero sforzando di non lasciarsi travolgere dai ferormoni del minore. Me se lo istigava in quel modo, diventava un impresa ardua.
"E la nostra bambina?..." Sospirò il moretto. A quanto pareva, non aveva perso del tutto la lucidità. Almeno, non ancora.
Alfa poggiò le labbra sul collo del minore baciandolo delicatamente, sentendo quelle piccole mani sottili stringersi sulle sue, invogliandolo nel toccargli il seno da sopra la maglietta.
"Non possiamo restare qui! Il calore sta peggiorando... Entro sera non risponderemo più delle nostre azioni mio omega!"
Yuuri sospirò sulle labbra dell'alfa. "Annodami, mio alfa!" Gli ordinò leccandogli le labbra, mentre spingeva con forza quella mani sul sul corpo.
Ammaliato, Nikiforov si avventò su quelle labbra, facendo scorrere una mano sul proprio intimo, calando i pantaloni, facendo sedere l'omega sulle sue gambe. Una sveltina.
Sì, una sveltina gli avrebbe concesso quel briciolo di lucidità tale, da raggiungere l'albergo e affrontare il calore un tutta tranquillità.
L'omega era già pronto ad accoglierlo e bagnato fino all'inverosimile, affondò completamente, sentendo le spinte arrivare forti e profonde, fin dal primo istate, premendo con più forza le mani del partner sul proprio seno, rilasciando ferormoni eccitati nell'aria.
L'alfa completamente assuefatto, instaurò fin da subito un ritmo serrato, stimolando al massimo il compagno, riuscendo a portarlo all'orgasmo in fretta, sfogandosi a sua volta dentro di lui, ma senza concedergli il nodo.
Ferito nel profondo, Yuuri sentì le lacrime offuscargli la vista. "N-non mi vuoi?..." Gli chiese, ancora sopraffatto dall'istinto dettato dal suo genere, riprendendo lucidità lentamente.
"Certo che ti voglio!" Victor avvolse all'istante il busto del moro a sè. "Andiamo in albergo?"
"Ok!... "Accettò il ragazzo, dandosi dell'idiota poco dopo, rammentando la stupidità della sua stessa domanda.
Se lo avesse annodato, sarebbero rimasti bloccati in quella posizione per un bel po'.
"Ma che diamine sta succedendo qua? Yuuri? E' il tuo calore?"
La coppia trovò Phichit davanti alla porta, con aria trafelata e due dita a stringersi il naso. Possibile che il suo odore fosse così forte?
Il thailandese andò ad aprire le finestre, notando che l'odore di Yuuri pareva star diminuendo. Dovevano aver consumato un rapporto su quel divano. Non c'era altra spiegazione.
"Phichit... Porto Yuuri nel mio albergo. Non possiamo restare qui!"
"Tranquillo, penso io a Viktoria!"
"Grazie!"
*
Come promesso, dopo aver preparato una borsa con qualche abito per il moro e aver salutato la figlia, tra piagnistei e lamentele varie, la coppia raggiunse l'albergo con non poche difficoltà. A parte l'istinto materno dell'omega, che pareva essersi molto accentuato in calore e il non avergli concesso il nodo quella mattina.
L'omega con i capelli neri era in preda ad una crisi ormonale senza precedenti.
Giunti in albergo, Nikiforov si sentì assaltare dal compagno, che prese a baciarlo e strusciarsi volgarmente su di lui, spogliandosi completamente nudo in un battito di ciglia, rivelando un apertura molto gocciolante e un seno ancor più turgido e teso del solito.
Con quale scusa riuscirono a lasciare Viktoria a casa con Phichit? Mamma doveva andare in ospedale a fare una brutta puntura, dolorosissima, perchè stava male.
A quella prospettiva la bimba smise immediatamente di piangere, non avendo la ben che minima intenzione di assistere alla puntura. Con la promessa di tornare il prima possibile , appena si sarebbe sentito meglio.
Adesso il moretto era preda solo del suo istinto e del forte odore emanato dalla ghiandola del suo alfa. Fecero sesso ben tre volte, prima che il minore riacquistò un minimo di lucidità, placando momentaneamente il suo libido. Ma nulla di duraturo, steso a letto l'omega si strinse alle spalle dell'alfa, sfregando il seno sulla sua schiena, leccandogli la ghiandola sul collo, mentre gli faceva una sega con la mano libera.
"Alfa... Dammi il tuo nodo! Ne ho troppo bisogno!" Sussurrava, ispirando quel profumo.
Victor era stanco, si sarebbe concesso volentieri un riposino, ma l'omega non sembrava trovare pace. Quel calore era esploso con una potenza inaudita, stordendolo e rendendolo succube solo della sua natura.
Aveva anche smesso di chiamarlo per nome. Si appellava a lui solo con utilizzando il suo genere.
"Mio omega..." Sospirò carezzandogli un fianco.
Anche il suo Rut non era da meno, ci avevano dato dentro parecchio fino a 10 minuti fà, ma l'omega non sembrava trovare sollievo. Almeno non ancora.
"Tu vuoi qualcosa! Ti conosco troppo bene!" Continuò spostando la mano tra le sue gambe, ancora imbrattate di sperma e i suoi liquidi naturali.
Il piccolo sorrise sulla pelle del suo collo, aumentando il ritmo del lavoretto, alzandosi e sistemandosi a cavalcioni sul compagno.
"Marchiami!" Lo implorò puntando gli occhi castani liquidi e dalle pupille dilatate nei suoi.
"Non sei lucido amore mio!" Lo baciò, la stanza era pregna dei loro odori mischiati.
Il moro assunse un espressione serissima, sistemandosi meglio seduto sul bacino del compagno studiandolo bene, ma senza compiere nessun movimento.
Che diavolo stava escogitando adesso?
Subito dopo riprese a strusciarsi sul suo petto, penetrandosi con un movimento agile fino in fondo con un forte ansimo, premendo ancora la mani dell'albino sul seno, agitandosi come un ossesso. Stringendosi al suo collo cominciò ad affondare sempre di più, urlando quanto diavolo gli piacesse, per poi poggiare il viso sulla sua spalla sfregando il naso ancora una volta sulla ghiandola del maggiore.
"Ti desidero così tanto alfa!... Tu mi vuoi?" Chiese suadente.
"Certo che ti voglio! Ti voglio da sempre!..." E nel dirlo , si spinse al suo interno strappandogli un gemito goduroso.
Il minore sogghignò strofinando il corpo su quello del maggiore. "Sei che mi fai impazzire quando mi stimoli i capezzoli?"
"Vuoi che lo faccia?"
"Dopo!..." E lì, stirò l'ennesimo sorrisetto malevolo, che il maggiore non vide, esponendo i canini e conficcandoli nel collo dell'alfa in direzione della sua ghiandola.
Se quello stronzo non voleva marchiarlo. Lo avrebbe costretto! Con le buone o con le cattive!
Alfa allargò occhi e bocca lasciandosi sfuggire un urlo, insieme all'orgasmo prepotente e un immenso desiderio di appartenenza annebbiargli completamente la mente.
Strinse prepotentemente i fianchi dell'omega facendolo uscire, ricevendo delle sonore lamentele per il non essere stato annodato. Con brutalità lo costrinse a carponi sul letto, penetrandolo ancora una volta con una sola spinta, beandosi delle sue urla, spingendo animatamente per poi stringerlo forte a sè e mordere la sua ghiandola annodandolo.
Il minore venne pervaso dal piacere più puro, brividi di piacere sommati a vere e proprie scosse elettriche, che si stagliavano per tutto il corpo, seguite da un senso di appartenenza incredibile.
Yuuri si abbandonò completamente tra le braccia del compagno, felice e soddisfatto come non lo era mai stato in tutta la sua vita.
Perciò era così che ci si sentiva, quando ci si lega indissolubilmente? Che sensazione meravigliosa!
Sentì il compagno leccare il morso, rilasciando altri fiotti di sperma dentro di sè. Si sentiva terribilmente appagato e felice in quel momento, la frustrazione provata fino a poco prima era sparita completamente. Percepì quella mani spostarsi, andando a palpargli il seno, rilasciando altro sperma, ancora perfettamente incastrato dentro di sè e quella lingua leccare in morso, per poi posarvi un dolce bacio.
"Spero tu non te ne sia pentito!..."Iniziò l'albino.
"Non sono pentito. Lo volevo, ma avevo paura. E alla fine è successo!" Ammise il minore con voce calma, volgendo lo sguardo altrove, senza mai incontrare gli occhi azzurri del compagno piantanti dietro di sè.
"Appunto! Perchè sei stato tu ad iniziare!... Mio piccolo omega!" Lo derise stringendo un seno con fare giocoso, ottenendo in cambio un: "Piantala alfa!" molto irritato.
*
I giorni del calore proseguirono tranquillamente in albergo, alternati da chiamate da parte della loro figlia, che ancora troppo piccola, non comprendeva pechè servissero così tanti giorni alla sua mamma per guarire.
In tutto ciò, Phichit ritenne opportuno avvisare Celestino dell'assenza prolungata del suo ballerino. Nonostante si ritrovò costretto nel cambiare parecchi spettacoli all'ultimo minuto, sapere che il suo primo ballerino si era riappacificato con il compagno e padre di sua figlia, restava una bellissima notizia.
Si augurava solo che l'alfa accettasse il lavoro del ragazzo, senza troppe scenate.
I giorni si susseguirono veloci agli occhi della coppia. Dopo circa, una settimana il calore di Katsuki terminò e ora solo un immenso dubbio attanagliava la mente del giovane omega ventitreenne.
"Victor... Sai che potrei?..." Si interruppe con tono ansioso, non avendo il coraggio di continuare la frase, mentre il compagno preparava le valigie.
"Essere incinto? Lo so, ci ho riflettuto anche io." Terminò serio.
Si erano lasciati andare anche fin troppo. Specie dopo il marchio, i loro istinti sembravano essersi completamente appropriati della loro psiche, offuscandola totalmente, eclissando il ricordo dell'uso dei contraccettivi.
Quella breve settimana insieme, tutta per loro, era stata magnifica. Così intensa e passionale. Ora, dover preparare i bagnagli per tornare in patria, anche se solo per pochissimi giorni, lo faceva soffrire.
"Qualsiasi cosa accada... Io ci sarò! Stavolta non ti lascio!" Gli disse stringendogli il viso tra le mani, schioccandogli un dolce bacio.
"Ti amo Victor!" Yuuri si strinse al corpo del compagno sentendo un peso orribile opprimergli il petto.
Un altro bambino adesso, non era il momento. Troppe cose a cui pensare, Viktoria che non si era ancora del tutto abituata alla presenza del padre, le mille cose da sbrigare in Russia e poi. Non poteva assentarsi dal lavoro per un anno intero. Non ora!
"Yuuri guardami!" L'uomo con i capelli argenti, captava benissimo ogni singolo dubbio attanagliasse la mente del compagno, il loro legame si era completato. Erano una cosa sola.
Il moro morse le labbra, sfilando gli occhiali, per asciugare le lacrime con le dita, alzando il viso vero il partner, incrociando i suoi piccoli occhi azzurri, dal taglio siberiano.
"Non pensarci! Anche se... Dovessimo avere un altro figlio. Non potrei che esserne felice!" Gli sorrise abbracciandolo forte a sè.
"Io un altro bambino lo voglio! Ma capisco che forse... Non è questo il momento giusto. Perciò tranquillo, sorridi e torniamo da quel piccolo terremoto."
-Terremoto?- Quel soprannome le calzava a pennello.
Il ragazzo si lasciò andare ad una risatina, ripensando alla figlia. Sentiva l'animo in trambusto, un po' per il timore di una possibile gravidanza, sommata al terrore che una volta tornato in patria il compagno non tornasse più indietro, aggiunto alle difficoltà con il lavoro e la loro primo genita.
"Yuuri! Andiamo. Ho cose peggiori a cui pensare."
"I tuoi?"
"Vicky! Quella piccola peste penserà che ti ho rapito! Prega che non tenti di soffocarmi con le sue piccole manine!"
Katsuki esplose un una sonora risata, portando entrambe le mani allo stomaco, piegandosi in avanti per il troppo ridere. Oddio! Non ci aveva pensato. Di sicuro Viktoria sarà incavolata nera, non osa nemmeno immaginare il suo faccino adirato, non appena metteranno piede in casa. Un intera settimana senza di lui, non gli era mai capitata.
"Mia figlia mi odierà! Ho rapito la sua mamma!" Victor continuava a ripetersi quella frase.
"Non ti odierà! Lascia fare a me!" Yuuri sorrideva divertito.
Ok, forse un poco era preoccupato, ma poteva gestirla, una scusa per giustificare la sua assenza, l'avrebbe trovata.
Giunti sotto casa, Nikiforov si fece serio e sempre più preoccupato. Aveva appena ritrovato la sua bambina, non poteva lasciarsi odiare così facilmente.
"Victor lascia fare a me!" Asserì il più giovane schioccandogli un dolce bacio a stampo.
"Ok."
Salirono le scale, Yuuri inserì le chiavi nella serratura udendo dei piccoli passi frettolosi e delle urla provenire da dentro l'appartamento.
Appena il tempo di aprire, che Viktoria si lanciò tra le braccia del moro in lacrime.
"MAMMAAAAAA!!!!!" Gli si arpionò al collo in lacrime singhiozzando disperata.
"Amore mio, ti sono mancato?"
"Siiii!!! Tantoooo!!!!" Si lagnò lei, non volendo mollare minimamente il genitore.
Victor ci rimase un po' maluccio, la bambina non lo degnò di uno sguardo, ma cosa poteva pretendere. Si conoscevano da appena pochissimi giorni e la maggior parte li aveva trascorsi travolto dal Rut insieme al compagno, in albergo.
"Saluta papà!" Si intromise Yuuri percependo la malinconia nello sguardo dell'altro.
"NO!" Urlò lei conficcando il viso nel collo della mamma stringendosi più forte.
Era arrabbiata. Papà si era portato via la mamma per tantissimi giorni.
"Non è colpa di papà!... Lui mi ha aiutato, mi ha curato quando stavo male ed è stato molto affettuoso." Il ventitreenne, si espresse con dolcezza accarezzando la testolina della sua piccola.
"Ti ha portato via!" Lei mise il broncio accigliata.
"Io non volevo portarlo via! Il dottore doveva curarlo!" Si intromise l'albino serio.
La piccola gonfiò le guance rosse di irritazione. "Non poteva curarlo a casa?"
"No. Stavo davvero troppo male, ma ora sto benissimo! Non andrò più via. Promesso!"
La abbracciò forte, pregando riuscisse a perdonare Victor.
"Ti chiedo scusa Vicky! Volevo solo che mamma guarisse. Non volevo portarlo via da te!" Intristito, corrucciò le labbra seriamente dispiaciuto.
Quei giorni di calore era stati stupendi, un vero toccasana come coppia, ma solo adesso si rese conto di come dovevano essere apparsi agli occhi della loro figlia.
Un tizio estraneo appena arrivato, che si spacciava per suo padre e si portava via la mamma per giorni e giorni. Non poteva nemmeno arrabbiarsi se lo avesse odiato.
Afflitto si allontanò con un sospiro, senza proferire parola. Solo con un immenso senso di colpa opprimerlo.
Yuuri sentiva quei sentimenti come se fossero i suoi, triste strinse le labbra provando a dialogare ancora un poco con al figlia.
"Vicky, papà è davvero tanto dispiaciuto. Non voleva ferirti, ne farti arrabbiare!"
"E' stato buono con te?" Gli chiese lei. Forse se avesse trovato un motivo, potevano anche far pace.
"Sì!... E' stato tanto, tanto affettuoso e buono, mentre stavo male. Sono guarito grazie al suo amore!" Sorrise spontaneamente con gli occhi lucidi di commozione, stringendo le manine della sua piccola.
Lei fin da subitò sentì che i loro profumi erano diversi. Sia quello di mamma che quello di papà e la cosa era molto strana. Ora i loro profumi si assomigliavano tanto, mentre prima no. Quel nuovo odore era bello, le piaceva e gli occhi di mamma brillavano come le stelle.
Se lui, era capace di farlo sorridere... Poteva perdonarlo.
"Va bene..." Asserì lei titubante.
"Capisco che per te è difficile!" Ricominciò Yuuri abbracciando al sua bambina. "Non sei abituata ad avere un papà. Ma adesso è qui! E resterà con noi per sempre!"
"Avrò una fratellino o una sorellina?" Chiese ancora timida.
Il ragazzo deglutì, si era scavato la fossa con le sue stesse mani. "Sì, lo avrai!" Acconsentì. Sentendo il timore annidarsi nuovamente tra i suoi pensieri.
Gli occhi azzurri di Viktoria si illuminarono felici, per poi voltarsi verso la porta della cucina dove era sparita la figura del padre.
Con passetti indecisi, vi si avvicinò, osservando quell'uomo altissimo, che possedeva dei capelli identici hai suoi.
"Papà ti perdono." Disse imbarazzata con il capo chino e le manine strette intono al maglioncino viola.
Lui si voltò di scattò sentendo le lacrime premere all'istante, troppo felice. "Davvero?"
Ottenne un cenno positivo con il capo da parte della bimba.
"Ti amo tanto piccola mia!" La afferrò da sotto le braccia, coinvolgendola in un caldo abbraccio, sentendola singhiozzare.
"M-mi v-vuoi b-bene?" Chiese lei emozionatissima, con gli occhietti colmi di lacrime.
"Sì! Sì! Tantissimo!" Riperè lui, rafforzando l'abbraccio, notando Yuuri osservarli in piedi sull'uscio, con un sorriso sforzandosi di non piangere travolto dalle emozioni.
Potevano farcela. Affrontare ogni difficoltà, essere una famiglia felice e se fosse arrivato, anche accogliere un nuovo bambino.
*
Quella stessa sera, Victor prenotò il biglietto aereo per San Pietroburgo, un volo diretto di andata e ritorno di appena 5 giorni.
Spiegare alla figlia il motivo di quel viaggio fu una faticaccia, la piccola temeva li abbandonasse ancora. Proprio adesso che si erano ritrovati?
"Non puoi restare qui?
"Tornerò immediatamente!"
"Ma perchè devi andare via? Non puoi fare le tue cose con il telefono come fa zio Phichit?"
"Hei Vicky!" Il ragazzo si sentì tirato in ballo, solo per essere accusato di utilizzare un po' troppo il cellulare.
"No, tesoro. Non posso fare tutto con il telefono. Alcune cose devo farle di persona!" L'uomo sorrise di fronte all'ingenuità mostrata dalla sua piccola.
Era adorabile, bellissima, intelligente, ma con quell'ingenuità tipica dei bambini.
"Mamma!..." Vicky di rivolse all'altro genitore mostrando un broncetto triste.
Sperava, almeno lui riuscisse a convincere papà a non andare via.
"Tesoro mio...." Yuuri la strinse forte a sè. Già l'idea di separarsi dal suo alfa, anche se solo per pochissimi giorni, lo stava dilaniando. Ci mancava solo Viktoria!
"Sarà per pochissimi giorni! Giusto Victor?" Si rivolse al compagno che asserì serio unendosi a quell'abbraccio.
"Ve lo prometto!" Confermò baciandoli, il compagno sulle labbra e la figlia sulla fronte. "Vi chiamerò ogni giorno! Cento volte al giorno!"
*
La mattina seguente in aeroporto, fu anche più difficile.
Viktoria era tristissima. Malgrado conoscesse quell'uomo da poco, già lo voleva bene. Si era dimostrato una persona buona, affettuoso e simaticissimo.
Stranamente, quella mattina si ancorò alla gambe del padre non volendo lasciarlo. Rimasero appiccicati per tutta la mattina, per la gioia di Victor, che passò il tempo accarezzando la liscia chioma argentea della sua piccola, rassicurandola e posando tanti piccoli e teneri bacini sulla sua testolina, fino all'arrivo all'aeroporto.
I saluti non furono dei migliori. Yuuri era ansioso e osservare come sua figlia imparasse ad amare suo padre, lo rendeva felice, me non poteva non essere spaventato da quel viaggio.
"Non fare il test di gravidanza senza di me! Ok? Appena torno lo facciamo insieme!"
"OK!.." Confermò il minore, stretto tra le braccia del compagno.
"Amore, ti affido la mamma! Si buona e non farlo arrabbiare!" L'albino si rivolse poi alla piccola, stretta tra i loro corpi.
Lei annuì convinta, sentiva la mamma piangere. Era triste, voleva davvero tanto bene a papà.
"Promettimi che tornerai!..." Gli sussurrò Yuuri tra le lacrime, stringendosi al maggiore.
"Te lo prometto!" Confermò baciandolo.
Premette forte le labbra sulle sue, non approfondendo il bacio, per non turbare la figlia appollaiata sul suo braccio destro, ancorata al suo collo. Stranamente le bimba non si oppose, rimase buona ad osservarli. Ponendosi una domanda.
-E' così che si fanno i bambini?- Gli occhi azzurri sgranati e il visino sconvolto.
Udì l'altoparlante dell'aeroporto annunciare il suo volo.
"Devo andare adesso!" Baciò un ultima volta il suo omega, premendo un bacio sulla fronte della figlia, mettendola tra le braccia del ragazzo.
"Fa attenzione!"
"Ti chiamo appena atterro!" Si scambiarono un ultimo bacio.
"Vicky! Pensa tu a mamma mentre io non ci sono!"
"Sì!" Un altro bacino sul viso, seguito da un senso di nostalgia. Già gli mancava.
*
Giusto a San Pietroburgo, Victor osservò la città in cui era nato e cresciuto non vedendola realmente. Non sentiva nessun amore per quel luogo, solo troppi ricordi spiacevoli e il peso delle mille cose a cui pensare per poi tornare dalla sua famiglia.
Non informò in genitori del suo ritorno, d'altronde non lo faceva mai. E loro non ne furono per nulla straniti. Da anni andavano avanti così. Lui li ignorava trattandoli con astio, per l'essere stato allontanato con l'inganno dal suo Solulmate e loro si ostinavano nel ribadire la loro mentalità.
La prima cosa che fece, fù correre a casa e ordinare hai domestici di organizzare le valigie con tutte le sue cose, per poi correre in un agenzia immobiliare di fiducia organizzando in fretta e furia la vendita dell'appartamento raggiungendo la casa discografica per discutere della sua carriera. Sarebbe stato davvero un duro colpo e avrebbe potuto benissimo continuare la sua carriera se non fosse per il padre.
Quanto sarebbero andati avanti prima che scoprisse che aveva mollato tutto per tornare da Yuuri? E che il suo omega aveva tenuto la bambina? Qualche mese?
Dopo sarebbe scoppiato il putiferio, sfruttando ogni occasione in suo possesso per rendergli la vita impossibile.
*
A Detroit, Yuuri decise di riprendere le sue abitudini per mantenere la mente occupata e non lasciarsi travolgere dall'angoscia, nel sapere il suo uomo lontano da lui.
Dopo quasi 10 giorni di assenza il suo rientro al Moulin Rouge fu strano ma anche piacevole. Tutto sommato gli piaceva lavorare lì, i colleghi non erano male, Celestino e sua moglie erano anche fin troppo pazienti e accondiscendenti con lui, e Tanya...
Volere o dolere. Si era trovata costretta a accettare i suoi ripetuti rifiuti.
"Tanya!" Si allarmò il ragazzo subito dopo aver messo piede nel locale, tenendo per mano la sua bambina.
"Victor non la prenderà bene!" Si disse ancora sempre più preoccupato.
Come se l'avesse richiamata, la donna si avvicinò a passo di carica sollevando tra le braccia la piccola Viktoria, salutandola calorosamente.
"Mi sei mancata piccola peste!"
Yuuri rimase impalato, in imbarazzo non sapendo cosa dire.
"Noto che ti sei riappacificato con suo padre!..." La donna non si lasciò scappare l'occasione di pungolare il ballerino. "Il tuo odore è molto cambiato Yuuri!"
Il giovane arrossì annuendo. "E' complicato."
"Me ne parlerai più tardi. Come mai qui? Credevo non saresti più venuto!"
"Dov'è tuo zio? Devo parlargli!"
"Allora ti stai licenziando?"
"Non ancora." Aggiunse sentendosi quasi in colpa.
Se il suo timore era fondato, tra qualche mese avrebbe avuto un po' di difficoltà nell'entrare negli abiti di scena.
Non era detto che fosse gravido. Il ciclo arriva sempre 3/4 giorni dopo il calore. E un ritardo era anche possibile, capitava abbastanza spesso quando era troppo agitato.
La discussione con Celestino fù pesante. Non che l'uomo non comprendesse certe dinamiche, ma perdere il suo miglio ballerino... Restava una grandissima fregatura. La peggiore che avesse mai incassato in 40 anni.
"Hai fatto il test?"
"Non ancora, è troppo presto." Il ragazzo stava con le spalle ricurve e il viso chino imbarazzatissimo.
"Appena torna, accetterà il tuo lavoro? Ne avete discusso?"
"Sì, ne abbiamo parlato. Si sforzerà di accettarlo."
L'italiano sospirò sempre più esasperato portandosi due dita alla radice del naso. Non si metteva per nulla bene.
"Perdona il mio scetticismo Yuuri, ma cerca di capire? Molti spettacoli hanno te come protagonista. Nel caso di una gravidanza...Per quanti mesi riusciresti ad andare avanti? Sempre se il tuo compagno non da di matto prima!..." Sospirò seccato l'uomo.
Il ragazzo ci riflettè. Ballare gli piaceva e la danza non fa male hai bambini. Quando aspettava Viktoria, non aveva smesso di esercitarsi nemmeno un giorno, continuò per tutti i 9 mesi di gestazione, riprendendo pochi giorni dopo aver partorito.
"Posso andare avanti tutti i 9 mesi." Ammise.
"Yuuri!... " Sospirò ancora. Quel ragazzo era un caso davvero raro. Pur di non dargli un dispiacere, avrebbe messo a repentaglio la sua salute e anche quella del futuro, probabile bambino in arrivo.
"Dico davvero!"
"E io non lo accetto! Non sono così disperato. Adesso va da Tanya e organizzatevi per stasera."
Terribilmente in colpa, Katsuki uscì dall'ufficio con un grosso macigno sul petto. Sembrava che la sua vita si stesse solo complicando più del necessario.
"Ritroverò mai un po' di pace?" Si chiese a bassa voce, con il capo chino dando un occhiata al cellulare.
*
I giorni passavano e anche se con ancora il timore che Victor non tornasse da loro, nonostante si sentissero ogni giorno, Yuuri tornò alla sua normale routine quotidiana: Le lezioni di danza con i due Yuri e Otabek, gli spettacoli con con Tanya al Molulin Rouge e sua figlia Viktoria.
Peccato solo che il ciclo mestruale, proprio non arrivasse.
I 5 giorni di permanenza i Russia per il compagno erano quasi terminati, quello stesso giorno sarebbe ripartito, e il timore del giapponese iniziava a consolidarsi sempre più.
Come promesso, non fece il test di gravidanza, attendeva che il suo alfa tornasse a casa, ma il fatto che dopo un intera settimana di attesa, ancora nulla. Cominciava davvero a preoccuparsi.
"Mami!... Perchè piangi? Ti manca papà?" Viktoria non capiva. Vedeva il genitore a letto in lacrime, supponendo fosse quello il motivo del suo malessere.
Il ragazzo annuì, mormorando un: "Abbracciami!" In cerca di conforto, stringendo la sua piccola al petto.
La bambina dispiaciuta, pregò con tutte le sue forze che papà tornasse al più presto. In fondo, mancava tanto anche a lei e poi gli aveva fatto una promessa.
*
Il volo di ritorno negli Stati Unit non gli era mai parso così lungo. Sembrava non terminasse mai.
Letteralmente a pezzi, Victor atterrò trascinandosi dietro due enormi valigie pesantissime, piene zeppe di vestite e alcuni oggetti personali, recuperati dal vecchio appartamento.
Gli sarebbe mancata quella casa, per un po' avrebbero dovuto arrangiarsi nell'appartamento che Yuuri condivideva con Phichit, ma era deciso più che mai nel darsi da fare e garantire un futuro bello e roseo sia alla figlia che al compagno.
Economicamente non stava messo male e con la vendita dell'appartamento, avrebbe racimolato qualche soldo in più, ma si era ostinato nel farsi recapitare la sua auto.
Con un sospiro sfatto, salì sul taxi. Alla fine i suoi genitori si erano accorti che stava facendo le valigie in modo definitivo. Non si lasciò scappare nulla, ma non erano sciocchi, era ovvio che ci fosse sotto qualcosa. In tanti anni, non aveva mai smesso di cercare Yuuri.
"Mi scusi che ore sono?" Si rivolse al tassista cortesemente.
"Le 21:00."
"La ringrazio."
Si abbandonò contro il sedile. Non era nemmeno riuscito ad avvisare Yuuri, d'essere arrivato.
In aeroporto a San Pietroburgo, gettò via la sua Sim. Ne avrebbe ricomprata una nuova a Detroit, per poi decidere di gettare via anche il cellulare, non fidandosi minimamente di suoi genitori. Conoscendoli, avrebbero messo a ferro e fuoco l'intera Russia pure di riuscire a rintracciarlo.
Non voleva più avere nulla a che fare con loro. Portare lo stesso cognome era già più che sufficiente.
Dopo un bella oretta di taxi giunse di fronte all'appartamento di Yuuri. Sapeva che il compagno era tornato a lavoro, ne era geloso, ma si era ripromesso di accettare quel lavoro, almeno finchè si fosse rimesso in carreggiata.
Phichit gli aprì e una piccola Viktoria lo accolse con un caldissimo abbraccio.
"Mi sei mancata tanto piccola mia!" Le baciò le guanciotte con amore.
"Anche tu papà!" Ammise lei, imbarazzata.
"Yuuri?" Chiese rivolto al giovane thailandese.
"A lavoro. Dove dovrebbe essere?"
Phichit osservò come il volto dell'alfa assumesse una nota di gelosia, che si sforzo di trattenere, andando a stringere la sua bambina, caricandola in braccio e dirigendosi verso la cucina pensieroso.
"Vuoi raggiungerlo?" Azzardò il giovane.
"Da un lato vorrei, ma dall'altro... Sento la gelosia divorarmi lo stomaco."
"Yuri e Otabek vanno ogni sera. Se voi puoi andare con loro?"
"Voi non venite?"
"No. Vicky deve andare a scuola domani e io ho lezione presto!"
Osservò come il volto del russo si fece più serio, corrucciando le sottili e chiarissime sopracciglia, portando due dita sotto il mento.
"Ok..." Sospirò. "Ma avvisa tu Yuri e Beka. Non ho più un cellulare, ne prenderò uno nuovo domani."
"Allora Yuuri non sa che sei a casa?"
"No. Gli farò una sorpresa!" Sorrise, augurandosi di non riceverla lui la sorpresa, una vota raggiunto il locale di burlesque.
*
Come annunciato da Nikiforov, Phichit chiamò i due ragazzi, che prima di dirigersi al Moulin Rouge passarono da casa per andare tutti insieme.
Nei giorni di permanenza negli Stati uniti, l'uomo non aveva ancora mai messo piede nel locale in cui lavorava il suo omega. Un po' ne era spaventato, non riusciva a tollerare l'idea venisse pagato per spogliarsi in pubblico. Non che non apprezzasse quella danza.
Tra un classico spogliarello e il burlesque: il secondo raggiungeva livelli molto meno volgari, rispetto al primo. E nonostante tutto, faticava davvero tanto nel mantenere il controllo.
Il trio camminò a lungo raggiungendo il posto. Con aria scettica, Victor seguì i ragazzi, sforzandosi di incatenare le sue emozioni e non trasmetterle al compagno. Il locale era indubbiamente arredato benissimo. E le ballerine che si stavano esibendo... Stupende.
Notò una donna con uno smoking maschile bianco e dei corti capelli fucsia. Un alfa.
Cantava in maniera spettacolare, calcando il palco affiancata dal gruppo di ballerine che sfilavano parti del vestiario con grazia.
Si accomodarono in un tavolo poco illuminato, distante dal palco. Voleva osservare lo spettacolo, senza mettere in difficoltà Yuuri. Lo conosceva fin troppo bene.
Nel esatto istante in cui si fosse accorto della sua presenza, il panico lo avrebbe assalito, mandando all'aria tutta l'esibizione, solo per timore della sua opinione.
Quello spettacolo terminò e la donna alfa venne sostituita da un altro spettacolo, per poi tornare annunciando a gran voce il loro fiore all'occhiello, il più bello e raro dei diamanti: Yuuri.
Victor impallidì, percependo la gelosia rodergli il fegato come non gli era mai successo in 27 anni di vita. Si impose autocontrollo, studiando attentamente ogni nota e vocalizzo da parte della donna.
La donna tornò a calcare il palco accompagnata dalla band cantando una versione molto lenta di Mondance. Yuuri arrivò scendendo le scale lentamente su dei tacchi vertiginosi e un abito tempestato di strass, molto corto davanti che lasciava completamente scoperte le sue bellissime gambe e un lungo strascico dietro.
Era truccatissimo, quasi irriconoscibile e quella parrucca... Sembrava davvero un altra persona.
Il suo omega sorrideva al pubblico che acclamava e aplaudeva, mentre la donna cantava accompagnando i passi di danza.
A un certo punto lo vide voltarsi di schiena e il lungo abito cascare a terra, lasciando la schiena totalmente nuda, per poi voltarsi mostrando un corpetto, ancor più scintillante che copriva solo la parte davanti del busto, appena sopra il seno.
Victor sgranò gli occhi, percependo il cuore battere ansioso. No, non poteva reggere! Il suo Yuuri era bellissimo, talentuoso e sexy. Vederlo acclamato da tanta gente, mentre scopriva lentamente parti del suo corpo, era qualcosa che non era in grado di sopportare.
"E' così ogni sera?" Chiese hai due ragazzi.
"Sì! E cerca di darti una controllata, sembri sul punto di avere un infarto!" Lo rimbeccò il più giovane tra i tre.
Nikiforov si portò una mano al cuore, nel vedere "quell' alfa" stringere i fianchi del suo Yuuri che compì un paio di piroette e dei passi a due. La canzone avanzò e ad un certo punto, anche il corpetto scivolò via, rivelando due piccoli copri capezzoli a forma di stella aderire sul quello stesso seno che aveva baciato e vezzeggiato per giorni, insieme ad un perizoma striminzito, che non lasciava nulla all'immaginazione.
"Bevi un sorso d'acqua! E cerca di respirare." Otabek inarcò un sopracciò pregando che l'alfa albino non morisse ci crepacuore lì.
Da un certo punto di vista, non poteva nemmeno dargli torto, ma vista la situazione, meglio discuterne civilmente a tavolino.
Finalmente lo spettacolo finì, con Yuuri che risaliva le scale, praticamente nudo, sotto gli applausi del pubblico e la cantante seduta su un gradino che eseguiva un ultimo acuto finale.
"E' finito?"
"Pare di sì."
"C'è ancora il gran finale!"
Il ventisettenne sgranò gli occhi fissando il moccioso biondo. Ancora? Quanto cazzo avrebbe dovuto sopportare?
Come annunciato da Plisetsky, quella tortura durò ancora per molto. Con un occhio critico e obbiettivo, lo spettacolo era stupendo e Yuuri incredibilmente bravo e bellissimo. Ma dal lato personale, sopportare che altre persone ammirassero e toccassero il suo omega era insostenibile.
Quando finalmente quella tortura terminò, Victor si fiondò come una furia nei camerini, accompagnato della coppietta di pattinatori, ormai pratici di quel posto, che lo condussero fino al camerino del giapponese.
Con delicatezza Nikiforov bussò alla porta.
"Avanti!"
Tirando un bel respiro profondo l'uomo entrò, trovando il suo Yuuri seduto dietro un enorme specchio con indosso una vestaglia intento nello struccarsi.
"V-Victor? Quando sei arrivato? Perchè non mi hai avvisato?" La voce del moro arrivo stridula e colma di preoccupazione.
"Perdonami! Ho gettato via il cellulare. Ne prenderò uno nuovo domani mattina."
L'alfa si sentì abbracciare di slancio chiudendo la porta alle sue spalle, avvolgendo il corpo del compagno carezzandogli la schiena.
"Mi sei mancato!..." Singhiozzò. "Avevo paura non tornassi!..." Un altro singhiozzo.
"Certo che sarei tornato da te!" Gli bacio una guancia, notando dei grossi rivoli di trucco scolargli lungo le guance.
"Amore, togli tutta quella roba dalla faccia che mi sporchi i vestiti!"
"Sì, scusami!" Sorrise il ragazzo tornando seduto davanti allo specchio, trafficando con le salviettine struccanti.
Victor, osservò che adesso il suo omega era scalzo e i tacchi abbandonati in un angolo accanto a lui, mentre il nodo alla vestaglia si era un poco allentato, scoprendo le clavicole.
"Ti ho visto stasera." Confessò.
Katsuki pietrificò all'istante su quella sedia, con la mano a mezz'aria.
"Danzi divinamente. Sei indubbiamente bravo, ma io sono terribilmente geloso!" Terminò abbassando il capo serio.
Il minore non proferì parola. Non sapeva cosa dire.
"Non ti vieterò di lavorare, perchè la situazione si è messa peggio del previsto." Ricominciò Victor. "I miei genitori hanno capito che non tornerò più in Russia, e anche se attualmente non sanno il motivo... Non tarderanno molto a capirlo."
"Siamo in pericolo?" Domandò l'omega aggrottando le sopracciglia scure, terrorizzato.
"No, vi proteggerò, ma per un po' ci servirà questo lavoro. Non so come si evolveranno le cose. Mi infastidisce ancora vedere quell'alfa che ti accarezza! Ma mi vedo costretto ad accettarlo. Almeno, finchè non mi sarò rimesso in carreggiata anche io."
Yuuri ascoltò quelle parole grato, abbassando lo sguardo sul punto di scoppiare a piangere, sentendo un grosso peso sul cuore, passò una mano sul ventre terrorizzato.
"Ho un ritardo... Un ritardo mostruoso!" Singhiozzò, arpionandosi al busto del partner disperato.
"Domattina faremo un test di gravidanza. Ora rilassati, qualsiasi cosa accada... Sono qui con te!"
Lo baciò stringendolo forte a sè. "Ora! E' per il resto della nostra vita!"
Yurri si aggrappò con più forza a quell'abbraccio sopraffatto dall'angoscia. Se lo sentiva, era gravido, ne era certo.
Era una sensazione a cui non sapeva dare una spiegazione, e non riguardava solo il ritardo del ciclo mestruale. Sentiva qualcosa dentro di sè.
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