Capitolo 15- Papaveri e paperi

Guardo i raggi di sole deboli che entrano nella stanza, mi giro su un fianco, ancora mezza addormentata. Più addormentata che mezza, ma dettagli. Mi sfugge un lamento. Stasera devo andare ad una stupida festa. Ho passato tutta la notte a rigirarmi nel letto per le mille paranoie. Mi alzo lentamente e vado verso la finestra. Il cielo è nuvoloso, bellissimo. Ho sempre amato le nuvole. Lo so, non sono altro che ammassi di densi vapori che si raccolgono nell'atmosfera . Eppure io  a guardar nell' azzurro infinito del cielo vedo queste "macchie" che appaiono come panna montata da gustare , un soffice letto dove dormire .Queste con il passare delle ore e dal vento vengono modificate come se fossero disegni e nella nostra immaginazione sono quel qualcosa di speciale che ci fa sperare in un mondo migliore . Che ci porta in un mondo migliore dove i problemi, le ansie né le difficoltà della vita per un pò zittiscono .

Mi ricordo quando ero piccola e mia nonna stava bene. Eravamo in campagna, a guardare il cielo, mentre mi dondolavo sull'altalena. Mi fece una domanda che mi lasciò sbalordita: "Tesoro cosa faresti se fossi una nuvola?" Lì per lì non sapevo come rispondere, insomma la domanda è strana. Mi misi a ridere e non risposi.

Adesso direi che mi fa pensare a un senso di libertà assoluto, divino. Se fossi una nuvola, vagherei nel cielo alla ricerca di tutto e di niente, mi lascerei trasportare dal vento verso posti lontani e sconosciuti, mi lascerei accarezzare dal brivido di poter guardare in faccia il sole. Se fossi una nuvola vivrei quella mia libertà al massimo di ogni possibilità, sfiorando talvolta anche qualche rischio; girerei il mondo come nessuno abbia fatto mai, mi soffermerei su cose su cui nessuno si è mai soffermato... mi lascerei.

Quanto mi mancano quelle giornate con mia nonna e la mia altalena. Stavo ore e ore lì sopra, mentre lei mi cantava le canzoncine e preparava il corredo per il mio matrimonio

<< Nonna ma che stai facendo?>> Dicevo dondolandomi cercando di andare sempre più in alto.

<< Il corredo per il tuo matrimonio tesoro mio>> Canticchiava mentre continuava a fare quella coperta

<< Ma ancora sono piccola>> La guardavo malissimo

<< Ci vuole tanto tempo per farla bene. Dev'essere speciale>> Diceva ancora cucendo e canticchiando.

<<Nonna potresti cantare i "Papaveri e paperi"?>> Dicevo chiudendo gli occhi per il freschetto piacevole

<<Su un campo di grano, che dirvi non so
Un dì Paperina col babbo passò
E vide degli alti papaveri al sole brillar
E lì s'incantò
La papera al papero disse
"Papà, pappare i papaveri, come si fa?"
"Perchè vuoi pappare i papaveri" disse Papà
E aggiunse poi, beccando l'insalata
"Che cosa ci vuoi far, così è la vita"
"Lo sai che i papaveri son alti, alti, alti
E tu sei piccolina, e tu sei piccolina
Lo sai che i papaveri son alti, alti, alti
Sei nata paperina, che cosa ci vuoi far"
Vicino a un ruscello, che dirvi non so
Un giorno un papavero in acqua guardò
E vide la piccola papera bionda giocar
E lì s'incantò
Papavero disse alla mamma
"Mammà, pigliare una papera, come si fa?"
"Non puoi tu pigliare una papera", disse Mammà
"Se tu da lei ti lasci impaperare
Il mondo intero non potrà più dire"
"Lo sai che i papaveri son alti, alti, alti
E tu sei piccolina, e tu sei piccolina
Lo sai che i papaveri son alti, alti, alti
Sei nata paperina, che cosa ci vuoi far"
Un giorno di maggio, che dirvi non so
Avvenne poi quello che ognuno pensò
Papavero attese la Papera al chiaro lunar
E poi la sposò
Ma questo romanzo ben poco durò
Poi venne la falce che il grano tagliò
E un colpo di vento i papaveri in alto portò
Così Papaverino se n'è andato
Lasciando Paperina impaperata
"Lo sai che i papaveri son alti, alti, alti
E tu sei piccolina, e tu sei piccolina
Lo sai che i papaveri son alti, alti, alti
Sei nata paperina, che cosa ci vuoi far">>

Cantavamo insieme sempre questa canzoncina.

<< Primula sei pronta>> Sento bussare. Lentamente mi allontano dalla finestra e cerco di aprire la porta.

<< Primula che ti è successo?>> Dice Edward sconvolto

<<N-niente, scusa.>> Gli passo davanti ed entro in bagno. Appena mi chiudo mi guardo allo specchio e vedo i miei occhi rossi e le guance rigate dalle mie lacrime calde. Mi lavo la faccia, mi preparo e scendo in cucina.

Mentre salgo in macchina penso a quello che mi è successo questa mattina. Forse sono ancora sull'altalena. La vita è un'altalena. I momenti in cui stai su la felicità, i tempi di gioia, mentre stai scendendo la paura, quell' attimo in cui la tua mente smette di preoccuparsi per un attimo, cullandosi tramite le proprie speranze che si compiono nell' ultimo anello della catena, la discesa che segna i momenti negativi della vita di una persona che però poi con l'esperienza vengono riportati in alto alla luce, insomma, momenti bui alternati a quelli di luce, tristezza-gioia.

Il viaggio in macchina è tranquillo, con tranquillo intendo senza discussioni o cose del genere, perché va sempre veloce questo antipatico.

<< Grazie per il passaggio>> Sbotto triste per quello che mi è successo questa mattina. Edward non so per quale motivo blocca lo sportello per non farmi uscire. Perplessa lo guardo male. << Perché hai bloccato lo sportello?!>> Dico esasperata.

<< Che hai?>> Dice cercando di capirlo dal mio sguardo. Mi sento in imbarazzo per questo suo sguardo intenso

<< Niente, ti prego fammi andare>> Inizio a singhiozzare. Vorrei trattenere le mie stupide lacrime, ma non ci riesco, è più forte di me

<< Non ti credo e ti spiego pure il perché. Uno: questa mattina appena ti ho vista stavi piangendo e vedo che lo stai facendo pure adesso. Due: Stanotte ti sei messa ad urlare. Tre: non mi rompi le palme da due giorni>> È serio. Non ho mai visto Edward così preoccupato

<< Allora continuerò così. Edward continuerò a non romperti le palle>> Sbotto arrabbiata. Ma come si permette questo schifoso.

Senza pensarci due volte mi accorgo che posso sbloccare lo sportello, e senza degnargli di uno sguardo lo apro. Capendo che sto per uscire dà un pugno al volante.

<< Senti Primula Cendronella vaffanculo!>> Urla arrabbiato. Mi fermo per due secondi: sono paralizzata. Mi sveglio ed esco dall'auto chiudendo con forza lo sportello.

Cammino velocemente per non piangere. Non devo piangere. Non posso piangere. Non posso assolutamente piangere.

Vedo che l'atrio è vuoto. Guardo l'orologio ed è tardi. Prendo dall'armadietto le cose ed entro in classe. Già sono tutti seduti e il professore sta spiegando.

<< Scusi professore per il ritardo>> Dico affaticata per la corsa

<< Tranquilla, qualche volta ci sta>> Risponde ridendo. Tutti ridono con lui. Fortunatamente sono sempre in anticipo, quindi il professore non si è arrabbiato.

Dopo l'ora di inglese esco dalla classe con la speranza di incontrare le mie amiche. Oggi manca la professoressa della seconda ora e quindi ho l'ora libera. Faccio il giro della scuola ma non incontro nessuno. Triste vado verso il bar e sbatto la testa su un corpo duro e possente. Spaventata alzo lo sguardo e fortunatamente è Zach.

<< Hei Primula, fai attenzione>> Dice cercando di aiutarmi. Mi fa male la testa. Ma è fatto di marmo?!

<< Ciao, scusa>> Dico massaggiandomi la fronte. Dietro di lui c'è Nicole che mi guarda in modo strano. Le braccia di Zach mi circondano perché non trovo l'equilibrio e sicuramente starà pensando male.

<< Aspetta Nicole>> Urlo per farmi sentire. Zach si gira ma non vede nessuno. Se n'è andata. Cavolo.<< Zach scusa devo andare da Nicole>> Dico disperata

<< No, no. Tu starai qui seduta. Ci penso io>> Dice facendomi l'occhiolino. Riprendo subito l'equilibrio e lo lascio andare. Forse Zach non è così male come sembra.

Dopo dieci minuti mi metto a ripassare il libro: " La metamorfosi di Kafka".

Passa l'ora buca ed entro in classe dove vedo subito Bruno. Il mio corpo si rilassa. Mi avvicino e mi siedo accanto a lui. Poso lo zaino per terra e prendo i libri.

<< Ciao Bruno>> Lo saluto con un sorriso a trentadue denti.

<< Hei ciao, come stai? Sembri strana...>> Mi studia preoccupato.

<< In che senso?!>> Dico cercando nervosamente i miei appunti

<< Non lo so, ho questo presentimento>>

Entra la professoressa che fa calmare tutti. Posa la valigetta sopra la cattedra e prende il materiale. Dopo l'appello prendere il libro di Kafka e si siede sulla cattedra, lasciando vedere le mutandine: che schifo.

<< Cendronella, mi potresti fare un breve riassunto sul libro che dovevate leggere?>> Dice guardando male un mio compagno che come sempre non fa i compiti.

<<Certo. Il protagonista del racconto, Gregor Samsa, si sveglia una mattina trasformato in un enorme scarafaggio e, senza meravigliarsi della sua nuova, quanto strana condizione, inizia una vita da parassita fra le mia domestiche, lasciandosi alla fine morire di fame.>> Mentre ripeto mi guarda cercando di analizzarmi.

<<Esatto. Per te cos'ha di speciale questo libro?>> Chiede mostrandolo a tutti. Ci penso un po'

<< Che nella sua brevità è immensa>> Rispondo concentrata. Vedo i miei compagni interessati. Tutti mi guardando e inizio ad entrare in ansia.

<< Osservazione fantastica>> Dice alzandosi dal banco per andare a sedersi sulla sedia della cattedra.

L'ora fortunatamente passa in fretta e dopo storia e matematica è l'ora di pranzo. In mensa cerco di vedere le mie amiche. Eccole che le trovo. Nonostante la scuola sia grande e di conseguenza anche la mensa, le trovo sempre e subito. Il nostro tavolo è sempre quello vicino ai cestini dei rifiuti. È triste ma è la verità.

<< Ciao ragazzi>> Dico sorridendo e buttando per terra lo zaino.

<< Sei pronta per stasera?>> Dice eccitata Alessia mente mangia le patatine fritte come se non l'avesse mai fatto

<< Onestamente non lo so...però non ho scelta>> Dico sbuffando cercando di prendere con la forchetta un dannatissimo pisello.

<< Primula mi hanno detto che ogni volta che uscite prima passano da casa tua per prepararvi insieme, posso venire pure io?>> Dice Bruno guardandomi perplesso mentre cerco di prendere, appunto, con la forchetta un pisello

<< Ovvio, tanto ti piacciono i maschi>> Dice distaccata Nicole. Sembra triste, ma non so il perché

<< Nico, ma che hai?>> Dice Alessia appoggiando la sua mano chiara sulla spalla di Nicole che era rossa per la rabbia.

<< N-Niente, scusate. Devo andare. Scusa Bruno>> Prende lo zaino e se ne va, lasciandoci soli.

<<Vaaa beneee>> Dice Alessia cercando di capirci qualcosa. La guardo andarsene e mi dispiace tanto per quello che l'ha portata ad essere oggi così.

Dopo l'intensa ora di pranzo è arrivata l'ora di greco. Entro in classe e mi siedo all'ultimo banco. Inizio ad agitarmi perché oggi ci consegnerà le versioni. Mi sudano le mani, mi tremano le gambe e le labbra. La professoressa entra sorridente, posa le cose e prende da una busta trasparente le versioni. Vedo le due ragazzine sedute al primo banco che piangono tantissimo. Una delle due piange così tanto, anche se in silenzio, che le lacrime le colano giù dalle guance e cadono sul foglio della verifica di greco. Appena se ne accorge, si asciuga con un fazzoletto.

La professoressa intanto consegna le versioni corrette agli altri, quelli che ancora come me sono in attesa. Appena finisce di consegnare le verifiche si avvicina a quelle due ragazze e si siede accanto a loro.

<<Non è una sentenza il vostro 3, ragazze: non è quello>> Dice prendendo dalla tasca dei fazzoletti per le due povere vittime. Prendono dalle mani della professoressa i fazzoletti e si asciugano le lacrime. Sentendo questa frase si calmano un po'. E decidono di ascoltarla.

<<Dovete immaginare il voto come se fosse un gradino, non come un giudizio inappellabile. Il voto vi dice qual è il punto da cui partite, qual è il livello a cui siete ora. Non c'è niente di grave, perché non conta la partenza, bensì conterà l'arrivo>> Tutti la guardano guardano in silenzio.

<<E questo vale anche per quelli che hanno preso 4 o 5... Mi raccomando ragazzi: capiamoci bene, fin da subito. Il voto insufficiente segna che qualcosa non va come dovrebbe andare: ma è proprio per questo che ci aiuta. Non è un giudizio sulla nostra intelligenza o capacità, è solo un numero che ci dice cosa dobbiamo fare meglio e di più, in che modo dobbiamo impegnarci, come mai quello che abbiamo fatto finora non è andato bene>> Dice mentre si dirige verso la cattedra per parlare con tutti.

<<Non vi scoraggiate>>insiste. <<Se lavorerete bene, può darsi che, alla prossima verifica, il 3 diventerà un 4 e poi un 5 e...>> Dice sicura, finché una ragazza che a quanto pare ha preso quattro la interrompe

<<Ma quando diventerà un 6?>> Chiede molto allarmata.

<<Ci vorrà un po' di pazienza, solo un po' di pazienza>> Dice prendendo le versioni dal banco.

<<Ma non posso prendere 6 già alla prossima verifica?>> Risponde la ragazza con un po' di speranza

<<Sì che puoi>>le dice con un sorriso.<<ma non è detto che accada. Se migliorerai un po', andrà già bene. L'importante è che insisti e che continui a studiare, meglio di così però, con più attenzione e più rigore>>.

Un'altra mia compagna decide di intervenire: <<E io mi posso fare interrogare già domani?>>

<<Un attimo, un attimo... Non è questo il punto: non è il "rimediare" subito, la questione. Il punto è crescere con calma e imparare con pazienza il greco e farsi interrogare domani non serve a niente. Serve lavorare tutti i giorni; non solo oggi pomeriggio, perché ci sei rimasta male...>> Dice alzando le mani

<<Ma ce la farò, un giorno, a prendere 6?>> Dice triste

<<Certo che sì>> Dice convinta la professoressa <<io sono sicurissima che ce la farai. Però dovrai studiare sempre, tutti i giorni, non solo quando decidi di farti interrogare. Il segreto è stare attenti in classe, chiedere quando non si capisce, studiare bene a casa, senza mai fare i furbi. E allora vedrai, sono sicura che ce la farai presto>> Dice prendendo la valigetta per la fine dell'ultima ora. Prendo lo zaino, saluto la professoressa ed esco dalla classe. Vedo la professoressa che guarda le versioni di quelle due ragazze, si vide che ha mentito. Che non è sicura di niente è sicuro, ma insomma è ovvio. Però ci spera: perché è possibile che non ce la facciano né l'una né l'altra, o forse che ce la faccia una soltanto, o forse tutte e due. Mi allontano dalla classe e vedo quelle due ragazze che ridono in modo squillante. Una cerca di abbassare la scollatura; l'altra le indica il ragazzo di quinta che sta passando in corridoio e che piace a tutte e due. E tutte e due , che poco fa piangevano a dirotto, ridono di una risata che solo alla nostra età si può avere. Quando sperare è un po' come essere sicuri. Quando basta che qualcuno ti dica che non è grave per credere subito che non sia grave. O forse, anche per loro come per me, basta a fare almeno un po' finta di credrerlo.

Esco dalla scuola e finalmente respiro aria pura e fresca. Non vedo la macchina di Edward, evidentemente oggi non mi darà un passaggio, va bene così. Cammino lentamente per la strada che mi porterà a casa con gli auricolari, i miei migliori amici quando le mie amiche non ci sono.

<< Primula!>>

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Ciao ragazzi, ecco un nuovo capitolo. Ho voluto dedicare questo capitolo alla mia nonnina che purtroppo è andata via con una brutta malattia. Spero vi piaccia. Come sempre spero di ricevere dei commenti e consigli...anche qualche stellina (🤫😂❤️)

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