VI. Prima Parte

«Everard!» urlò Lia scuotendo il fratello ancora avvolto dalle pesanti coperte, mentre Amelina spostava le tende per far entrare la luce del giorno. «Everard! È la vigilia di Natale! Ti devi svegliare! Dobbiamo fare l'albero tutti insieme ricordi?» urlò ancora più forte la bambina spingendo il fratello, il quale borbottò qualcosa girandosi d'altra parte. Fu a quel punto che, sbuffando, Amelina prese la caraffa d'acqua appoggiata sulla scrivania e la rovesciò sul viso del fratello minore che si alzò a sedere di scatto. Infreddolito e parecchio furioso.

«Mi hai schizzato!» urlò Lia infastidita cercando di asciugarsi il vestito, ma Amelina la liquidò con un'alzata di spalle tornando a guardare il fratello con espressione truce.

«Sei il solito cretino, Everard» esclamò Amelina scuotendo la testa e facendo così uscire qualche ribelle ciuffo scarlatto dall'enorme acconciatura. «Hai una faccia orribile.»

«Perché mi hai rovesciato l'acqua addosso? Ci saranno zero gradi fuori!» protestò Everard cercando di asciugarsi, ma tenendo lo sguardo fisso in quello di Amelina. Avevano circa un anno e mezzo di differenza i due fratelli, ma come Thomas e Mirielda anche loro si assomigliavano molto, tant'è che spesso i visitatori esteri li avevano scambiati per gemelli. Tuttavia Everard aveva sempre rivisto sua madre più che sé stesso in quei capelli rossi e nei grandi e verdi occhi indagatori della sorella. Ogni parte del suo corpo sembrava muoversi a ritmo di quello della regina, come se fosse semplicemente una versione più giovane di lei. E questo era il motivo per cui non aveva mai sopportato sua sorella Amelina, anche se odiava di più la presenza di Audry. Infatti, quando l'anno precedente si era sposata lasciando definitivamente la corte di Salem, aveva tirato un sospiro di sollievo.

«Questo non ti impedisce di dormire senza maglia» osservò Amelina indicando il petto nudo del principe. «E poi mi hanno riferito che è così che svegliano gli ubriaconi nei bar» rise divertita spostandosi verso la scrivania.

«Non sono ubriaco! Ho solo avuto degli incubi tremendi negli ultimi giorni, non riesco a dormire» borbottò Everard alzandosi dal letto.

«Dobbiamo andare a fare l'albero!» insistette Lia sbattendo i piedi mentre Amelina diceva con aria di sufficienza: «Certo, hai avuto degli incubi, anche papà le chiama così.»

«Si può sapere cosa vuoi da me, Amelina?» domandò ormai spazientito sedendosi alla scrivania dove staccò il telefono dal caricabatterie e controllò i messaggi.

«Cosa voglio da te? Ma ti senti quando parli, Everard? Te ne vai in giro a bighellonare come un ragazzino mentre qui c'è chi lavora! E hai una moglie a palazzo che non vedi mai, un matrimonio da organizzare. Un amore da coronare!» urlò la principessa.

«Io non amo Adelaide» rise Everard scuotendo il capo. «E non sono in giro, sono sempre chiuso qui dentro a lavorare!»

«Certo!» rispose di getto la sorella, le vene del viso in rilievo da quanto era furiosa. «Sei solo un egocentrico ragazzino. Diventa un uomo una buona volta! Sei un principe, hai pensato a cosa succederà a Salem se loro ti fanno fuori senza aver prima concepito un erede maschio?»

Everard alzò appena lo sguardo dal cellulare. «La principessa Audry sarà bravissima un giorno come regina, avrà il suo splendido erede e vestirete tutti di rosso... il suo colore preferito.»

«Basta sgridarlo!» intervenne Lia ormai spazientita. «Everard, vieni giù come me?»

Amelina si lasciò andare in un urlo sommesso portandosi le mani ai capelli. «Cerca di crescere, Everard e comportati da uomo! Sii il principe che il regno vuole e smettila di pensare a cosa vuoi tu! A nessuno frega se non ami la principessa Adelaide! Impara ad assomigliare un po' di più a nostro padre!»

Al suono di quelle parole Everard cominciò a ribollire di rabbia, ma non volendo restare intrappolato ulteriormente in una conversazione che gli aveva già fatto venire il mal di testa, afferrò il maglione appoggiato alla sedia e uscì di corsa.

«Dove stai andando?» urlò Amelina mentre Lia correva all'inseguimento del fratello.

«Devi venire nel salone come me, oggi è la vigilia e dobbiamo mettere tutti insieme le decorazioni! Sarà divertente! Non facciamo mai nulla tutti insieme!» esultò Lia mentre scendevano le scale. Solo dopo essersi infilato a fatica il maglione Everard si girò a guardare la sorellina.

«Non mi va di rimanere chiuso nella stessa stanza con la mia famiglia» borbottò acidamente. In realtà Everard voleva solo nascondersi da qualche parte per poter dimenticare i terribili incubi che tormentavano le sue notti. Solitamente si trattava di Mary appesa per il collo in piazza. Un brivido gli percorse il corpo, forse per questo Lia gli afferrò la mano senza dire nulla, gesto che venne ricambiato da Everard.

Erano quasi arrivati in fondo alle scale quando la porta principale si spalancò mostrando la figura longilinea di Audry Wardwell. Accanto a lei si trovava suo marito e un mucchio di servitori intenti a portare bagagli quasi più grossi di loro.

«Certo che hanno bisogno di un sacco di cose per due settimane» commentò sottovoce Lia facendo ridere Everard così forte che disgraziatamente attirò l'attenzione di Audry. Lo sguardo che riservò al fratello fu talmente penetrante che spense immediatamente la sua risata.

"Ed ecco che entra in azione la vipera" pensò il principe scendendo gli ultimi scalini e facendo un veloce inchino al marito di sua sorella, il quale ricambiò il gesto. Everard aveva visto quell'uomo solo due volte prima: il giorno delle nozze e quando era stato presentato ufficialmente al re. Tuttavia lo aveva sempre trovato un tipo interessante, probabilmente perché parlava la loro lingua quasi meglio di Audry o perché aveva sempre qualche nuova storia sul suo regno da raccontare. Oltretutto la sua pelle scura, come i capelli, e il viso scolpito in ogni dettaglio facevano apparire Audry ancora più cadaverica o bruttina e questo la faceva sfigurare nelle foto ufficiali. Ovviamente era un dettaglio che aveva sempre fatto irritare la maggiore delle Wardwell, sentimento che invece faceva gongolare il principe dalla soddisfazione.

«Sei sempre peggio, Everard» sputò la sorella maggiore parandosi davanti a lui e sfiorando con le dita l'etichetta che spuntava sul colletto del fratello. «Fra meno di quindici minuti arriveranno i giornalisti per immortalare il momento in cui addobberemo questa casa come una vera famiglia, come ogni abitante di Salem, e guarda un po' il nostro principe! Lui si presenta all'ingresso con il maglione al rovescio, i capelli bagnati e senza scarpe, come i barboni che dormono fuori dai peggiori bar del regno.»

«Per questo devi ringraziare Amelina» rispose Everard senza scomporsi, anche se dentro stava cominciando a morire lentamente. Quella notte aveva dormito circa un'ora e appena alzato era stato sommerso di critiche a non finire. "Comincio a essere stufo di tutto questo!"

«Questi solchi neri sotto i tuoi occhi sono terribili, sembrerai un drogato nelle foto! Everard, dopo la tua scenata davanti al popolo o a quelle... streghe, il minimo che puoi fare è renderti presentabile!» lo rimproverò ancora Audry. Stava per aggiungere qualcos'altro, ma con grande sollievo di Everard si bloccò osservando a bocca aperta qualcosa alle sue spalle. Subito dopo però Audry si ricompose e spostò malamente il fratello di lato per raggiungere la ragazza davanti all'ultimo scalino.

«Voi dovete essere la principessa Adelaide!» esclamò Audry con un sorriso così finto da essere quasi spaventoso. «Siete addirittura più incantevole che in foto! Mio fratello è immensamente fortunato ad aver conquistato il vostro cuore.»

Everard alzò un sopracciglio mentre Lia sbuffava spazientita.

«Al contrario, Lady Audry, sono io ad essere fortunata» disse Adelaide con voce mielosa, tanto fastidiosa quanto quella della sorella, alle orecchie di Everard.

«Non siate sciocca!» rise Audry girandosi verso il fratello con sguardo minaccioso. «Il vostro futuro marito sarà costantemente ubriaco, dormirà con tutte le donne del regno e sicuramente non è capace di fare l'uomo. Direi che peggio di così non poteva andarvi!»

Everard aveva ormai esaurito ogni energia mentale per sopportare altre critiche, così, senza molti complimenti, si diresse nella direzione opposta ignorando Adelaide che lo chiamava spazientita.

"Mi faranno diventare matto!" pensò mentre una bambina si affiancava a lui sorridendo.

«Avevi promesso di fare l'albero con me!» insistette Lia cercando di mantenere il passo del fratello. «Lo sai che non mi diverto se tu non vieni!»

«Va bene!» esclamò esausto bloccandosi di colpo. Non riusciva a dire di no a sua sorella.

«Sì!» esultò Lia afferrandolo per la mano. «Dobbiamo tornare di sopra. Ti devi cambiare prima!» continuò strattonando il fratello, non fecero però nemmeno in tempo a svoltare l'angolo che finirono dritti davanti alla regina. Bellissima e perfetta come al solito, guardò entrambi dalla testa ai piedi.

«Prima di giudicare, madre, sappiate che ho avuto degli incubi!» dichiarò Everard ormai furioso. Era possibile avere un po' di pace in quell'immenso castello?

«Incubi? Scommetto che hanno nomi e cognomi questi incubi» rise la regina, ma Everard cominciava a trovarla ripetitiva. «Sei sempre più simile a tuo padre.»

E quello fu il colpo di grazia che uccise completamente Everard, ormai aveva voglia solo di nascondere la testa da qualche parte e restare lì per sempre. Così, appena la madre si fu allontanata con passo aggraziato, si infilò nella prima porta aperta.

«Evert! Dove stai andando? Lo sai che non puoi scendere qui! Everard, mi stai ascoltando? Papà è stato chiaro non possiamo...» Improvvisamente però Lia si bloccò, forse perché erano finalmente arrivati in fondo alla scala. «Wow! Dove siamo?» chiese stupefatta guardando il fratello, il quale sorrise soddisfatto.

"Non è mai stata nelle cucine, che cosa buffa!" pensò tra sé, ma in fondo non ci vedeva nulla di strano: Lia era sempre stata più ubbidiente di lui e poi non aveva Thomas e Mirielda con cui fare marachelle.

I cuochi, fino in quel momento impegnati nel loro lavoro, si girarono tutti verso la porta e nella stanza calò magicamente il silenzio. Un attimo dopo una decina di persone stavano facendo un profondo inchino che Lia ricambiò con una bellissima e armoniosa riverenza, degna della principessina quale era.

"Lia è sempre così dolce" pensò Everard incapace di distogliere lo sguardo dalla figura della sorella. "Chissà come ci riesce?"

«Vostra Altezza Reale» disse un uomo ben piazzato facendo segno ai colleghi di alzarsi e avvicinandosi ai due principi. «Milady» aggiunse osservando Lia, la quale si sentì subito in suggestione dalla figura possente dell'uomo e si trovò a stringere la mano del fratello.

«Non devi aver paura» la rassicurò Everard. «Lui è il signor Osborne, quando ero piccolo come te lavorava qui e mi preparava sempre la cioccolata calda di nascosto.»

«Davvero?» domandò Lia con gli occhi che luccicavano e facendo così ridere non solo Everard, ma anche Alexander.

«Come mai è al lavoro anche oggi? Credevo che si occupasse solo del matrimonio» osservò Everard un po' confuso, gestire il personale era compito suo e non si ricordava di aver messo in servizio il signor Osborne per le feste.

«Sua Maestà, mi ha chiesto di aiutare. Ovviamente mi ha offerto un contributo che non potevo rifiutare» rispose Alexander sorridendo. «Non vi ha detto nulla il re?»

«Deve essergli sfuggito...» mormorò Everard, che però cominciava a temere di essere stato messo da parte.

«Stavo facendo la torta per questa sera, principessina volete assaggiare la glassa al cioccolato? Potete leccare il cucchiaio se volte!» disse Alexander piegandosi verso la bambina. «Resti tra noi, è più buono leccato direttamente dal cucchiaio» aggiunse facendo ridere Lia.

«Posso?» domandò lei girandosi verso il fratello maggiore e implorando per un sì.

«Qui dentro è il signor Osborne il re e se dice che puoi, allora chi sono io per dire di no?» chiese lui sorridendo.

«Grazie!» disse Lia saltellando per la cucina.

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