19.
Haylee Darling uscì dal lavoro con un gran mal di testa e stanca morta. Quel giorno i bambini erano stati più urlanti e più casinisti del solito. Haylee si chiese se avrebbero trovato i suoi pezzettini sparsi per tutta la strada che stava percorrendo dall'asilo alla sua macchina. Guardò l'orologio: erano passate le sei e già era buio.
Haylee nascose il naso nella sciarpa chiara che le circondava il collo e si strinse nella giacca color antracite, respirando l'aria gelida della sera. Il cielo era nuvoloso e si intravedeva a malapena la luna ridotta allo spessore sottile e appena visibile di un'unghia.
Qualche foglia secca scricchiolava sotto le suole delle sue scarpe mentre camminava. Continuò a camminare e, per un attimo, solo uno, le sembrò di sentire qualche altra foglia scricchiolare dietro di lei.
Si bloccò sui suoi passi.
Niente.
Haylee iniziò frettolosamente a trafficare nella sua borsa alla ricerca delle chiavi della macchina e sospirò sollevata quando il tintinnio di queste le indicò che era riuscita a pizzicarle nella sua enorme borsa.
Haylee sobbalzò quando qualcuno le poggiò una mano sulla spalla e soffocò un urlo quando si ritrovò davanti il... tizio dal nome sconosciuto che aveva incontrato allo studio legale da Noah. Era sempre alto, sempre imponente e soprattutto sempre inquietante.
Notò quasi subito la tumefazione violacea e probabilmente dolorante all'altezza della sua guancia destra in cui riconobbe il pugno di Noah di ormai qualche giorno prima.
Noah aveva ragione: gli aveva sicuramente fatto male.
"Ancora tu." Esordì infastidita, premendo il tasto che le consentì finalmente di aprire l'auto.
"Ciao." Disse, in un tono che le fece accapponare la pelle.
Haylee si guardò attorno: se anche avesse gridato nessuno l'avrebbe sentita.
"Possiamo parlare?" Le chiese ancora.
Haylee sorrise ironica e fece un paio di passi indietro "di che cosa vorresti mai parlare con me? E come mi hai trovata?"
Lui scrollò le spalle "ho i miei metodi." Le indicò il marciapiede deserto che costeggiava una serie di negozi chiusi, ad accezione del ristorante cinese all'angolo dal quale usciva un forte odore di fritto.
"Camminiamo?"
Per quanto gliela avesse posta come una domanda, Haylee si sentì di non avere scelta.
Michael King le camminava accanto sovrastandola interamente in altezza: Haylee Darling era piccola e fragile come un fiorellino. Non era strano che Noah ci tenesse particolarmente a tenerla sempre nascosta. Soprattutto a lui.
"Cosa ti ha detto Noah del mio caso?" Le domandò, rompendo il silenzio fino a poco prima riempito solo dal brusio del vento freddo della sera.
"Niente." Mentì. Se c'era una cosa che aveva imparato da Noah – ma anche e soprattutto da Criminal Minds – era di fare sempre finta di sapere il meno possibile
"Niente?" La punzecchiò ancora, "nemmeno come mi chiamo."
"Nope." Disse, calcando la 'p'. "Sei un pezzo di carta bianco per quanto mi riguarda." Terminò, mettendosi le mani nelle tasche del suo cappotto.
Lui annuì, facendosi pensieroso.
"Non sono una brava persona," confessò, in tono sincero "forse ha fatto bene."
Michael King era andato lì con l'intento di mettere Haylee contro Noah, parlandole male di lui e mettendole qualche piccolo tarlo nell'orecchio. Quando si ritrovò lì, davanti a lei, che non sapeva né chi fosse né cosa facesse, Michael si sentì finalmente libero di parlare liberamente ed era la prima volta in tanto, tantissimo tempo.
"Perché pensi di non essere una brava persona?" Chiese curiosa.
Michael parlò fissando un punto indefinito di fronte a sé, soffermandosi su un gruppo di amici che stava entrando nel ristorante allegro e spensierato... lui non sapeva più nemmeno cosa voleva dire, andare a cena fuori con gli amici.
"Ho fatto cose che non avrei dovuto fare... detto cose che non avrei dovuto dire... le solite cose..."
"Cose irreparabili?" Domandò lei, sollevando di poco il mento per guardarlo.
La guardò per un attimo prima di rispondere: i suoi occhi verdi erano stanchi e un po' gonfi; i capelli lisci ricadevano sulla maglia larga della sciarpa chiara e le contornavano il viso rotondo dai lineamenti delicati.
Dietro quei lineamenti da bambola di porcellana, però, Haylee era estremamente attenta a cogliere ogni suo più piccolo movimento o espressione del viso. Haylee Darling voleva capire che cosa stava succedendo e soprattutto perché quel tizio fosse andato a finire giusto da lei.
"Non ne sono sicuro," disse, dopo qualche secondo di esitazione, "Pensi che... si può tornare indietro, quando si sbaglia?"
Haylee scosse la testa, accennando un sorriso quasi intenerito "non siamo in Ritorno al Futuro."
Michael sorrise senza voglia, arido "Noah ed io eravamo molto amici, ai tempi del liceo... quasi fratelli..." ammise, con un pizzico di amarezza ad incrinargli la voce.
"E poi?"
Michael si grattò il viso, pensandoci "poi le cose sono cambiate. Lui è diventato un cavaliere dall'armatura scintillante ed io quello che lui caccia, immagino."
Haylee si morse l'interno della guancia "le persone cambiano... crescono..." gli poggiò esitante una mano all'altezza dell'avanbraccio, sentendo il tessuto ruvido della sua giacca sotto i suoi polpastrelli "non si può tornare indietro ma si può cercare di rimediare man mano che si va avanti..."
Michael guardò la sua mano poggiata sulla sua giacca e si allontanò: non voleva che lei lo toccasse, non lo meritava.
Michael si bloccò sui suoi passi e guardò indietro, verso la macchina rossa di Haylee "dovresti tornare, si è fatto tardi..."
Lei lo guardò: quel ragazzo sconosciuto aveva l'aria triste, arrabbiata...
"Seguirai il mio consiglio?"
Lui tornò a guardarla "penso che sia un po' troppo tardi per me per seguire i consigli di un biscotto della fortuna ambulante."
"Mi dirai almeno come ti chiami?" Azzardò a chiedere. Se Noah non glielo avrebbe detto, lo avrebbe scoperto da sola.
"Non è necessario."
Prima che Haylee potesse controbattere lui si rimise in marcia. Haylee lo seguì con lo sguardo finché non divenne un piccolo puntino scuro per poi sparire definitivamente dal suo campo visivo.
Quando Haylee rientrò a casa, Daphne aveva già ordinato la cena e Noah era lì ad aspettarla.
Haylee non sapeva se dirglielo oppure no, che aveva visto quel tizio. Decise tacitamente – e un po' egoisticamente – che si sarebbe presa qualche momento di tempo per pensarci. Anche perché, non si erano detti poi chissà che cosa.
Haylee si cambiò in fretta e furia per poi piombare con un tonfo sul divano accanto a Noah, che sorrise felice di vederla: aveva aspettato quel momento per tutta la giornata.
"Stanca?" Chiese, sfiorandole il viso con una carezza.
"Distrutta. Tu?"
Noah le cinse la vita con un braccio, poggiando la testa contro la sua dopo averle schioccato un bacio "distrutto, anche io."
Noah mise un film e calcolò esattamente quindici minuti, ovvero il tempo che Haylee avrebbe impiegato per addormentarsi tra le sue braccia, ignorando la cena e il fatto che lui avrebbe dovuto portarla – cosa che accadeva spesso e volentieri – di peso in camera sua una volta addormentata. Noah le lasciò un delicato bacio sulla fronte e si godette quel momento: anche se Haylee stava dormendo era comunque accanto a lui e a lui andava bene così.
Daphne sbucò in soggiorno e guardò Haylee dormire. Poggiò poi entrambe le mani ai lati dei suoi fianchi, dando a Noah l'impressione di una mamma arrabbiata e sbuffò sonoramente.
"E ora chi li mangia tutti i ravioli che ho ordinato?"
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Spazio autrice
Buonaseraaaa 🥰🥰🌛 eccoci con un nuovo capitolo. Devo dire che mi è piaciuto molto scriverlo! Mi sono accorta che Michael ed Haylee hanno sviluppato una chimica che non avevo previsto quindi perché non metterli in scena insieme???
Come sempre ringrazio chiunque mi legga e tutti coloro che impiegano il loro tempo per lasciarmi un commento, mi piace tantissimo leggervi ❤
Vi saluto 😘😘 lasciandovi con una gif della mia amata Daphne (aka Elizabeth Debicki) perché... perché no?
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