trentatré - 𝚏𝚒𝚊𝚋𝚊

𝚒𝚜𝚊𝚊𝚌 𝚜𝚙𝚒𝚍𝚎𝚛

Il tempo pare bloccarsi.
Seb diventa di pietra, mentre sussurra quell'unica parola: «Padre.»

Ha un nodo in gola ed è evidente quanto odi quell'uomo da come stringe i pugni. Mi fa cenno di stare dietro di lui e lo assecondo, benché non abbia la più pallida idea del perché si stia comportando così.

Sta tremando...
Gli accarezzo la schiena per provare a incoraggiarlo in qualche modo e, con mio grande sollievo, Seb si rilassa un pochino. Il corpo non smette di fremere, ma ricomincia a respirare quasi normalmente. Dura molto poco però, perché i suoi passi cominciano a rimbombare per il corridoio.

"Ma che è 'sto film horror?"

«Sei in casa, vero?» domanda il signore, avanzando. Sbuca subito dopo dal fondo della sala.

Appena vede il figlio, il suo volto si illumina e gli spunta immediatamente un sorrisone bonario.

Non mi piace.
Penso, perché ho la sensazione che quella sia solo una maschera.

Sebastian è estremamente protettivo mentre, con il braccio, mi fa da scudo. Suo padre si rivela un uomo piazzato, sulla cinquantina. Ha i capelli neri, tinti e scurissimi, portati con la barba incolta e trasandata.

L'odore di alcol mi stuzzica le narici, ma è mischiato a qualcosa di più ferroso, che punge. Mi viene da starnutire.

«Salute!» esclama il signore, ma non mi sogno nemmeno di rispondere.
«Sebastian, non mi avevi detto che invitavi un amico.» sottolinea l'ultima parola con un forte accento italiano e, per qualche ragione, Seb non la prende bene.

«Quali amici? Scopiamo e basta.» ribatte senza vergogna, allontanandosi da me per andargli incontro. Spalanco la bocca, sconvolto.

Scusa!?

Mi viene da urlargli che è uno stupido idiota, ma qualcosa mi dice che non lo intendeva sul serio. È come se avesse messo un muro fra noi, tagliandomi fuori dalla sua vita per rispondere a una provocazione.

Ora è Sebastian a indossare una maschera.

Rivolgo uno sguardo al padre, che abbraccia il figlio come se gli volesse tutto il bene dell'universo. Indietreggio, intimidito. Mi pare di assistere a una brutta recita di genere thriller: ti accorgi che è solo finzione, eppure ti lascia un senso di inquietudine addosso.

C'è qualcosa che non va.

L'uomo mi fissa da sopra la spalla di Seb, quasi fossi una preda da sbranare. Ha il naso aquilino, gli occhi vispi di un ghepardo, talmente azzurri che per un attimo mi sembrano la versione adulta di quelli di Sebastian; poi però ci ripenso quando mi accorgo che nascondono una nota cattiva. Mi dà i brividi.

La luce del sole, che filtra dalle grandi finestre dell'appartamento, non lo rende meno spaventoso, mentre si stacca da Seb. Se possibile, direi che lo troverei meno terrificante al buio perché non noterei il suo completo nero, né quel rigonfiamento che gli preme sulla giacca.

È armato.
Realizzo.

Ha la parola pericolo incisa sulla fronte. È quel tipo di persona da cui, quand'ero piccolo, mamma mi raccomandava di stare alla larga.

Merda.
Ero già a conoscenza che Sebastian provenisse da quell'ambiente, però non mi aspettavo questa botta. Quello che ho davanti è un leader, non un sottoposto. Non un disperato senza scrupoli affamato di denaro, ma una tigre che punta alla giugulare della gente.

Ed è chiaro che si diverte parecchio a calpestare la vita altrui, se perfino un tipo come Sebastian abbassa il capo in sua presenza.

«Beh, è carino.» commenta infine quel verme bavoso e mi sento tremendamente sporco. D'un tratto voglio lavarmi con la candeggina: i suoi occhi sono viscidi e mi percorrono da capo a piedi.

«Lo so, per questo è mio.» Seb ridacchia. Non è la risata allegra e spensierata a cui sono abituato, questa è mischiata a del veleno. Eppure il padre non ci fa caso. Mi domando se lo abbia mai sentito ridere genuinamente.

«Non farlo vedere a tua madre allora.» ghigna l'altro.

Mi sto sentendo male. Tra poco vomito.

Seb forse se ne accorge, per questo torna da me e mi prende per il braccio, senza però alcuna gentilezza. Stringe forte, così tanto che sicuramente mi lascerà il polso rosso e dolorante.

«Con il vostro permesso, lo accompagno fuori.» mi rivolge un'occhiata di ghiaccio, quasi di disprezzo, ma non sta parlando con me.
Cazzo, mi trattano come se fossi fatto di plastica, come se non respirassi nemmeno!

«Fai pure.» concorda suo padre.
«Non voglio che certi mocciosi si intromettano nei miei affari e più tardi ho bisogno di te. Ti mando un indirizzo.» sbuffa, andando verso la sala.
«Oh, in futuro stai attento ai tuoi giocattoli: se fossi stato tua madre l'avrei già provato.» continua, sparendo dalla nostra vista.

Sono incazzato nero.

Lancio un'occhiata a Sebastian che, mentre mi trascina fuori, non mi guarda neanche.

Perché cazzo continuo a fidarmi di lui?

L'aria fredda di New York è come una sberla in pieno viso. Ne sentivo l'urgenza: dovevo riprendermi da quel torpore.

«Vai. Tuo padre ha bisogno di te.» sbotto, non appena usciamo da quella casa infernale. Ho i nervi a fior di pelle e tento di liberarmi dalla presa di Seb, ma lui mi fa cenno di star fermo.

«Non fare movimenti bruschi.» mi prega.
«Ci starà sorvegliando.»

Alzo lo sguardo verso la finestra. Non vedo nessuno, com'è ovvio dato che è un attico, eppure ora mi sento davvero osservato.

Di sicuro non ci metterò mai più piede dentro!
Mi dico, facendomi trascinare in un vicolo vicino. Forse Sebastian mi ha suggestionato, ma non voglio rimanere lì un secondo di più.

Quel verme schifoso!

«Non viene mai, ok? Di solito sta fuori città.» tenta di giustificarsi intanto lui, ma non cadrò per le sue moine questa volta.

Seb mi aveva già detto che la sua fosse una situazione difficile, però non mi sarei mai sognato che fossimo a questi livelli.

Ero convinto che non lo accettassero, che magari non lo apprezzassero abbastanza, non che irrompessero in casa puzzando di polvere da sparo e chissà che altro! Mi aspettavo una famiglia disfunzionale, rotta, anche criminale ma non...

Non ero pronto.

E poi il tono che quel vecchio bavoso ha usato per descrivermi!
Mi è tornata su la bile.

Non appena siamo abbastanza lontani, ordino alle farfalle che avverto nello stomaco di smetterla di rompermi i coglioni e mollo la mano di Sebastian. Lo precedo di qualche passo, incrociando le braccia al petto per ripararmi dal gelo. Solo che il freddo che provo è interiore e non riesco a scaldarmi.

"Suo padre era armato."
Mi ricorda la fatina, il che per un americano è quasi normale, ma di solito non ci portiamo le pistole in giro, soprattutto se sono solo per autodifesa.

E poi non sono nato ieri, quello è pericoloso!

«Isaac, parlami.» mi supplica Seb, ma lo liquido con un terzo dito molto sentito.

«Perché dovrei? I giochi non parlano.» ribatto duramente.

Mi sa che è stata la scelta sbagliata però, perché d'un tratto mi ritrovo inchiodato al muro di un edificio vicino con Sebastian che mi incombe davanti. Tiene le braccia ai lati del mio corpo, mi fissa duramente.

«Non lo dire nemmeno per scherzo!» mi sgrida.
«Tu non sei un gioco.»

«Davvero? Là dentro non sembravi pensarla così.»

La tensione si potrebbe tagliare con un coltello da burro, solo che la rabbia che sento si sta mischiando con qualcosa di più primordiale.

Oh...

«Zack, ti prego... Mi stai facendo incazzare.» sussurra e voglio un maledetto insetticida perché ho lo stomaco in subbuglio.

Merda, no! Non adesso!
Grido fra me e me, quando mi rendo conto che quello sguardo corrucciato e il tono severo mi piacciono da impazzire.
Ma che problemi ho!?

«Dovrei essere io quello incazzato.»

«Non capisci che l'ho fatto per te?» mi chiede.
«Se non ti avessi portato via da lì, non so che sarebbe successo.» continua, avvicinandosi così tanto che sento il suo respiro sulla bocca.

Com'è che si deglutiva?

«Ascolta.» sospira.
«Se non ti avessi trattato così, avrebbe capito quanto tengo a te e non posso permetterlo.» mi dice e so che dovrei prestare più attenzione alle sue parole che alla mia zona pelvica, però - merda! - se è carino!

"E ti preoccupi di me! Credo che tu abbia ben altri problemi, Zacchino."

Dio, voglio baciarlo.

«Avrà già trovato strano che ti sto riportando a casa.» Sebastian sta parlando più con se stesso che con me, a giudicare da come bisbiglia velocemente, da come si guarda nervosamente intorno.

"Vuoi biasimarlo? Stai pensando solo al suo sedere!"

«Starò un po' in giro, poi dovrò mentire e dirgli che ti ho... Merda.» sbuffa, frustrato, intrappolandomi con quei suoi maledetti occhi celesti.

Faccio un respiro profondo.
Concentrati.
Mi dico, nonostante abbia già una mezza erezione.

«Scusami, giuro che è per proteggerti. Merda, dovrò di nuovo...» dal tono, deduco che è schifato dalle sue stesse parole.
Almeno ho la certezza che si sia pentito.
«Devo giustificarmi in qualche modo con lui, non posso dirgli che ti ho riaccompagnato perché ero in pensiero, altrimenti capirebbe che mi piaci e-»

Lo interrompo, baciandolo piano. Gli sfioro appena le labbra, ma credo che abbia capito chiaramente in che situazione mi trovo, perché avvicinandomi ho premuto qualcosa contro la sua coscia.

«Aspetta... Tu... Ora!?» è incredulo.
«Perché!?»

È bello anche quando va nel pallone.

«Respira.» lo freno, vedendo che sta partendo per la tangente. Gli prendo il volto fra le mani, lo accarezzo lentamente con i pollici. Lui socchiude gli occhi, inspira, espira.
«Hai detto che ti piaccio?» soffio sulla sua bocca e Seb trattiene il fiato.

«Come amico!» esclama, spalancando le palpebre di colpo, con una vocetta stridula che non gli si addice per nulla.

Certo, immagino che non voglia che mi faccia strane idee.

"Oddio, non so. Si tratta dello stesso ragazzo che ti ha pregato di rubarlo al mondo." fa la fatina, limandosi le unghie con un tappo del dentifricio completamente fatto a pezzi.

Non devi intervenire per forza, lo sai?

«Isaac?» mi chiama Sebastian.

«Mi sono distratto, lo so.» sospiro.

O litigo con la mia psiche già mezza andata o mi concentro su di lui.

Gli faccio cenno di darmi un attimo.
Mi prendo qualche secondo, mi dico che devo tenere i miei impulsi a freno. Ciò che ho nelle mutande deve rimanere lì. Comunque non è molto rassicurante sapere che certe cose mi eccitano.

«Puoi spiegarmi perché è un problema se tuo padre sa che siamo amici?» chiedo infine, godendomi il suo profumo di bagnoschiuma. Mi sta permettendo di toccarlo quanto mi pare e avverto i primi accenni di barba premermi contro i polpastrelli. È un gesto così intimo e Seb lo sta davvero concedendo a me.

«Isaac, se continui così saremmo in due con un problema di erezione.» mormora.

«Mmm.» ribatto.
«Non hai risposto alla domanda.» mi avvicino piano, gli premo le labbra sulla gola.

Lo bacio, lui inspira fra i denti. La sua pelle è salata, avverto il sapore del sudore sulla lingua. Dovrei decisamente legarlo a un letto e non permettergli più di uscire dalla stanza.

«Che lavoro fa di preciso? Non tutti se ne vanno a zonzo con una pistola.»

Non mi risponde subito. Immagino che sia troppo impegnato a respirare irregolarmente. Adoro l'effetto che gli faccio.

«Te ne sei accorto?» borbotta infine.

E questo sarebbe un ragazzo etero felicemente fidanzato? Non prendiamoci in giro.

«Sono daltonico, non cieco.»

«È un poliziotto?»
Mi stacco. Lo guardo male.

«Credi che sia stupido?» lo lincio.

«Sei qui a sbaciucchiarmi nonostante quello che è appena successo.» alza un sopracciglio.

«Touchè.» distolgo lo sguardo.

«Isaac... Non posso dirti che lavoro fa.»

"È un gangster." prova a indovinare la fata.
"O qualcosa del genere. Dubito che uno così faccia l'avvocato o l'imprenditore."

Magari è solo eccentrico.

"Davvero, Isaac? Vivi nel mondo dei puffi, per caso?"

«Lo sai, non ne vado fiero.» aggiunge Seb, vedendomi zitto. Il suo tono è talmente triste che basta a riscuotermi. Mi si stringe il petto.
Si stacca da me subito dopo, lasciandomi al freddo abbraccio del vento.

Ma cosa sto facendo?
Mi chiedo.

Mi lancia un'occhiata sofferente, si mette le mani in tasca.
Non si è nemmeno messo una maglia, starà gelando e io lo fisso come se fosse un pezzo di carne!

"Ti ha detto che sei un oggetto, come fai ad avere i sensi di colpa?"

Ah, ma stai zitta!

Sebastian comincia a camminare lungo la via, consapevole che lo seguirò, e infatti l'attimo dopo sono al suo fianco. Mi tolgo la felpa, deciso.
Per sua fortuna sotto ho un'altra maglia e poi vesto extra-large, quindi dovrebbe stargli giusta.
Gliela porgo senza dire nulla, lui se la infila in silenzio.

"Leggermente patetico."

Come se ci potessi fare qualcosa!

«Grazie.» sussurra, dopo qualche passo.
«E mi dispiace.»

«Ultimamente non fai altro che scusarti.» gli faccio notare.

Nessuno dei due aggiunge altro. Il vicolo è stretto e silenzioso, ma i clacson delle auto e le voci della gente sono davanti a noi. Quando incontreremo quel caos ci separeremo.

E forse allora potrò calmarmi, pensare a sangue freddo a quanto sia schifoso suo padre e a come non averci più a che fare senza rinunciare a Sebastian.

"Ma allora sei fissato! La maggior parte delle persone scapperebbe!"

Come se potessi rinunciarci così facilmente! Lui sarà mio, punto.

"Non so se la tua è dedizione o pazzia."

Sto parlando con te, vedi tu.

Seb allunga una mano, gliela stringo senza esitare.
Più avanti c'è una zona di sosta dei taxi, stiamo andando lì. Non serve metterci d'accordo, ci conosciamo così bene che perfino i nostri passi sono sincronizzati.

«Domani lavori?» decide di rompere improvvisamente il silenzio.

Credo che questa atmosfera sia diventata pesante anche per lui.

«Sì.» socchiudo gli occhi, sentendomi estremamente stanco.

Apatia. Assenza di emozioni.
Penso.
Prima mi sono fatto pervadere dagli impulsi, ma non è strano che la mia rabbia sia scomparsa così velocemente?

Dovrei aver paura di ciò che sto diventando, ma la mano di Seb è tanto calda, mi dà una certa sicurezza. Se non fosse rimasto con me, forse starei avendo un attacco di panico. Voglio dire, una persona normale non avrebbe lasciato correre così facilmente, giusto?

"Ironico che il tuo veleno sia pure la cura."

«E la sera?» mi domanda ancora, giocherellando con il bordo della felpa scura, che gli calza a pennello.
«Sei libero?»

«Penso.»

«Allora vengo a prenderti?» mormora, timido.
«Sempre se ti va di stare con me...»

Seb, ho una cazzo di erezione per colpa tua!
Penso, ma non glielo dico. Sono già abbastanza incasinato così.
E poi immagino che stia volutamente ignorando la cosa.

«E se rimaniamo a casa mia?» propongo.

Scommetto che Sebastian farebbe schifo a FaeFarm: mi divertirebbe vederlo impacciato, mi manca terribilmente la nostra quotidianità.

«Ci sono i tuoi?»

«I miei-» faccio per ribattere, ma poi mi interrompo.
Non mi dire...
«Vuoi farlo?»

«Tu no?» chiede, azzardando un'occhiata alla mia zona genitale. Arrossisco.
«Adoro tua madre, ma se mi trovasse nudo nel tuo letto, penso che darebbe di matto. Sono pur sempre in punizione.» mi fa l'occhiolino.

«E di chi è la colpa?» gli do un pugnetto sulla spalla.

«Dai, non dirmi che non vuoi.» ghigna.
«Possiamo riprendere da dove ci siamo interrotti e-»

«Non ho mai detto di no.» sbuffo.
«Ma non voglio tornare a casa tua.»

Mi dispiace rovinare l'unica nota allegra di questa maledetta giornata, ma sto solamente dicendo la verità.

Seb mi osserva come a dirmi: non avevamo deciso di cancellare ciò che è successo là?
E vorrei davvero accontentarlo, solo che non ci riesco.
Quante cose non dette dobbiamo accumulare?

«Comprensibile.» borbotta infine.
«Hotel?»

«Lo sai che la cosa non finisce qui, vero?» lo guardo, lui sussulta.

«Almeno non parliamone oggi.» mi supplica.

Ma perché sono così debole a quest'uomo?

«Ti ricordo che in teoria sei impegnato.» dico allora, concentrandomi sull'asfalto.

«Oh, credimi, lei è interessata solo a una cosa e non sono di certo io.» ride amaramente.

«Felicemente fidanzato, eh?» sussurro.

«Ho mentito.»

«Ma che novità.»

«Sono un uomo orribile, vero?»

«Già.»

«Dovresti trovarti di meglio.»

«Già.»

«Lo farai?»

«Seb, te lo succhierei perfino in mezzo alla strada.»

Sobbalza. Non è abituato a sentirmi parlare così. È arrossito, nervoso.
Dovrei farlo più spesso.

Cazzo, vorrei chiedergli di più, andare più a fondo, ma è già teso come una corda di violino. Se scavo troppo è probabile che scappi di nuovo.

È così complicato!

Cala nuovamente il silenzio. Ancora qualche passo, il suono della città si fa più vivo.

«Vi baciate?» chiedo d'un tratto.
«Tu e lei, dico.» mi mordo l'interno della guancia.

«Non ci tocchiamo nemmeno per sbaglio.» alza il braccio, mi bacia il dorso della mano. Non osa mollare la presa.
«Se lo facessi, tradirei qualcuno di davvero importante.» mormora, rivolgendomi uno sguardo così dolce che il mio cuore perde un paio di battiti.

Non cascarci, cazzo!

«Disse il ragazzo fidanzato.» alzo gli occhi al cielo.
«Che tra l'altro se la fa con il suo migliore amico.»

«Detta così, sembro squallido.» mette la mano libera in tasca.

«Diciamo che non sei un gentiluomo.» bisbiglio.
«Sai, se mi rimanesse un po' di amor proprio, ti starei lontano. Dico davvero. Continui ad approfittarti dei miei sentimenti per te.» sospiro. Prendo un pizzico di coraggio.
«E ti rifiuti di parlare delle cose importanti.» aggiungo, accennando all'incontro con suo padre.

«Non mi arrabbierei se mi abbandonassi anche tu.» confessa d'un tratto.
«L'ha fatto anche mam-» si interrompe, schiarendosi la gola.
«La donna che mi ha messo al mondo. Per questo mio padre si è risposato.» scuote il capo, perso in chissà quali pensieri.
«Ha fatto bene a lasciarci, siamo un casino, ma forse se fosse rimasta le cose non sarebbero così brutte.» deglutisce.
«Non riesco a digerire che mi abbia dimenticato in realtà, però se fossi tu ad andartene lo capirei. Io non potrei mai odiarti, Zack.»

«Non me ne vado.» gli stringo la mano.

«Perché?»

«Immagino di essere masochista.» faccio spallucce.
«Anche se vorrei che le cose fra noi fossero più semplici.» mormoro. Siamo finalmente arrivati alla fine del lungo vicolo.
«Quando sono con te libero la mente, o almeno ci provo, ma ora che ci siamo per separare, mi sento in colpa.»

«Per la mia ragazza?»

Annuisco, lasciandogli la mano.

«Ultimamente penso spesso all'Inferno.» confesso, sfiorando i punti in cui mi ha toccato con le dita.
«Non dico che esista ma, nel caso, non voglio finirci.»

«Se esistesse un Dio non ti dimenticherebbe in quel buco.» ribatte mortalmente serio. Mi volto verso di lui, mi osserva con una strana determinazione negli occhi.
«Perché sarebbe un idiota se abbandonasse uno dei suoi angeli così.»

«Angelo? Io?» ridacchio, ma le guance mi si scaldano.
«Questa da dove ti è uscita?»

«Lo sei sempre stato.» si gratta la nuca. È agitato.
«Solo che non te ne sei mai accorto.»

«Così sembra che tu abbia delle fantasie nei miei confronti.»

«Non tirartela.» replica e quello che mi rivolge è il sorriso gentile che mi ha conquistato il primo giorno che l'ho visto.

Mi sento un po' meglio.

«Se dovessi scomparire e lasciarmi indietro, il mio intero mondo crollerebbe.» ammette.
«Ecco quanto sei importante per me.» si china, mi lascia un bacio veloce all'angolo della bocca.
«Per questo so per certo che è impossibile che tu sia tanto cattivo da meritarti l'Inferno.»

Si tira su.

«Anche se sono un traditore?» deglutisco.

«Sono io il traditore.» risponde criptico, indicandosi.
«Tu la vittima che ho sedotto.» ora punta il dito verso di me.

«Non l'hai fatto con una bambola. Ho partecipato attivamente, mi sembra.» alzo un sopracciglio.
«Perché ti addossi tutte le colpe?»

«Perché io sono cattivo.» borbotta.
«Ho fatto delle cose molto brutte e continuerò a farle.»

«Come lo stalking?» lo punzecchio.

«Già.»

Lo sapevo. Alla fine pensa comunque a lui.

«Se fossi Ismael, ti perdonerei subito.» mormoro, lasciando benissimo intendere quanto sia geloso del loro rapporto.

Seb sbarra gli occhi; mi guarda come se mi fosse spuntata una seconda testa.

«Anche se mi sono innamorato per uno scambio di persona?»

«Sì.» annuisco.

«E nonostante voglia monopolizzarti?» insiste, afferrandomi per le spalle. La sua espressione è talmente disperata che per un attimo mi pare di aver sentito "monopolizzarti"...
L'ho immaginato, giusto?
«Rispondimi, Zack.»

Perché fa così?

«Stiamo ancora parlando di Ismael?» chiedo. Seb sobbalza, impietrito.
Mi lascia andare l'attimo dopo, poi ridacchia.
«Perché ridi?» gli domando.

«Riesco a baciarti, ma non a dirtelo.» borbotta, portandosi una mano alla bocca per frenare il risolino nervoso.

«Cosa?» sbatto le palpebre, confuso.
«Che intendi?»

«Nulla, è una cosa stupida.» sospira.

Un taxi si ferma poco più avanti, ma un tizio arriva appena in tempo per soffiarmelo. Io e Seb ci lanciamo un'occhiata significativa: decidiamo di avvicinarci e di salutarci davanti alla pasticceria.

«Ti chiamo dopo.» mi dice Sebastian.

«Salutami la tua bella, allora.» lo provoco.

«Ma pensi solo a chi frequento?»

«Salutami tuo padre?» ghigno.

«Non ti sopporto quando fai così.» incrocia le braccia al petto.

«No, non è vero.» sorrido. Lui si volta, fa per andarsene, ma lo fermo prendendolo per una manica della felpa.
«Seb?» lo chiamo.

«Mm?» fa lui, girando appena il capo.

Lo guardo negli occhi.
«Mi piaci.»

Sebastian apre bocca, fa per dire qualcosa, ma non mi risponde.

«Perché?» soffia infine.
«Perché ti sei innamorato di me, Isaac?»

«Che cazzo di domanda.» lo lincio, mentre lui si volta completamente nella mia direzione.
«Ci deve essere per forza una ragione? Non ti basta questo?» intreccio le dita con le sue.
«Sto bene insieme a te. Davvero tanto bene.»
E nonostante tutto.

Sono troppo timido per appoggiare le labbra sulle sue davanti ad altre persone, ma ho abbastanza coraggio per schiuderle sul dorso della sua mano.

«Significava lealtà, vero?» sorrido.

«Diventi sempre più intraprendente...» mormora.

«Ti dispiace?»

«Per niente.» mi guarda dolcemente.
«Io... Zack, cazzo, vorrei che qualunque cosa ci sia tra noi non finisse mai, ma non mi escono le parole.» mi dice, sistemandomi i capelli dietro le orecchie.
«So solo che sono così felice. Tu mi hai reso felice.» i suoi occhi sono tanto belli e tiepidi mentre lo dice.
«Perché io ti piaccio»

«E Ismael?»

«Se ti impensierisce tanto, strappami dalle sue braccia.» sbuffa, poi si china sulla mia spalla.
«E fammi tuo tutte le volte che vuoi.» mi sussurra all'orecchio.

«C-ci penserò, Sebby.» balbetto, mentre lui si allontana ancora una volta. Un taxi si ferma a pochi passi da noi.
«Ora devo davvero andare.»

«Già, anch'io.»
Mi dà un ultimo bacio sulla guancia, smettiamo di prenderci per mano. È un po' triste.

Lui ripercorre la strada all'indietro, torna in quella maledetta casa, io gli do le spalle per immergermi nel traffico.
La sua voce, però, mi fa sobbalzare.
Mi giro, Seb è ancora lì, a qualche metro da me.

«Zack!» mi chiama.

Porto le mani ai lati della bocca e urlo con tutto il fiato che ho in corpo: «Sì!?»

Non mi importa se un manipolo di persona ci sta osservando come se fossimo pazzi. È come se non li vedessi nemmeno. I loro sguardi non possono farmi nulla se c'è Sebastian a farmi da scudo.

«Hai presente il libro!? Quello che ti ho letto!» fa lui.

Come dimenticarlo?

«Sì!?»

Seb ride, fa un respiro profondo.
«Era tuo!» grida.
«Quella fiaba-» si interrompe, riprende fiato.
«La amo!» conclude, voltandosi l'attimo dopo. Sono sicuro che fosse rosso come un pomodoro.

Non mi dà il tempo di rispondere perché corre via.
L'autista del taxi richiama la mia attenzione, suonando il clacson.

«Sale?» mi chiede.

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