24.
Christopher Washington aveva chiesto a Michael di raggiungerlo in ufficio di prima mattina, quando era sicuro che suo figlio non fosse presente. Noah era tante cose ma sicuramente non un mattiniero.
Christopher non aveva chiuso occhio tutta la notte. Con il lavoro che faceva non aveva mai saputo che cosa fosse davvero giusto e davvero sbagliato. Aveva sempre seguito l'istinto – qualche volta anche i soldi – e gli era sempre andata bene. Il caso di Michael lo aveva destabilizzato: forse era diventato troppo vecchio ed era arrivata l'ora di appendere la toga una volta e per sempre.
Michael lo stava guardando, in attesa. Aveva capito che c'era qualcosa che non andava, stava solo sperando di sbagliarsi. Se anche Christopher lo avesse abbandonato allora sarebbe finita per lui.
"Quello che sto per dirti non ti piacerà, Michael..." cominciò, incerto.
Un po' come quando devi rompere con qualcuno e non sai da dove cominciare.
"Lo immaginavo."
Christopher prese un respiro profondo "devo scegliere se proteggere te o la mia famiglia e ho scelto la mia famiglia."
Michael rimase in silenzio per un secondo. Ignorò quella fitta di nervosismo che gli attraversò lo stomaco: nessuno sceglieva mai lui. Alla fine, sorrise ironico "è stato mio padre, vero? È venuto qui a raccontarti un mucchio di stronzate..."
"Non è importante" l'uomo si schiarì la gola "ma non posso più fare nulla. Mi dispiace. Ho le mani legate."
Michael annuì e si alzò dalla sedia, facendole emettere un rumore stridente che riecheggiò in tutto l'ufficio.
"Michael..."
"Risparmiatela, Christopher. È evidente che adesso devo fare le cose a modo mio."
Senza aggiungere altro, Michael lasciò il suo ufficio, sbattendosi la porta alle spalle.
*
Aaron Wells strinse la maniglia della sua ventiquattrore e si avviò annoiato verso il suo ufficio attraverso il parcheggio sotterraneo. Da quando Noah era tornato, la sua vita era andata a rotoli: cominciando con la sua carriera e finendo con Daphne che pensava di aver dimenticato e invece stava soffrendo di nuovo.
Aaron si bloccò sui suoi passi quando gli parve di sentire qualcuno dietro di lui e riprese poi a camminare, dicendosi di essere diventato paranoico.
Michael King comparve alle sue spalle facendolo sobbalzare.
"Che cosa vuoi?" Domandò, senza voltarsi.
Michael trattenne il respiro: sentiva le sue stesse mani sudare e tremare. Nascose la sinistra nella tasca, mentre con la destra stringeva una pistola che non aveva ancora avuto il coraggio di puntargli alla schiena. Qualcuno aveva deciso che lui era il cattivo della storia e che Noah avrebbe dovuto avere il suo stupido lieto fine. Non sarebbe successo. Noah doveva soffrire come stava soffrendo lui, che era stato abbandonato dal suo stesso padre, lasciandolo solo a combattere le sue battaglie.
Aaron sentì il suo stesso cuore tuonargli furiosamente nel petto ma qualcosa gli disse che Michael non voleva lui...
"Voglio che mi dici dove abita la principessina."
"Non sei andato a trovarla all'asilo?" Disse lui, a denti stretti.
"Non voglio ucciderla davanti a un mucchio di mocciosi." Premette con più forza la canna della pistola contro la schiena di Aaron, facendogli male. "Ora tu mi dici dove abita e io non ti ammazzo. Che ne pensi?"
"Avresti potuto chiedermelo anche senza puntarmi addosso una pistola." Rispose, con nonchalance. "Quello che farai una volta lì non mi riguarda."
Aaron guardò Michael andare via e, come se nulla fosse, proseguì il suo percorso verso l'ufficio.
Quello che però non aveva preso in considerazione era che aveva praticamente spedito Michael a uccidere Haylee – sempre che lo avrebbe fatto per davvero – e avrebbe dovuto guardare Noah in faccia per tutta la giornata.
"Ehi." Lo salutò distrattamente Noah, mentre sistemava alcuni documenti sulla scrivania. "Queste sono le tue. Ti ho fatto le fotocopie..."
"Perché lo hai fatto?" Domandò, sulla difensiva.
Noah rivolse un'occhiata confusa a suo padre e poi tornò a guardare Aaron "perché ti ho fatto un favore?"
"Non ce n'era bisogno."
Noah fece una smorfia "d'accordo... stavo pensando, stasera potremmo..."
"Possiamo lavorare?" Lo interruppe lui, innervosito. Si mise poi a trafficare sulla sua scrivania senza però fare nulla in particolare. La sua testa non riusciva a formulare pensieri concreti.
"Stai bene, Aaron?" Domandò a quel punto Christopher.
"Bene, sì."
Christopher arricciò le labbra e poi si voltò verso Noah "ti stavo dicendo, che quei fogli..."
"Michael era nel parcheggio sotterraneo, poco fa." Sputò, tutto d'un fiato.
"E?" Parlò allora Christopher, incitandolo a continuare "ti ha detto qualcosa?"
"Voleva..." distolse lo sguardo, "aveva una pistola..."
Noah interruppe tutto ciò che stava facendo, spostando la sua attenzione verso Aaron e sentendo una vampata di calore arrivargli fino alle orecchie.
"Che cosa voleva, Aaron?" Chiese Noah, avvicinandosi.
"Wash..."
Noah sentì il suo respiro farsi via via più intenso e la sua mascella si strinse fino a quasi fargli male.
"Dimmi che non hai messo in mezzo Haylee." Disse, in un tono apparentemente calmo ma in realtà era talmente tanto furioso da non riuscire nemmeno a parlare.
"Voleva sapere il suo indirizzo."
Noah si avvicinò a grandi passi e lo afferrò per il colletto della camicia, facendolo atterrare sulla sua scrivania.
"Noah..." Lo richiamò poco convinto Christopher. Se avesse avuto l'età e il temperamento di un tempo – cosa che a quanto pareva aveva ereditato suo figlio – probabilmente avrebbe fatto la stessa cosa.
"Sei morto per me." Sillabò.
Dopodiché, Noah uscì dall'ufficio, urlando a suo padre di chiamare la polizia e di fidarsi solo di Zachary Darling.
*
Haylee Darling aveva deciso di rimanere a casa quella mattina: era ancora raffreddata e con ogni probabilità aveva qualche linea di febbre. I bambini erano un covo di germi e non perdevano mai l'occasione di attaccarle qualcosa.
Daphne scese al piano di sotto e si strinse la sua adorata Luis Vuitton sulla spalla. Rivolse un'occhiata preoccupata ad Haylee.
"Sei sicura che non vuoi che resto?"
Haylee annuì mentre si lasciava cullare dal caldo del tè che stava bevendo "sto bene, tranquilla."
"Hai parlato con Wash? Magari esce prima..." disse ancora.
"Ha detto che sarebbe passato in pausa pranzo." Rispose lei, abbandonando la tazza per soffiarsi il naso.
"Bene..." Daphne si fece pensierosa: qualcosa le diceva che doveva rimanere a casa. "Chiama se hai bisogno, hm?"
Haylee annuì e la salutò con un cenno della mano, finché la bionda non si richiuse la porta alle spalle.
Dopo qualche attimo di silenzio, la porta d'ingresso si aprì e si richiuse di nuovo "che ti sei scordata?" Domandò Haylee, sporgendosi dalla cucina.
"Temevo che non se ne sarebbe mai andata..."
Haylee si portò una mano davanti alla bocca e afferrò il cellulare, sul quale comparve quasi immediatamente il numero di Noah.
"Noah?" Disse, in un soffio.
Quello che Noah Washington sentì dall'altro lato del telefono fu la voce di Haylee, seguita dal rumore sordo di un colpo di pistola e la linea che cadeva.
Spazio autrice
Buonaseraaa 💕
aggiornamento in ritardissimo!
aaaaallora: questa pugnalata alle spalle da parte di Aaron chi se l'aspettava? Forse era prevedibile, forse no 🤔
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va! Buon weekend ❤❤
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