70. Vittima
♫ Bebe Rexha – I'm a Mess ♫
Non sapevo come comportarmi chiusa in quella scatola di metallo con Emma al mio fianco, intrappolata in un corpo che sudava e fremeva allo stesso tempo. Trattenevo il fiato con lo sguardo fisso sulla strada. Mi sentivo soffocare e avrei portato le mie mani ad abbassare il finestrino girando l'apposita manopola, ma non ci riuscivo: ero troppo occupata a stringerle come due tenaglie fermamente adese al mio corpo. Sembrava essere l'unica cosa capace di tenermi cosciente.
Eppure, io sapevo perché ero lì. Non si trattava di me, neanche di Emma. Ero corsa verso quella realtà che mi spaventava solo perché c'era in ballo Dylan. Senza pensarci due volte lo avevo fatto, in un modo o nell'altro, era lui il motivo di tutto.
«Perciò... Dylan è... cioè sembrava... preoccupato per te?» mi voltai quel tanto che bastò per poter promulgare uno sguardo pieno di disgusto. Cosa stava cercando di fare? Conversazione?
«Ti interessa veramente saperlo o è solo un modo per sondare il terreno per una possibile nuova preda?» indugiai più del dovuto con i miei occhi fissi nei suoi. Quelle pozze blu sembravano aver assorbito il colpo. Emma ritornò a osservare la strada di fronte a sé.
«Assolutamente no. Ero solo convinta del fatto che ci fosse qualcosa di più dell'odio nei miei confronti. Ho letto altro, magari lui...»
«Ti stronco sul nascere. Non dire più una parola a riguardo. Hai perso il diritto di fare domande sulla mia vita quando hai deciso di tradirmi. Perciò rispondi solo a quelle che ti porrò, non andare oltre. Non mi interessa.» Ero stata dura, ma era la verità. Non ne volevo sapere di ciò che lei potesse pensare della mia vita o di chi ancora ne facesse parte. Mi lasciai cadere a peso morto sulla tappezzeria del sedile, voltando lo sguardo verso l'esterno. Ero riuscita a liberare le mie mani da quella specie di paralisi in cui mi ero ritrovata non appena avevo messo piede nell'automobile.
«Va bene. Non commenterò più nulla della tua vita, ma almeno ho ancora il diritto di parlare della mia?» Ripropose sarcastica. Quella volta non mi voltai.
«Ciò non significa che io sia disposta ad ascoltare.» Sarei dovuta rimanere più lucida e fredda possibile. Solo in quel modo avrei evitato di cadere nel baratro della disperazione.
Sentii Emma sbuffare sorniona. Non era la risposta che si aspettava. Era incredibile come in una manciata di giorni eravamo passate dall'essere il fuoco che riscaldava le notti delle nostre vite, al vento gelido che lo avrebbe spento per sempre.
«Si tratta di Nathan, in realtà. Ho provato più volte a contattarlo, ma non mi ha mai risposto: non una chiamata, neanche un messaggio. Credo che questa volta non mi perdonerà e non basteranno tutti gli occhi dolci del mondo per poterlo fare. So di meritarmelo, ma questo... voi che eravate tutto per me. Non pensavo che saremmo arrivati a tanto, neanche che le mie azioni avrebbero avuto tali conseguenze. Credo sia il prezzo da pagare per essere caduta nella trappola di Richard Whitemore.»
Mi voltai di scatto perché ciò che stava dicendo probabilmente era la cosa più ridicola che le avessi mai sentito pronunciare. Afferrai con forza la sua mano accerchiandola con le mie dita affusolate. Di tutta risposta Emma inchiodò facendoci sobbalzare sul sedile. Mi osservò languidamente muovendo convulsivamente i suoi occhi per capire quali fossero le mie intenzioni.
«Mi vuoi forse far credere che tu sei una vittima di Richard e non la carnefice che ha rovinato tutto?» le chiesi con la voce quasi rotta dal pianto. Sarei probabilmente scoppiata da un momento all'altro in quella scatoletta con le ruote, per giacere sulla spalla di Emma così come avevo sempre fatto. Serrai gli occhi in attesa di una sua qualsiasi mossa. La stavo analizzando come stava facendo lei da sotto le sue lunghe ciglia. Eravamo in guerra e solo una ne sarebbe uscita indenne: chi si sarebbe mostrata superiore.
Un rumore di clacson terminò quegli istanti. Emma si liberò della mia presa e come se nulla fosse rimise in moto. Eravamo nel vialetto di casa. Mi strofinai gli occhi per evitare che anche solo una lacrima ne fuoriuscisse.
Continuai a osservarla fino a che l'automobile non fu correttamente inserita accanto al marciapiede. Spense il motore rilassandosi: buttò la testa all'indietro e socchiuse gli occhi.
«Non dico che devi crederci adesso, ma sì. Sono una vittima di Richard tanto quanto lo sei stata tu.» Voltò il suo sguardo verso di me. «Ti racconterò tutto di sopra. Va' pure, ti raggiungo subito. Devo solo prendere una cosa.» Sorrise timidamente per poi ritornare con l'attenzione alla vettura. Io, d'altro canto, non me lo sarei fatta ripetere due volte: mi allontanai da lei il più presto possibile.
E se avessi frainteso tutto? E se non avessi fatto altro che puntare il dito contro la persona sbagliata? Se ciò che mi aveva appena rivelato fosse corrisposto a verità allora non avevo fatto altro che odiare qualcuno che non centrava niente, nutrendo il mio animo con nefandezze solo per poter trovare un colpevole su cui riversare tutto. E mentre le mie mani tremavano nell'inserire la chiave nella toppa della porta di ingresso, mi chiesi se forse, Emma, se lo fosse davvero meritato il mio odio.
Abbassai le palpebre aprendo quella dannata serratura con un sol colpo.
Lasciai frettolosamente la borsa sul divano con annessa giacca. Non mi preoccupai di sedermi, anzi, rimasi come uno stoccafisso a torturarmi le mani proprio davanti l'ingresso. Nervosamente spostai lo sguardo per tutto il salone. Non c'era più nessuna traccia di Emma, niente sue foto, neanche il portachiavi che giaceva sempre sopra il tavolino di legno del salotto, per non parlare del caricabatterie del cellulare o di qualche sua maglia messa ad asciugare su un bracciolo della poltrona perché considerava l'aria di Los Angeles troppo umida, capace solo di rovinare i suoi capi di abbigliamento. Ero finalmente riuscita a liberarmi di ogni minima parte di lei ed eccola che ripiombava nella mia vita come se nulla fosse.
Stressai le mie braccia frizionandole con le mani: avevo improvvisamente freddo. Mossi un paio di passi dapprima verso la porta spalancata e poi indietro. Non ce la facevo neanche a vedere se stesse salendo le scale. A tal punto mi girai. Era inutile starci troppo a pensare. Volsi le spalle all'uscio rimanendo immobile con gli occhi chiusi, regolarizzando il mio respiro. Presi un'enorme quantitativo di aria quando udii la porta venir chiusa con un colpo secco.
Era il momento.
Lentamente mi voltai con ancora le braccia strette attorno al mio fragile corpo, che si sarebbe frantumato molto presto.
Emma si morse un labbro abbandonandosi con la schiena contro il freddo muro.
«Non mi avvicinerò se è questo che ti preoccupa. Volevo parlarti perché ho bisogno che tu sappia tutta la verità.» Sorrisi nervosamente.
«Quale verità? Quella in cui sei finita per sbaglio tra le braccia di Richard, mentre mi raccontavi di come avrei potuto conquistarlo?» Emma piegò la testa in avanti. Non rispose, anzi, si mosse. Non per venirmi incontro, ma per sedersi sul tappeto al centro del soggiorno. Accavallò le gambe ponendo il suo vecchio pc sul tavolino. Non mi ero neanche accorta che lo avesse con sé, troppo affaccendata a pensare a cosa quel nostro incontro avrebbe portato.
Lo aprì, estraendo dalla tasca dei suoi jeans una pendrive, che inserì nell'apposita porta multimediale. La osservai attentamente in ogni suo piccolo gesto.
Iniziò a digitare qualcosa sulla tastiera fino a che, a un certo punto, smise. Si fermò a fissare lo schermo per istanti interminabili con gli occhi languidi e i brividi a fior di pelle. Alla fine decise di abbassare le sue braccia, che erano state in tensione da fin troppo tempo, portandole ai lati del computer e stringerlo tra le sue dita.
Lentamente lo voltò verso di me e, senza mai guardami negli occhi, iniziò a parlare.
Non capivo ancora dove volesse andare a parare. Di certo quello strano comportamento suscitò in me curiosità. Mi lasciai scivolare tremante rilassando i muscoli. Mossi un passo in avanti puntando con i miei occhio lo schermo del pc. Vi era un triangolo bianco racchiuso in un cerchio nel bel mezzo di un fondo scuro.
Era un video ciò che stavo per visionare?
«Vuoi sapere perché andavo a letto con Richard?» mi chiese Emma trovando il coraggio di incrociare gli sguardi. Sobbalzai, ma non dissi nulla. Semplicemente annuii pronta a qualsiasi evenienza. La bionda alzò un angolo della bocca con rammarico. Premette la barra spaziatrice direttamente dalla tastiera e facendo così partire il video.
Mi avvicinai un po' di più con il busto per poter capire di cosa trattasse. E un altro passo ancora. Fino a toccare con le ginocchia il pavimento ricoperto dal tappeto.
Non potevo credere ai miei occhi e alle mie orecchie.
Il filmato iniziava con Richard che fissava la telecamera, la stava probabilmente aggiustando su una qualche mensola. In primo piano c'era solo il suo viso, nient'altro che il suo volto e quei maledetti occhi di ghiaccio che sorridevano. A completare la figura angelica c'erano persino le sue labbra rosee, capaci di pronunciare parole inaudibili.
Solo quelle immagini bastarono a disgustarmi, eppure, il meglio, sarebbe ancora dovuto arrivare. Il biondo fece un occhiolino, muovendo poi un paio di passi all'indietro così da uscire dall'inquadratura, saltellando, mentre la voce femminile di Emma chiedeva "Richard, dove sei? Torni a letto?"
A cosa stavo per assistere?
Alzai il capo solo per poter capire se il mio intuito si era mosso nella giusta direzione, ma gli occhi di Emma non avevano voglia di incontrare i miei. Aspettavano in silenzio, quello stesso silenzio che mi stava divorando.
Ritornai con l'attenzione al filmato. Richard si era allontanato e al suo posto figurava in bella vista un letto a doppia piazza in una camera davvero lussuosa. L'inquadratura non era perfetta come neanche la qualità della ripresa: sembrava essere stato registrato all'ultimo minuto, in maniera clandestina. A darmene certezza fu la presenza di Emma nel video.
Ed eccola lì, tra le lenzuola tutta sorridente e... completamente nuda. Richard ricomparve nel campo visivo. "Perché te ne sei andato? Non avevi detto che dovevamo fare un secondo round?" chiese sensualmente, mentre sfiorava con una mano il petto di Richard e se lo mangiava con gli occhi. Il biondo rispose che si stava preparando proprio per quello. Si avvicinò gattonando verso il corpo di Emma, si abbassò gli slip, poiché vestito solo di quello, per poi afferrare la ragazza e stringerla a sé. E mentre la bionda veniva catturata dai baci di Richard, buttando la testa all'indietro, lo psicopatico fissò per un'ultima volta la telecamera dritta nell'obiettivo e, maliziosamente, sorrise per la vittoria.
Non ne potevo più. Era troppo. Abbassai all'improvviso lo schermo del pc balzando via a causa della repulsione e la nausea che stavo provando.
«Che cosa era?!» strillai come una ragazzina. Mi feci aria con la mano. Era la mia pelle a essere imperlata di sudore e ad avere i brividi.
Poggiai una mano sulle tempie incamminandomi avanti e indietro per il soggiorno.
«La prima volta che ti ho raccontato di aver incontrato Richard è stata tutta una grossa bugia. L'ho conosciuto per caso a una festa dell'Accademia di moda, questa estate. Lo avevano portato lì Greg e Steven in quanto sarebbe stato un posto pieno di modelle. Non ho alcuna scusa per quella notte. Sapevo perfettamente chi fosse, me ne avevi raccontate così tante su di lui e di come ti piacesse. Per questo ebbi la geniale idea di parlarci: volevo mettere una buona parola per te e presentartelo. E così feci. Gli dissi il tuo nome e gli raccontai di quanto tu fossi una fantastica e brava ragazza. Ma lui rispose che in quel momento lui non cercava una fantastica e brava ragazza con cui passare del tempo.»
Mi sedetti per terra perché mi caddero letteralmente le gambe e le braccia. «Voleva qualcuno con cui spassarsela e tu non ti sei tirata indietro nonostante sapessi di me. Hai ragione, non hai scusanti a riguardo. Ecco del perché di una tua foto nuda nella macchinetta di Richard. Altro che servizio fotografico. Lo facevi solo per scopare.» Il mio tono risultò molto più acido di quanto volessi far trapelare. Ero semplicemente sconfortata e profondamente ferita. Scossi la testa sconvolta, cosa voleva da me ancora? Ferirmi? Era lì per questo?
«Sì. E non ti biasimo se non dovessi mai riuscire a perdonarmi quest'errore. Quella sera sarebbe stata solo una cosa da una notte via, un passatempo. Eravamo due adulti consenzienti e mi aveva espressamente assicurato che tu non fossi il suo tipo. Tecnicamente non pensavo ci sarebbero state conseguenze. Un giorno te lo avrei raccontato perché abbiamo sempre fatto così. Hai sempre ascoltato le mie assurde stronzate e con lui non ci avevi mai neanche parlato. Non avrei mai pensato che sarebbe andata in tutt'altra direzione. Purtroppo per me, però, è stato un grave errore: aveva piazzato quella telecamera al fine di riprendere la nostra intimità senza che ne fossi a conoscenza. Come hai potuto vedere è un bel video integrale del mio corpo nudo. Bella stupida che sono stata, vero? Me lo merito? Forse. Ma da quel giorno le cose non hanno fatto che peggiorare perché dopo qualche tempo si è ripresentato in Accademia iniziando a minacciarmi e a ricattarmi. Disse che all'improvviso avrebbe tanto desiderato vedere come fosse la mia coinquilina, quella brunetta, la brava ragazza perché "non ne aveva mai provata una", mi disse, e che io lo avrei aiutato. Oppure avrebbe rovinato la mia vita postando online i nostri video.»
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