31. The Queen Bee
Il mattino, si sa, è un momento critico nella vita di tutti i giorni. Appena svegli si provano un sacco di sensazioni sgradevoli, questa è una verità ben certificata. Tuttavia non penso esista una sensazione peggiore che aprire gli occhi, sentirsi per un etereo minuto in pace col mondo e poi realizzare di colpo che ciò non è assolutamente vero.
Non riesco a trattenere un lamento gorgogliante quando, dopo aver fissato per trenta secondi il soffitto con un sorriso estatico, mi rendo conto che è sabato mattina.
Anthea è partita. Ha preso il treno delle dieci ieri mattina e un'ora dopo si trovava nella stazione di Edison, New Jersey. Mi ha scritto quando è arrivata a casa, poi è uscita per andare in università e ci siamo sentiti la sera. Non è molto diverso da quanto facevamo quando era qui a New York, ma sono nervosissimo: ho tentato di valutare ogni singola parola da lei scritta per notare cambiamenti nel comportamento dei miei confronti e, nonostante io non abbia rilevato nulla di strano, vivo nell'ansia. Recupero con una mano il cellulare dal comodino e controllo le notifiche. Non ce ne sono. Mentre lo riappoggio, vengo colpito da un'altra amara consapevolezza: devo anche salutare una persona oggi.
Mi lascio cadere indietro sul cuscino, facendo uscire l'aria dai polmoni come se qualcuno mi avesse appena stretto le braccia attorno al petto. Non ho voglia di alzarmi. Non ho voglia di affrontare questa dannata giornata. Chiudo gli occhi e ripiombo in uno stato di dormiveglia in cui pensieri preoccupati si sovrappongono a immagine di speranze irreali e altre sensazioni altrettanto strane, che peggiorano solo il mio umore. Alla fine non riesco a rimanere sdraiato per un minuto di più, così scatto seduto con l'ennesimo lamento e mi poso una mano sulla nuca. Maledizione. Mi sento vulnerabile, debole davanti a tutti questi avvenimenti negativi. Meglio non pensarci, tanto le cose da fare non mi mancano. Ruben dormirà fino a tardi e io avrò tempo di pulire un po' casa. Ho visto che in bagno si è creato il solito porcile e lo specchio è stato benedetto con gocce di dentifricio e sapone. Mi terrò impegnato in attesa del pomeriggio. Scrivo ad Anthea un rapido buongiorno, anche se non penso che sia già sveglia, e poi mi metto al lavoro.
***
Buongiorno :))
Buongiorno! Come stai?
Sto rassettando casa. Preferirei fare altro...
Rovescia Ruben dal letto!
Ahah, non posso. Oggi è una giornata un po' particolare per lui...
?
Tra poco parte una sua collega e starà via per un bel po' di tempo. Sono tutti molto tristi. Andiamo a trovarla questo pomeriggio.
Mi dispiace :c
Peccato che tu non l'abbia conosciuta, è una melittologa. Avresti parlato la sua lingua X)
Api?? Bellissimo!
Però le piacciono un po' tutti gli animali.
Quando torna??
Starà via qualcosa come due mesi, penso. Va in Brasile.
Non vedo l'ora di conoscerla! Mi dirai quando torna, vero?
Ma certo ;))
Io do una mano ad Alec con la serra c:
Ha comprato un paio di nuove piante e ha bisogno di aiuto per capire le indicazioni su dove metterle.
Ci sentiamo stasera?
Ti chiamo.
Perfetto! Non vedo l'ora di sentirti ((:
Anche io ♡ Buona giornata! Augura tanta fortuna alla ragazza delle api!
Sarà fatto.
***
La casa dei nostri amici si trova in Perry Street, nel quartiere di Greenwich Village. Chi lo conosce saprà perfettamente che non è esattamente una zona a buon mercato, soprattutto se si possiede una villetta monofamiliare in brownstone non in affitto vicino uno dei locali di jazz più famosi della città, il Village Vanguard. Ormai vivono lì da sette anni, ovverosia dal momento in cui Amos De Luca ha fatto fortuna aprendo il suo primo locale notturno.
Quando Ruben e io arriviamo, non serve nemmeno suonare il campanello: Ford è sulla porta che ci aspetta con uno dei suoi tipici sorrisi sghembi.
"Mancate solo voi!" Ci apostrofa, mentre si fa da parte per lasciarci entrare. È una casa che si sviluppa verso l'alto e la maggior parte della struttura è rivestita in legno dai colori caldi, molto europei. Passiamo attraverso la piccola sala da pranzo che è arredata con un tavolo in noce, sei sedie e una credenza ereditata dalla famiglia De Luca e finalmente usciamo nel minuscolo giardino terrazzato che si apre all'incrocio tra le altre villette a schiera. Qui, in mezzo a cespugli di lillà, bougainvillea, gelsomini rampicanti sulla facciata esterna del salotto e cuscini di lavanda si notano, discreti, un tavolino con parecchie sedioline di ferro battuto attorno. Individuo subito i presenti: Christine, Sam, Eirene e Amos. Non mi stupisco che non ci sia Tanya: odia le feste.
"Bub! Jess!"
Eirene scatta in piedi, in tutto il suo metro e cinquanta, scosta Ford - che potrebbe posarle un gomito tra i capelli e usarla come mobiletto, tanta è la differenza d'altezza - e si precipita ad abbracciarci. Ruben la stringe a sé con un'intensità guidata dai molti anni d'affetto che li lega. So che lui ci sta soffrendo tanto. Devo ricordare a entrambi che ci sono anche io con un piccolo colpo di tosse, visto che non si vogliono scattare.
"Scusa." Dice Eirene, passando con un sorriso a me. Non è una brutta ragazza: è solo molto piccola e in qualche modo trasandata. Non fraintendetemi: è benissimo in grado di curare se stessa, ma ritiene che ci siano cose più importanti nella vita, soprattutto da quando le hanno spezzato il cuore. Ha dei bellissimi riccioli naturali castano scuro, ma si vede che sono un po' sfibrati e spenti, soprattutto perché non fa altro che raccoglierli in una piccola coda strettissima dietro la testa. Sorride felice e sul suo viso, che una volta era pieno, abbronzato quanto basta per lasciar intendere le sue origini elleniche, si formano i soliti due cuscinetti sugli zigomi fin troppo definiti.
"Sono così contenta che siate venuti!" Esclama, allontanandosi di un passo è allargando le braccia. Indossa una maglietta giallo stinto con un'ape accurata incastrata nella struttura dell'Uomo Vitruviano. Le va grande: una volta era più robusta - in modo florido, assecondando le forme ereditate dalle donne della sua famiglia greca - ma da un paio d'anni ha iniziato a dimagrire in modo irrefrenabile. Non si sa se ne sia consapevole oppure no, ma i suoi amici, quando il discorso trapela, sibilano semplicemente un paio di nomi, Crystal e Léo. Con quelli spiegano qualsiasi mutamento negativo che avviene in lei.
"Non potevamo mica mancare." Ribatte Ruben, aggiustandosi gli occhiali sul naso.
"Ci mancherebbe." Rincara la dose Sam, mentre andiamo a sederci sulle sedie al suo fianco. Christine ci fa un garbato sorriso e un grazioso cenno di saluto con la mano guantata di pizzo. Questa volta indossa un vezzoso abito blu con uno scollo quadrato, chiuso da pizzo e bottoncini fino a metà gola.
"Mi piacerebbe che fosse un'occasione più felice per incontrarci. Ma non abbiamo avuto molta scelta..." Dice Amos con la sua roca voce da fumatore, avvicinando una mano a coppa alla sigaretta artigianale che sta tentando di accendere.
"Vero." Concorda suo marito, sospingendo Eirene verso la sedia su cui era precedentemente seduta, rimanendo in piedi per versare anche a noi, come agli altri, un bicchiere di vino.
Amos e Ford potrebbero passare facilmente per fratelli: sono entrambi molto alti, magri, ben vestiti, con i capelli scuri. La differenza sostanziale sta nel fatto che il primo ha l'aspetto da persona poco raccomandabile - forse per le basette, forse per lo sguardo incredibilmente freddo, forse ancora per la camicia lasciata sempre leggermente sbottonata che lascia intravedere una croce d'oro - mentre il secondo pare uscito da uno studio di animazione - o da un locale hipster - tra la barba curatissima, la camicia rigorosamente a piccoli decori - in questo caso minuscoli aeroplanini di carta e origami - e i braccialetti colorati a entrambi i polsi. Sono sposati da tre anni. Sam è stata una delle loro testimoni al matrimonio svoltosi a Las Vegas. In qualche foto compaio anche io. Me lo ricordo bene quell'evento: Ruben finì con la faccia nella sua fetta di torta e io sedetti al tavolo con alcuni degli esponenti più loschi della vita notturna di tre stati, apparentemente tutti molto gay friendly. Nel salotto c'è una bellissima foto incorniciata che raffigura i novelli sposi abbracciati a Eirene, quando lei era ancora radiosa e strizzata nel suo vestito verde. A questo punto vi starete chiedendo in che relazione lei possa essere con loro. Ebbene, è molto difficile da descrivere. Vivono assieme da più di dieci anni. Eirene era al primo anno di università mentre i due ragazzi, più grandi di cinque anni, avevano lavoretti saltuari. Condividevano l'affitto in una catapecchia a Harlem, stringendo quello che temo sia un rapporto molto simile alla simbiosi. Quando poi Amos ha sfondato nel mondo dei locali notturni aprendo il primo dei suoi cinque club - che comprendono intrattenimento musicale, ma anche qualcosa che assomiglia pericolosamente al mondo dei casinò e alle ballerine di pole dance - lui e Ford, che nel frattempo aveva trovato posto nel settore editoriale dei fumetti, si sono trasferiti in questa bella casa, portandosi dietro Eirene. Ora lei non paga più alcun affitto, soprattutto perché non penso che col suo lavoro guadagni granché. Su di loro ho solo una grande certezza: le vogliono bene come se fosse la loro sorella minore. In suo onore la serie di night club di Amos si chiama The Queen Bee. In realtà c'è anche chi come Ruben ha addirittura insinuato che possano essere in una relazione poliamorosa. Il solito pettegolo esagerato.
Ringraziamo Ford per il bicchiere e io picchietto sul braccio di Sam.
"Allora?" Le chiedo.
"Allora" sospira lei, "Siamo qui riuniti per augurare buona fortuna alla nostra preziosa stellina."
"Che finalmente trova il proprio posto nel firmamento dei biologi." Completa affettuosamente Christine, sorridendo a Eirene, che arrossisce.
"Ragazzi, sto via solo per due mesi." Tenta di giustificarsi, nascondendosi dietro il bicchiere, perché si sente osservata, trovandosi in mezzo ai suoi due pilastri.
"Dai, Ren." Comincia Amos, dando un colpetto alla sua sigaretta per far cadere la cenere in un posacenere a forma di vaso a fianco del suo braccio. "Racconta come hai vinto il posto."
"Li abbiamo invitati qui per celebrarti." Continua Ford, lisciandosi i baffi. Sam beve un generoso sorso di vino e domanda: "Come gliel'hai fatta alla stronza?"
"Esatto, come?" Vuole sapere Ruben. Non ne sono certo, ma suppongo che la stronza sia identificabile con la sua collega, Crystal Bayer.
"Prima di tutto vorrei precisare che non gliel'ho fatta. Semplicemente cercavano un'ecologa e non una genetista, per una volta."
"Per una volta cercavano qualcosa di serio." Commenta Ford, scatenando la reazione indignata di due dei presenti. "Scusate, ragazzi. Ma io sono per l'ecologia."
"Manco sai cos'è." Brontola Sam. "E poi io non sono comparabile a quella stronza."
"Non è nemmeno genetica la sua." Concorda Ruben. "È microbiologia con qualcosa che assomiglia alla genetica."
"Comunque" prosegue Eirene, "Sono stata selezionata dall'università per seguire un progetto di monitoraggio sulle api amazzoniche. Cercavano un entomologo ma sono stati più che contenti di trovare una melittologa. O almeno spero."
"Non c'è bisogno di sperare." Fa notare Ford, bonario. "Ti hanno preso. Non si tireranno di certo indietro all'ultimo, no?"
Dalla faccia di Eirene capisco che non è così facile stare sereni. Ha preso talmente tante batoste che non può credere che per una volta una gioia stia capitando a lei.
"Cosa farai in Amazzonia?" Domanda la soave voce di Chris, che ha il tatto di notare sempre quanto l'equilibrio d'umore della nostra ospite sia fragile. Eirene fa per rispondere e abbandona sul tavolo il suo calice intonso, beccandosi un'occhiata in tralice di entrambi i suoi uomini.
"Mi occuperò della tribù degli euglossini per studiare il loro comportamento in risposta ai cambiamenti indotti nella produzione di terpeni di orchidea da parte dei cambiamenti climatici e di habitat."
"Ho capito mezza parola." Confessa Ruben. Sam scoppia a ridere e rincara: "Io ho capito solo tribù e spero tanto sia riferito a qualche strano gruppo di personaggi indigeni."
"Ma no!" Esclama Eirene, ridendo. Amos scuote la testa osservando gli altri due biologi presenti e Ford dice, con non poco sdegno: "Sta parlando di api!"
"Api bellissime." Aggiunge lei, per poi cavare con una mossa fulminea il cellulare dalla tasca dei pantaloncini corti, cercare in un millesimo di secondo la giusta foto e mostrandocela. All'inizio penso che stia scherzando, che ci stia mostrando un gioiello. Poi mi rendo conto che è un'ape. Un'ape che brilla d'azzurro e di verde.
"Ape metallizzata." Conviene Amos, con un sorrisetto storto. "La mia preferita in assoluto."
"Euglossa." Lo corregge Eirene.
"È fighissima!" Concordano in coro Sam e Ruben, mentre Christine batte due volte le mani e io chiedo: "Ci sono alveari di queste api?"
"No, sono solitarie."
"Peccato."
"Vero? Avrei potuto..." Inizia Amos.
"Amos vorrebbe tanto averne uno sciame da mettere sotto vetro in ognuno dei suoi locali." Lo interrompe Eirene, lanciandogli un'occhiata scocciata, che l'uomo prende sul ridere, visto che affonda nella sediolina e le posa una mano sulla testa.
"Lo sai che preferirei metterti un paio di quei gioiellini in giardino."
"Starebbe benissimo sulla mia pagina Instagram." Stabilisce Ford.
"Come sarà il tuo viaggio?" Insiste ancora Christine. Lei è sempre l'unica che riesce a rimanere concentrata sul perché ci troviamo qui.
"Lungo." Risponde la piccola greca. "Ma avventuroso. Prima di tutto arriverò a Brasilia e poi mi sposterò con un piccolo aereo fino a Codajás. Da lì mi muoverò a piedi o in jeep, non so ancora ogni cosa. Per ora l'università mi ha dato un itinerario temporaneo."
"Mi sembri molto contenta." Decide Christine, benedicendola con uno dei suoi dolcissimi sorrisi. "Andrà tutto bene, ne sono sicura."
"Soprattutto con il regalo che ti daremo dopo."
"Regalo? Ma non dovevate, io..."
"E come mai viene anche Léo?" Indaga con nonchalance Sam. So che lei e Ruben avrebbero voluto arrivare a questa domanda il più presto possibile. Vedo Amos e Ford perdere immediatamente la loro espressione rilassata. Però Eirene non pare notarlo, perché si illumina di profonda gioia e ribatte: "Ci serve un botanico. Io studio le api, lui si occupa delle orchidee."
"Quindi lavorerete a stretto contatto." Nota Ruben. Sento quasi scricchiolare i denti di Amos. La ragazza annuisce, convinta. Appare felice, come non la vedevo da anni. All'improvviso ne capisco il motivo: come questo viaggio sembra essere un dono divino per permetterle un riscatto lavorativo, così probabilmente agli occhi di Eirene risulta essere la presenza dell'uomo che tempo fa le ha spezzato il cuore. Deve provare la sconvolgente emozione di poter finalmente pensare a un lieto fine. Eppure nessuno tra i presenti - nemmeno io - appare convinto dalla cosa. Siamo solo più lucidi di lei nel giudicare o siamo vittime dei nostri stessi pregiudizi? Probabilmente solo il tempo ce lo saprà dire. E io prego di avere torto marcio.
"Sarà una bellissima esperienza." Dico, per smorzare un poco la tensione che si è immediatamente creata. Eirene annuisce di nuovo e questa volta è Ford a prendere la parola.
"Allora, visto che ci troviamo costretti in ogni caso a salutare la nostra Kore per qualche tempo, evitiamo di sprecare il tempo che ci rimane. Un brindisi per la buona riuscita di questo progetto!" Esclama convinto, alzando il suo bicchiere.
"Di questo fottutissimo progetto!" Corregge Amos, facendo lo stesso. Anche noi lo alziamo e noto che Ford spinge tra le mani di Eirene quello che aveva abbandonato sul tavolo. Anche lei si unisce al brindisi, ma probabilmente sono l'unico che ci accorge che anche se se lo porta alle labbra, non beve alcunché. Osserva le bollicine e poi con un mezzo sorriso lo posa nuovamente. Una volta non era così. Hanno rotto qualcosa dentro di lei e tuttora ne sta pagando le conseguenze.
Mi ricordo una cosa, mentre sto riflettendo su tristi pensieri.
"Ehy, Ren." Dico, richiamando la sua attenzione. "Recentemente ho conosciuto una ragazza appassionata di insetti."
"Davvero?" Domanda lei, piacevolmente stupita. Sorrido, sapendo che sia Ruben sia Sam mi stanno guardando per capire dove voglia andare a parare.
"Eccome. Le ho parlato un po' di te e sai cosa mi ha detto?" Faccio una pausa per lasciar decantare la questione. "Che devi essere un mito e che non vede l'ora di conoscerti."
Sono perfettamente cosciente di essermi appena tirato la zappa sui piedi perché tutti si getteranno su di me per fare pettegolezzi come gli scoiattoli di Central Park su una singola ghianda, ma ne è valsa la pena nel vedere finalmente brillare una luce nei begli occhi color nocciola di Eirene. Almeno quelli, nonostante tutte le delusioni, i dolori e le sofferenze, non sono mai mutati.
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