Il delitto di Tullahoma
Una caratteristica fondamentale che chiunque avrebbe notato e detto per descrivere Dennis era che quel ragazzo sembrava incapace di provare paura. Non temeva le conseguenze delle sue azione e, come i bambini, era rimasto molto istintivo, seguendo una logica dettata solo dalla sua mente, molto diversa rispetto agli altri.
Dopo aver finito di bere e di chiacchierare con Adam, Carline salutò Dennis diretta a tornare a casa, e quella fu la prima e ultima volta che lo vide a Tullahoma.
Durante il ritorno all'Hotel, Dennis non faceva altro che pensare a quella benda bianca, a quello che poteva esserci sotto e per la prima volta, da quando aveva iniziato ad uccidere, sentì il forte desiderio di toccarla, di affondarci le mani dentro e di sporcarsi di sangue.
Quando era bambino, se ci pensava, il forte desiderio di uccidere una persona lo percepiva come un bisogno, come risolvere un problema, ora invece come se fosse una specie di voglia da soddisfare, di macabro desiderio alla quale non riusciva a dire di no. Voleva affondare i polpastrelli in quella ferita, di provocarne un'altra ancora più profonda, o molte altre e, perchè no, di tagliare tutto quel corpo fino ad uccidere Adam.
Anche durante la cena, insieme a suo padre, i suoi occhi studiavano le posate riflettendo quale fosse la migliore per riaprire una ferita appena chiusa.
A un certo punto James, colpito dal suo strano silenzio, gli aveva chiesto se andasse tutto bene e Dennis, riportato per un momento alla realtà e ripreso il suo ruolo di ragazzo normale, aveva risposto di essere solo stanco.
Quella sera, a letto e sotto le coperte, Dennis sentì che non poteva più ignorare quella forte sensazione, aveva bisogno di recidere quella pelle, sentire la carne che si divideva sotto la lama, risentire il forte odore metallico del sangue che gli entrava nelle narici.
Nel buio della notte, mentre si immaginava quel momento, un sorriso divertito e sadico gli si dipinse in volto. In realtà non aveva nulla contro Adam, non lo conosceva e le uniche informazioni di cui era venuto in possesso gli erano state raccontate da Carline.
Dopo aver fissato l'angolo del muro alla quale era appoggiato il suo letto, Dennis si alzò lentamente e cercando di non far rumore. Suo padre era comunque noto per avere un sonno piuttosto pesante, niente poteva svegliarlo, ma decise comunque di fare piano perchè all'Hotel c'erano altri clienti. Prese la chiave e la girò lentamente nella serratura per poi richiudere la porta dall'esterno e riporla in tasca, così da non perderla.
Passeggiò nel buio dello stabile fino a raggiungere la hall dove una grossa porta ad arco conduceva alla sala della colazione con dietro la cucina.
Dennis andò dritto verso le porte doppie entrando nelle cucine e cercando con lo sguardo dei coltelli. Trovò vicino al banco da lavoro, al centro della cucina, un portacoltelli piuttosto assortito e prese un coltellaccio affilatissimo con la lama larga, sicuramente usato dai cuochi per tagliare le strisce di pancetta prima di farle in padella.
***
Fuori c'era ancora parecchia gente, un sacco di giovani turisti avevano voglia di stare in piedi fino a tardi per godersi la vacanza. Grazie a questo dettaglio la presenza di Dennis non venne affatto notata, il ragazzo vagava in giro scrutando ogni volto che lo circondava nascondendo il coltello nella manica della felpa scura che aveva indossato prima di uscire, permettendo al metallo freddo di fargli rabbrividire la pelle.
Fortunatamente aveva perso l'abitudine di indossare il pigiama perciò non si era dovuto preoccupare di vestirsi, indossava da diverso tempo una pantalone della tuta nero e una maglietta bianca senza logo.
Dopo vari minuti di ricerca la sua caccia venne soddisfatta dalla visione di Adam e la sua benda sul braccio proprio davanti a lui. Il ragazzo però era circondato dai suoi amici e a Dennis serviva che fosse solo o almeno che si allontanasse dal resto della folla.
Il ragazzo accelerò il passo camminando dietro a diversi gruppi di turisti per non farsi notare finchè, come se fosse stato baciato dalla fortuna, Adam disse che per lui era ora di tornare a casa e aveva iniziato a staccarsi dal suo gruppo.
Le dita di Dennis strinsero ancora più forte il manico del coltello e la punta pizzicò leggermente la sua pelle sotto il tessuto della felpa.
Quando ormai gli amici di Adam erano piuttosto lontani ed entrambi si furono staccati dal viale affollato e rumoroso, Dennis uscì allo scoperto facendolo saltare sul posto dalla sorpresa.
«Hey! Tu sei l'amico di Carline, giusto?»
«Non esagerare, ci siamo parlati solo per venti minuti.» il suo sguardo scuro con gli occhi strizzati, se Adam avesse potuto vederlo, faceva capire che qualcosa non andava.
«Ah, scusami, io pensavo che...»
«Lascia stare. Non è più importante.»
Dennis si avvicinò a lui con un passo piuttosto rilassato. Adam, considerato che la notte gli impediva di percepire l'oscurità di quel ragazzo, non fece alcun movimento brusco o cercò di scappare, anzi gli chiese se voleva fare la strada insieme per evitare che facesse brutti incontri durante il tragitto.
Ma proprio quando si voltò per riprendere la sua strada Dennis lo spinse per terra e, salendo sulla schiena, gli fece sbattere varie volte la testa contro il terreno finchè Adam perse conoscenza. Dopodiché venne trascinato da qualche parte nell'oscurità dove forse nemmeno i peggiori delinquenti avevano voglia di avventurarsi.
***
Quando Adam riaprì gli occhi si ritrovò in una zona diversa, un posto che non conosceva e che aveva tutta l'aria di essere un capanno abbandonato da anni.
Quando finalmente riprese pieno controllo di sé stesso, cercò di rialzarsi ma si rese presto conto che qualcosa gli impediva di muoversi: infatti era stato legato con delle fascette a un tavolo arrugginito e il braccio con la ferita era stato steso su un altro tavolino più piccolo appoggiato accanto ad esso. In quel momento, preso dal panico, cercò di dimenarsi, di liberare almeno l'altra mano per avere una possibilità di fuga ma un rumore di passi lenti lo fermò momentaneamente.
Dal buio di un angolo venne fuori la sagoma scura di Dennis che ridacchiava malefico roteando il coltello tra le mani. Il ragazzo prima strinse gli occhi per distinguere nel buio cosa stava succedendo per poi spalancarli terrorizzato consapevole della possibile conclusione.
«Hey, che sta succedendo? Perchè siamo qui? Potrebbe essere pericoloso.»
Dennis non rispose, si limitò a studiare il corpo sdraiato di Adam come se stesse decidendo da che parte iniziare, anche se lo sapeva già.
«Mi hai sentito? Slegami e andiamo via! Queste stronzate non sono divertenti!»
Ancora una volta, la risposta non arrivò. Gli occhi strizzati di Dennis si posarono finalmente sulla benda bianca che sembrava quasi brillare nel buio della notte. La accarezzò con le dita fredde quasi impazienti di completare il lavoro per poi spostare leggermente il tavolino per poterla vedere anche da sotto. Si abbassò a sedersi a gambe incrociate e finalmente avvicinò la punta del coltello alla benda pronto a tagliarla per rivelare quello che stava sotto.
«No, no, no, fermati! Che cosa stai facendo?»
Il suono di uno zac accompagnò la caduta leggiadra dei lembi della benda, che si posarono al terreno senza fare rumore. In quel momento le fredde dita secche di Dennis corsero sui punti e le labbra del profondo taglio ancora gonfio e rosso che troneggiava sul braccio di Adam mentre il ragazzo, con il petto che saliva e scendeva velocemente, cercava di liberarsi.
«Sei un pazzo! Tu non sei normale! Che cosa hai intenzione di fare?!»
Dennis si alzò in piedi, prese il fazzoletto che Adam aveva in tasca, lo appallottolò e glielo mise in bocca impedendogli così di parlare. Poi fissando i suoi occhi strizzati in quelli del ragazzo disse quasi sottovoce: «Questo ti aiuterà a sopportare il dolore.»
A quel punto Dennis sparì dalla visuale di Adam, si sedette nuovamente per terra e con il coltello cominciò a lacerare la carne sopra di lui affondando la lama sempre più in profondità.
Il ragazzo emise un urlo di dolore soffocato dal fazzoletto e dimenò le gambe ancora una volta sperando di rompere le fascette che lo legavano al tavolo mentre il suo aguzzino, sotto di lui, stava recidendo la sua carne in un altro punto lasciando che il caldo sangue gocciolasse sul pavimento.
Una volta che quel braccio non ebbe più nemmeno un centimetro di pelle intatta, Dennis andò a prendere un altro tavolino arruginito e fece la stessa cosa con il braccio ancora sano.
Adam in quel momento, rantolante dal dolore, muoveva gli occhi a scatti cercando di trovare una via di fuga che però, purtroppo per lui, non avrebbe mai raggiunto.
Dennis gli tagliò l'altro braccio vicino alla spalla affondando il coltello ancora più forte di prima, tagliando una linea verticale che presto iniziò a gocciolare. Quando ormai anche quel braccio fu ricoperto di tagli profondi e verticali, Dennis girò intorno alla sua preda che gemeva nel fazzoletto, forse implorando di smetterla, di lasciarlo andare e forse promettendogli che non avrebbe detto a nessuno quello che stava succedendo.
Il ragazzo, con un sorriso diabolicamente divertito in volto, rimase ad osservare quell'espressione terrorizzata di Adam che lo osservava con le lacrime agli occhi. Non si era mai soffermato su quel dettaglio da bambino, non aveva mai avuto il pensiero di godersi il momento in cui si prendeva la vita di una delle sue vittime, di assaporare quella sensazione di potere che ora gli viaggiava in tutto il corpo, perchè ciò che scatenava quel suo istinto omicida era un odio quasi anormale.
Ma ora era diverso: ora nessun sentimento di odio lo stava comandando, solo una grandissima fame di sangue. Adam era così fragile sotto di lui, con le sue braccia martoriate e le gambe legate al tavolo come se fosse una rana morta da aprire e tagliare in mille pezzi, con il fazzoletto in bocca che gli impediva di urlare, chiedere aiuto e quegli occhi ormai rassegnati e terrorizzati all'idea di sapere che fine lo attendeva.
Guardare a lungo quello spettacolo eccitava Dennis ancora di più, come se fosse uno sfizio da togliersi prima di tornare alla sua vita normale.
Adam stava impallidendo piano piano a causa delle ferite, del dissanguamento provocato dai tagli verticali e profondi, anche il suo respiro stava camiciando a rallentare, ma i suoi gemiti di preghiera non si fermavano.
A quel punto Dennis posò la lama del coltello sulla sua gola facendolo sussultare: «Ne manca solo uno amico, uno bello profondo, proprio qui.»
E con una velocità incredibile, la lama recise la gola schizzando sangue ovunque, sulla faccia di Dennis, sulla sua felpa, sul corpo agonizzante di Adam e sul pavimento sottostante. Anche il fazzoletto si riempì di sangue finchè, dopo poco, Adam non smise di muoversi e rimase lì, fermo come un manichino, sul tavolo mortale dove era stato posto.
***
Dennis lanciò il coltello nelle acque del lago dove le sue tracce vennero per sempre cancellate e dove probabilmente nessuno lo avrebbe più trovato.
Si pulì a una fontanella le scarpe macchie di sangue e bagnò la sua felpa prima di gettarla nel cassonetto dei rifiuti. Poi con cautela tornò in camera e si rimise sotto le coperte anche se, dopo quello che era successo, aveva ancora l'eccitazione in corpo che gli impediva di chiudere gli occhi.
Come sempre, in ogni suo omicidio, era stato meticoloso a far sparire ogni traccia della sua presenza e inoltre gli amici di Adam non lo conoscevano.
Sarebbe partito il giorno dopo e nessuno avrebbe più sentito parlare di lui.
La mattina successiva, durante il tragitto per tornare a casa, alla radio si sentì la notizia di un omicidio violento nella periferia di Tullahoma, dove la vittima, un ragazzo di diciotto anni, era stato torturato e brutalmente ucciso con un taglio alla gola.
Si stava quindi cercando l'arma del delitto e un possibile sospettato anche se la polizia era a corto di prove.
Quando venne fuori l'identità del morto a Dennis si dipinse un sorriso soddisfatto che nascose voltandosi completamente verso il finestrino.
Dopo qualche parola del giornalista, James spense definitivamente la radio: «Che gente che esiste. Chiunque sia il pazzo che ha fatto una cosa del genere dovrebbe vergognarsi.» poi cercò di cambiare discorso, «Ripetimi che fine ha fatto la tua felpa?»
«Quando sono andato in bagno mi sono impigliato all'attacca asciugamani e si è rotta. Così l'ho buttata.»
«Che strano, che forza hai usato per romperla?»
Dennis alzò le spalle per chiudere quel discorso assurdo e rimase guardare fuori il paesaggio che cambiava e che lo allontanava sempre di più da quella città ormai immersa nel panico.
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