29.Epilogo
Spazio Autrice: Questo capitolo che io definisco breve a differenza dei precedenti lunghissimi quasi 8000 parole, è l'ultimo(piangete insieme a me su su). Il primo periodo è Thomas a parlarvi, ho creduto giusto così, per darvi un finale diverso e che forse avvertirete di più. C'è un momento hot tra i nostri protagonisti, quindi ribadisco se siete minorenni o delicati, non leggete. Spero davvero che vi piacerà, ci sentiamo nei ringraziamenti(che vi obbligo a leggere perché ci sono tutte le informazioni) Prr.
E così siamo alla fine di una storia, la mia...Vi starete chiedendo "se" e "come" si sono svolte tutte le faccende che erano rimaste in sospeso, e mi rassereno dicendovi che sì, tutto è andato bene ma non per tutti. Tanto per iniziare: con i miei "genitori" ho discusso pesantemente, giungendo alla conclusione che non vederli per un po' mi avrebbe schiarito le idee, facendomi sbollire la rabbia.
Provo collera nei loro confronti, tralasciando che non sono stati chissà quanto presenti nella mia adolescenza o più genericamente vita, senza affiancarmi nelle scelte difficili e quant'altro, loro avevano sempre impegni e, mentre io provavo a crescere, alzandomi dopo ogni caduta, dolorosa più della precedente, essi continuavano a non esserci e a mentirmi sulle mie origini. Ancora oggi non so nulla della mia reale famiglia, ho Chuck...chissà, forse un giorno si scoprirà la verità.
Pensando al presente, invece, posso dire che non è stato per niente facile quando mi sono trovato faccia a faccia con i miei tutori. Dopo essere stato dimesso dall'ospedale, Newt mi ha accompagnato a casa, senza entrare. È restato in macchina, e mentre mi drogavo di gran dose di coraggio per affrontare coloro che mi aveva adottato, lui mi tranquillizzava dicendomi che tutto sarebbe andato bene.
Le gambe mi tremavano, e per arrivare al porticato impiegai più del previsto. L'ansia mi aveva seccato la bocca, crescendo ancor di più dopo che ebbi bussato. Ad aprirmi fu Delia, che mi riservò un'occhiata triste, dispiaciuta. Non parlò ma i suoi occhi dissero tanto. Di tutta risposta abbassai il capo, mostrando che neanche io me la passavo bene. Entrai, e senza dire nulla, con un magone sullo stomaco guardai i mobili con cui avevo vissuto, credendo che fossero anche un po' miei, che quella fosse la mia casa... In silenzio salii al piano di sopra, e giunto in camera, aprii veloce le ante dell'armadio gettando alla rinfusa gli abiti nella valigia. Mi aspettavo che mi dicessero qualcosa, ma a parlare fu solo George, che entrò nella mia stanza, pensai che volesse scusarsi ma non fu così.
Nonostante avesse sbagliato tutto con me, il suo unico problema era la mia "patologia", e difatti non fece altro che ripetermi ciò che aveva detto a Newt in ospedale, due settimane fa. Per lui ero perduto perché la mia "malattia" stava degenerando pericolosamente, e io non facevo nulla per salvarmi. Delia restò in silenzio, non mi difese né mi incolpò, rimase sull'uscio della porta, con la schiena leggermente appoggiata contro i cardini della porta.
Per quanto quelle parole mi ferissero, decisi di non dargli peso, dopotutto bisogna sempre pesare le cose dalla bocca di chi escono, e di certo George non aveva alcuna importanza per me, lo stesso i suoi pensieri.
Per fortuna erano più le cose positive che quelle negative:il mio ragazzo, che a poco a poco, aveva "instaurato un bel rapporto per la prima volta" con suo padre, aveva creduto che l'idea migliore sarebbe stata che andassi a vivere da lui, ovviamente con me ci sarebbe stato anche Chuck. E così, con il pieno consenso di Mike, che mi aveva fatto le feste come un cane impaziente dall'arrivo del padrone, mi aveva accolto come un figlio in casa sua. Sull'uscio della porta principale mi aveva tirato la grossa valigia, prendendola in peso e sgridandomi:-Thomas non sforzarti, hai rischiato di morire.- per quanto ancora avrebbe dovuto ricordarmelo?
Mike o meglio dire "l'ingenuo Mike" non sapeva che avevo ripreso tutte le attività, compreso il sesso estremo con suo figlio.
Sorrisi imbarazzato, mentre lui continuava a parlarmi e a consigliarmi dei massaggi per alleviare eventuali dolori, io pensavo a Newt versione dottore. Sì, avevamo provato anche giochi di ruoli e c'erano piaciuti parecchio.
Inizialmente avevo avuto qualche dolorino qua e là, per via di una costola inclinata, e il tutto peggiorava perché facevamo le cose di fretta, quindi un movimento brusco era ovvio. Le nostre erano sveltine, focose ma veloci, temevamo di essere scoperti da Mike o peggio da Chuck, a cui sicuramente avremmo bloccato la crescita.
Beh...meglio cambiare discorso, non credo vi interessi molto la mia vita sessuale.
Se qualcuno vi chiedesse:come immaginereste una casa abitata da quattro uomini, rispondereste sicuramente "Un porcile.Tra birra, hot dog, e flauti..."
E invece no. Per quanto il padrone di casa fosse gentile e avesse una mente ampia, aveva dettato delle regole ben precise, alle quali soprattutto io e Newt dovevamo attenerci vigorosamente.
1-Dormire in stanze separate
2-Lavarsi in bagni diversi
3-Nessun bacio (almeno per l'inizio).
Una condanna in pratica, e per di più dovevamo pulire la casa: lavare a terra, spolverare e tutte quelle cose noiose, che però io e Newt rendevamo molto più interessanti(quando ne avevamo occasione) tipo quando Mike faceva il turno in ospedale, e Chuck usciva per giocare con Sam, un bambino che aveva conosciuto da poco del palazzo accanto. Per non parlare di sera, quando Mike non c'era e Chuck dormiva nella stanza a fianco.
Non godevamo di una certa libertà ma con molta attenzione nessuno ci avrebbe scoperto, quindi...perché lamentarsi? Poteva andare peggio.
Tipo a Gally, all'inizio mica gli era andata bene. Appena Teresa aveva scoperto che il suo pick-up non era più nel parcheggio dell'ospedale, era entrata in panico riservandoci le peggiori parole. A tranquillizzarla ci pensò Minho, che temerario si batté per salvare la nostra amicizia, quasi si beccò un calcio nei gioielli di famiglia (devo ancora ringraziarlo, magari gli presenterò una ragazza).
Teresa si calmò soltanto alla vista del suo furgoncino tutto intero, e tornata in sé non fece altro che scusarsi e reputarsi una stupida sia con me e soprattutto con Newt, che la perdonò a occhi chiusi. Per quanto riguarda Gally, mi ha appena telefonato dicendomi tra un urlo e un altro che lei ha accettato l'appuntamento per questa sera. Che dite, lei lo ha perdonato?
-A cosa pensi?- domandò Newt portandomi alla realtà. Sebbene tutto fosse andato per il verso giusto o quasi, i pensieri c'erano sempre, che lo vogliamo o no fanno parte di noi, sono nella nostra testa. Mi carezzò il petto dolcemente, mentre io mi rilassavo giocherellando con i suoi capelli color biondo miele: con l'indice attorcigliavo le ciocche, la loro morbidezza mi dava pace, come se fosse un trattamento anti-stress.
La tenda color panna impediva al sole di infastidirci con i suoi raggi prorompenti, era il presto pomeriggio e una bella dormita ci stava tutta, ma non ne avevamo voglia. Eravamo svegli, abbracciati l'uno all'altro gustandoci la nostra dolce intimità, come una vera coppia.
Molte cose erano cambiate, una delle più rilevanti: l'arredamento della camera di Newt. Aveva obbligato suo padre a cambiare il mobilio e anche la disposizione poiché quello precedente gli ricordava il trauma che aveva vissuto con quel bastardo di Kevin, che se vi state chiedendo, è in prigione, nessun fastidio.
Distesi sul letto, con la sua testa sul mio petto, mi sentivo invincibile. Era lui la mia forza.
Non udendo la mia risposta, sollevò la testa, allargando le labbra in un sorriso misto tra la dolcezza e la preoccupazione.
-A noi e a quelli che ho chiamato per tanti anni genitori.- risposi sincero, mostrando una ruga di tristezza. Per un secondo non disse nulla poi sbuffò, si issò, e birbantello si sedette a cavalcioni su di me. Eravamo soli in casa e non era difficile capire cosa sarebbe successo a breve, in quella posizione...e io con indosso solo i boxer.
-Dagli del tempo...- rispose dolcemente, accarezzandomi affettuosamente la guancia. Si abbassò lasciandomi un bacio sulla punta del naso, e scendendo con determinata lentezza ne posò un altro a stampo sulle labbra.-Si aggiusterà tutto.- disse ancora, stringendo la mia mano, che portò al suo petto all'altezza del cuore.-Finché questo cuore batterà, ti sarò accanto e affronteremo tutto insieme, Tommy.- giurò curvandosi in avanti per lasciarmi un altro bacio sulla bocca, sorrisi felice schiudendo le labbra, il tanto che permettesse alle nostre lingue di incontrarsi. Dopo quel tenero gesto affettuoso, durato qualche minuto, si staccò, sdraiandosi di nuovo a fianco a me. Quel distacco mi procurò un'ondata di freddo che si rannicchiò vicino le ossa, spaventandomi. Mi tirai su, osservandolo; adesso era lui ad avere un'aria pensierosa.
-A cosa pensi?- dissi con un filo di voce, atterrito. Era un deja-vù, prima io adesso lui.
Mi avvicinai al suo orecchio, mordendolo dolcemente.Sbatté gli occhi, ritornando nel nostro mondo.
-Al nostro futuro.- rispose naturale, scrollando le spalle. Per un attimo restai fermo, mi ci volle un po' per metabolizzare che "nostro" e "futuro" stessero nella stessa frase. Tenevo molto a Newt, avevo fatto l'impossibile per lui, sapevo che quello che c'era tra noi era qualcosa di profondo, di serio, e sentire lui ipotizzare un futuro insieme, mi spiazzava. In meglio. Sobbalzò scherzoso, alzò la schiena e sedendosi sul letto a gambe incrociate con voce squillante pronunciò. -Dai, dimmi un numero!-dimenticavo che fosse bipolare, un attimo pensieroso e dopo allegro peggio di un bambino.
-Quale numero?- allargai le mani, a mo' di "non so di cosa stai parlando".
-Il primo che ti passa per la testa!-imperò senza perdere alcun entusiasmo. Portai la mano sotto il mento assumendo un'espressione pensante.
-Tre.- la curiosità di scoprire cosa gli frullasse per la testa mi distraeva da tutto il resto.
-Fiu...-si rilassò e portò la mano alla fronte a mo' di meno male-Per fortuna che non devo farli io.- gli scappò, le mie orecchie si drizzarono tentate da altra curiosità. Lui, irrequieto, aveva un sorriso solare, pieno di luce; per l'ennesima volta si sdraiò di fianco a me, mettendo il braccio ad angolo acuto e fungendo la mano da cuscino.
-Cosa non devi fare tu?- cadenzai, issandomi e portandomi sopra di lui, facendomi leva sulle braccia per non schiacciare il suo esile corpo.
Arrossì violentemente, come se provasse vergogna o si pentisse di ciò che aveva appena detto.-Forse è presto ma...per il nostro futuro, sai com'è...abbiamo entrambi...- sembrava in imbarazzo, aveva cominciato a balbettare e, mentre lui detestava ciò, io lo adoravo ancora di più.-lo stesso organo genitale.- disse tutto d'un fiato, diventando completamente un peperone bruciato. Mai come quella volta capii subito, e un sorriso da paralisi facciale si presentò in volto.
-Dici davvero?- ripetei incredulo, aprendo e chiudendo gli occhi, tutto sembrava magico come in un sogno.-Dei bambini, Newt?- domandai e gli occhi si bagnarono quasi di lacrime, di gioia ovviamente. Un lungo brivido mi scorse lungo la schiena, e Newt come se lo avesse percepito, mi toccò le spalle andando verso il basso.
-Sì- mi guardò con occhi languidi, bramosi.-dei bambini nostri, Tommy.- specificò ovvio, avvicinando lentamente il suo bacino al mio.
-Preferenze? Io direi entrambi: femminucce e maschietti. Avranno dei nomi particolari,e insegneremo loro le diverse forme dell'amore, gli saremo vicini nei momenti belli e brutti...- ideai continuando a sorridere.
-E li faremo studiare.- precisò pignolo.
-E la sera ci raduneremo tutti insieme sul divano, e mangiando pop corn vedremo cartoni animati.- continuai saltellando. Immaginare quel futuro mi rendeva così energico e vivo. Un'emozione davvero indescrivibile e mai provata. Era simile a quella che provavo quando ero con Newt, ma immaginare un futuro insieme, costruire una famiglia, era qualcosa che mi esplodeva al centro del petto, sarebbe stata la vita più bella del mondo.-Tu continuerai a studiare, mentre io lavorerò per google o cose informatiche.- dissi architettando tutto nei minimi dettagli.
-Ma no amore, studierò e lavorerò...così che compreremo una casa grande, in estate e in inverno andremo alla casa a lago di mio padre e staremo insieme. Tutti. E Chuck sarà l'amabile zietto che vizierà di coccole i nostri piccoli.- allargò la bocca in un sorriso smagliante.
"I nostri piccoli"
Altri innumerevoli brividi.
Felice, abbassai il capo e le nostre bocche si ricongiunsero , stavolta in un bacio più profondo e bagnato. Cominciammo a rotolare nel letto di una piazza e mezza, senza curarci di finire a terra, come in realtà successe. Fui io quello che urtò con il freddo pavimento, e Newt mi cadde addosso, un po' come l'inizio, a casa mia, cadendo dal divano. Ci scappò una risata, calda, profonda, sincera ma non ci lasciammo distrarre. Avevamo un obiettivo.
Eravamo presi dalla frenesia, dall'eccitazione, dalla felicità che tutto il resto era niente.
-Ti voglio-biascicai fissandolo dritto negli occhi, e subito sollevò la sua t-shirt grigia per disfarsene.
-Qui? Sul pavimento?- colpevolizzò ridacchiando, ora era privo di maglia e senza staccare il contatto visivo, continuava a baciarmi il petto, mordicchiandomi i capezzoli.
-Ovunque.- risposi in un gemito di piacere.
-Bene, allora non perdiamo tempo.- i suoi occhi si imbrunirono, diventando ancora più scuri di quanto già non fossero.Senza troppe cerimonie, afferrò l'elastico dei boxer e li tirò giù, liberando il mio fallo. Quello fu l'inizio di un preliminare stupendo: prima accarezzò la mia intimità con le sue mani ormai esperte, e poi la accolse nella sua calda bocca.
Il mio corpo sotto il suo tocco vibrava di eccitazione, scariche elettriche mi invadevano dalla testa ai piedi. Ero in estasi, e mai come allora capivo qualcosa. Dopo minuti di puro godimento, Newt staccò la presa, risalendo, adiacendo i nostri corpi l'uno all'altro.
Saliva lentamente fino a che le nostre bocche e i nostri bacini si scontrassero. Avvertii anche la sua intimità, che prorompente voleva essere liberata. La sfiorai, per poi prenderla in una presa più ferrea. A Newt scappò un gemito, che fu impossibile trattenere.
Dopo il primo provò a trattenersi, ma con scarsi risultati. Più lui gemeva più godevo anch'io, e con occhi liquidi guardandoci negli occhi ci istigavamo le erezioni a vicenda.Cosa ci importava? Eravamo soli.
-Sei così bello, amore...- proferì quell'amabile parola con maestria, facendomi nascere nuove scariche di elettricità. Poi si fiondò sulle mie labbra, rosse e infuocate.
-Quella parola...- mugolai, -mi provoca tanti brividi, dappertutto- ammisi sperando che iniziasse la sua vendetta e "prova di resistenza per me".
-Se è così...- enunciò con voce bassa e suadente. S'avvicinò al mio orecchio, e soffiando sul mio collo, con tono basso e roco-Amore, amore, amore...-ripeteva fino a farmi impazzire. Avevo gli occhi chiusi, ero stordito, desideravo che non si fermasse mai, che non smettesse mai di chiamarmi.
-Tommy!- chiamò allarmato, sollevando la testa rimanendo ancora a cavalcioni. Io ormai ero su un altro pianeta, mi servì qualche schiaffetto per farmi tornare alla realtà.
-Sì?- borbottai intontito.
-Mio padre è qui.- constatò ed entrambi sbarrammo gli occhi. Il biondino era leggermente in panico, e non nego che anch'io ero preoccupato. La paura non ci avrebbe condotto a nulla se non a un guaio, quindi preferii avere il sangue freddo e nascondermi sotto al letto. Il mio ragazzo, invece, balzò sul letto coprendosi con le coperte.
Pochi secondi e Mike aprì la porta.
-Ciao Newt!- il tono con il quale proferì il nome del figlio era leggermente cambiato, come se fosse leggermente sorpreso.
-Papà...- mormorò il figlio restando sotto le coperte. Fece un colpo di tosse, provando a eliminare il timore nella sua voce.
-Tutto bene?- chiese ripetitivo il genitore, notando lo strano atteggiamento del suo interlocutore.
-Sì certo...perché?- rispose subito Newt, apparendo il più naturale possibile.
-Beh, ci sono trenta gradi all'ombra, è un po' anormale che tu abbia freddo.- Era sospettoso, e Newt per quanto volesse apparire convincente non era il massimo della naturalezza.
-Fa così caldo?- ripeté balbettando un po'-Non me ne ero accorto.-
-Capita... Sai dov'è Chuck?- domandò curioso Mike togliendosi gli occhiali.
-Da Sam, il figlio dei vicini.- enunciò con tono più sicuro.
-E Thomas?- domandò con tono diverso...quasi divertito.
"Newt non dire stupidaggini, ricorda che tra i due sei tu quello intelligente."
Esitò, mugolò qualcosa di incomprensibile e poi-Thomas è uscito.-
-Uscito.- non capii se quella di Mike fosse un'affermazione o una domanda, il tono però faceva intendere a qualcosa di insicuro, come se mettesse in dubbio. Che ci avesse sentiti?
-Sì, è uscito a comprare qualcosa...-ripeté evasivo.
-Va bene.- proferì Mike e dalle scarpe che si allontanavano potei dedurre che stava per uscire dalla stanza. Aprì la porta,
-Newt- chiamò, e il figlio rispose con un -Sì?- precipitoso.
-Dì a Thomas che ha dimenticato un piede.- si voltò, e prima che potesse chiudere la porta, simpaticamente proferì- Ciao anche a te, Thomas. Io e Chuck vi aspettiamo giù.- la porta si chiuse dietro la figura magra e slanciata di Mike, e anche se inizialmente eravamo entrambi morti di vergogna , non riuscimmo a trattenerci, entrambi scoppiammo in una fragorosa risata come se non ci fosse un domani.
Dopo esserci calmati, Newt ed io scendemmo insieme, provando a non pensare all'accaduto. Dello stesso parere era Mike che con un-Ce ne avete messo di tempo!- ci aveva richiamato dalle nostre occhiatine provocatrici. Chuck era seduto vicino il padrone di casa, il piccoletto stringeva una bustina di pop-corn, mentre Mike in una mano aveva la birra, e in un'altra un tramezzino.
-Perché invece di due mani non ce ne sono state date tre?- borbottò fintamente arrabbiato-Dove lo metto il telecomando?- io e il mio ragazzo continuammo a sorridere, raggiungendo gli altri sul divano.
-C'è la finale di rugby, non me la perderei per niente al mondo.- avvisò Mike senza che nessuno gli dicesse nulla.
-Mi stai dicendo che sei tornato dall'ospedale, lasciando tantissime persone al loro triste destino, senza medicine, cure, controlli per una finale?- domandò ironico, e nel suo tono era presente un po' di asprezza. Suvvia, sappiamo tutti perché il mio ragazzo era così infastidito.
-Figliolo, non è una finale ma la finale!-ribatté quello più adulto, prendendo qualche popcorn da Chuck, che anche se lo nascose riservò a Mike un'occhiata accigliata.-I Wallabies sono in crisi!- tuonò nervoso, facendo il tifo per la squadra apprezzata.
Il mio ragazzo roteò gli occhi, mostrando pienamente il suo disaccordo.
E così, tutti e quattro appollaiati sul divano di casa, mangiucchiando qualcosina, guardammo quella partita o almeno fingemmo, perché io avevo qualcuno di più importante ed essenziale, e dello stesso parere era Newt.
Con sguardo innamorato, mano nella mano ci fissavamo, fiduciosi per il nostro bellissimo, divertente e magico futuro insieme.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top