03. Ognuno per se
Tirdas, 18° del Primo Seme, Anno 249 della Terza Era
All'interno della piccola forgia circolare, il capo dei banditi andava su e giù, nervosamente, le mani appoggiate ai fianchi, scuotendo la testa e guardando regolarmente alle nuvole che, presto o tardi, si sarebbero dovuto diradare.
Il fabbro e gli altri due banditi erano anch'essi in attesa di una schiarita.
"Senza luce lunare non posso completare la forgiatura di queste spade, Kassius. Questa forgia imbriglia il potere della Luce Lunare nell'acciaio solo se la luna lo illumina durante questa fase..."
"Lo so, lo so, accidenti. Quella vecchia megera mi aveva assicurato che stasera ci sarebbe stata luna piena e niente nuvole, dannazione"
Un rumore di stivali sulla pietra dell'ingresso attirò la loro attenzione.
"Chi c'è?" gridò la donna sfoderando la sua spada di ferro. Non ottenendo risposta, tutti i banditi tranne il fabbro uscirono allo scoperto con le spade sguainate. Giunti all'esterno, videro il guerriero, in piedi sull'ultimo scalino della lunga scalinata di pietra delle Lune Silenti.
"Che cosa vuoi, Khajiit?"
Keiko rimase a fissarli senza fiatare per diversi secondi.
"Vattene o saremo costretti a ucciderti"lo minacciò la donna sfoderando lo sguardo più cattivo che aveva.
Keiko fece un passo in avanti, salendo l'ultimo scalino.
"Pensavo che questo posto fosso abbandonato"commentò il Kajiti dopo averli squadrati a lungo.
"Beh, non lo è, ora sparisci se non vuoi morire"
Keiko si prese il tempo per valutare i suoi avversari con calma, uno alla volta.
"Non mi sono spiegato. Sono venuto qui perché questo posto è abbandonato da secoli e così voglio che rimanga. Andatevene finchè ne avete la possibilità"
Il Capo dei Banditi diede una veloce occhiata a quello sbruffone di un Kajiti. Era il più grosso che avesse mai visto. Aveva un'armatura pesante dei Barbari, rifinita con corna d'alce e piume di falco, un pesante mantello nero rendeva la sua figura ancora più imponente e minacciosa, resa tale dagli artigli d'orso che spuntavano dalle spalle, e dall'elmo ricoperto dalla testa di un Denti a Sciabola. Era grosso per essere un Kajiti, vero, tuttavia, tutto il suo equipaggiamento era visibilmente ammaccato, logoro, ricoperto da ampie macchie di sangue scuro. Doveva aver combattuto, e anche se lo spadone d'ambra che aveva alle spalle sembrava un'enorme scheggia di fuoco solido, in tre potevano abbatterlo tranquillamente.
"Siamo tre contro uno, micetto, sarà un piacere sfilarti quello spadone d'ambra dalle mani" Keiko, senza battere ciglio, estrasse un pugnale dalla cintura grande come il suo avambraccio, con l'impugnatura d'ebano e la lama di metallo nanico.
"Questo dovrebbe bastare per trapassare le vostre deboli armature di cuoio. Ruggito di Fiamma rimane dov'è"
I tre attaccarono a testa bassa.
Keiko si mosse a sinistra, schivando ampiamente l'affondo della donna e in un singolo movimento, afferrandole i capelli, le affondò il pugnale in pieno petto, alzandola da terra di una decina di centimetri. L'altro bandito fece partire un fendente orizzontale col suo martello d'acciaio, incontrando solo l'aria mentre Keiko si abbassava per schivare anche quel colpo. Il Kajiti riemerse con un fendente verticale che aprì l'addome del gracile Nord, il ventre, il petto, fino alla gola, lacerando la carne e la fragile armatura.
I suoi riflessi felini gli permisero di vedere la freccia di oricalco partire nello stesso momento in cui il Capo dei Banditi la scoccava. Keiko schivò il dardo sulla destra, per poi afferrare il coltello con tutte e due le mani e scagliarlo addosso al suo avversario. Il colpo fu talmente potente che trapassò la spalla destra di Kassius da parte a parte, facendolo volare indietro di qualche metro e inchiodandolo alla pietra della forgia. Il guerriero si avvicinò fino a guardarlo dritto negli occhi. Il muso felino e gli occhi cristallini fecero mancare il poco respiro che rimaneva al bandito.
"E' vostro il carro in fondo alla scalinata?"
Il Bandito annuì energicamente cercando di sopportare il dolore al meglio delle sue possibilità. I suoi sforzi inutili terminarono in un urlo quando Keiko prese la lama e la fece ruotare nel suo petto.
"Quello è il carro di una carovana Kajiti. I mercanti Kajiti sono pacifici e indifesi" sussurrò Keiko con tutta la rabbia che aveva in corpo, soffiando e mostrando le zanne, per poi concludere quell'agonia estraendo di colpo la lama dal suo corpo.
Il bandito cadde in ginocchio, coperto di sangue, con i muscoli allo spasmo per la tensione, incapace nemmeno di gridare per il dolore. Riuscì a rimanere così, mentre i primi raggi di luna spuntavano dalle nuvole che si diradavano.
"C'ho ripensato, bandito. Userò la mia spada contro di te" disse mentre sfilava Ruggito di Fiamma dal fodero. Il cristallo ambrato si illuminò di migliaia di schegge argentate mentre lo calava sul suo cranio più e più volte.
Keiko si prese il tempo per pulire lo spadone, rinfoderarlo e cominciare a frugare nelle tasche dei cadaveri. Arrivato, infine, al cadavere ormai senza testa del Capo banda, sentì una freccia sibilargli alle spalle. Ormai sicuro di essere stato colpito, irrigidì i muscoli per prepararsi all'impatto, che non arrivò.
Alle sue spalle, invece, un tonfo annunciava qualcuno che cadeva a terra a peso morto.
Voltandosi, vide il fabbro con una freccia d'acciaio che gli trapassava il cranio e gli fuoriusciva dalla bocca.
Sathya saliva gli scalini ancora con l'arco di ebano in mano.
"Potevi colpirmi" protestò Keiko.
"Si, se avessi avuto la tua mira quasi sicuramente, anche se è probabile che non avrei preso nemmeno lui. Non conosco le usanze di Elswyre, ma nella lingua di noi Nord si dice 'Grazie'"
Keiko sorrise, raggiungendola a metà scalinata. Si abbracciarono e rimasero abbracciati per diverso tempo.
"Dovremmo entrare, non è sicuro qua fuori"sussurrò la ragazza.
"Tutt'altro. Qui posso vedere ogni cosa, sentire ogni cosa, mi sento più a mio agio all'aperto. Vieni, scaldiamoci un po'" Sathya amava il modo in cui Keiko le dava sicurezza, quella sua voce decisa e profonda.
Scesero i gradini fino a giungere a un piano rialzato, alla base della scalinata, dove i primi Nord che avevano eretto quel tempio pagano mangiavano tutti insieme ciò che avevano pescato o cacciato.
Accese il fuoco e ci buttò a scaldare carne di cervo.
"Hai notizie degli altri?"
Keiko scosse la testa.
"Secondo te, verrà qualcun altro?"
Quella era la domanda che si ponevano entrambe. Era passata una settimana dal loro ultimo incontro, da quando era successo l'impensabile. Niente sarebbe stato come prima.
"Non so cosa dirti Sathya. Rayya, Valdimar, Onmund, Kharjo, tutti morti. Gli altri li ho persi di vista durante la battaglia, ma se sono vivi si stanno nascondendo"
Sathya, che guardava sconsolata alle lande silenziose e buie di Skyrim, cercava di dare un senso a ciò che era loro successo, per ricomporre i pezzi e ripartire.
"Tu hai visto qualcuno che si è salvato?"replicò il Kajiti, ormai senza speranza in buone notizie.
"Io e Faendal abbiamo ripiegato al primo livello, siamo stati tagliati fuori dalla battaglia quasi subito. Ho visto Lob e Ugor aprirsi la strada verso il declivio di Morthal..." fece una pausa, per frenare le lacrime.
"Aela è stata colpita a una spalla e non so, forse non ce l'ha fatta, mentre i Demora... hanno fatto a pezzi Delphine" Scosse la testa, mentre le lacrime scendevano calde sul viso.
"Com'è possibile, Keiko? Doveva essere la resa dei conti, la fine della stirpe di Alduin. E invece ci hanno annientati"
"Qualcuno ci ha traditi" Sathya sciolse il filo dei suoi pensieri. Non aveva valutato quell'ipotesi. Rimase confusa a guardare il Kajiti che spiegava le sue ragioni. Chi mai poteva averli traditi? Chi poteva essere talmente folle da schierarsi con un Sacerdote di Drago?
"Il sacerdote che ci ha teso l'imboscata, sapeva che stavamo arrivando, sapeva che aveva bisogno dell'energia dei tre draghi antichi che ha sacrificato per evocare tutti quei Demora. Qualcuno lo ha informato, gli ha detto quanti eravamo e quando saremo arrivati ..." allungò una mano, per farle segno di stare immobile e fare silenzio. Drizzò le orecchie e scostò il muso di lato, in ascolto. Annusò l'aria un paio di volte prima di parlare.
"Maledizione Faendal, esci allo scoperto, siamo al sicuro qui"
Dal boschetto alle loro spalle, appena fuori le rovine delle Lune Silenti, delle foglie si mossero dal buio, staccandosi dal resto del sottobosco come se si animassero in quel momento. L'Elfo, ancora con l'armatura leggera infusa dall'essenza di Sprikkan, scavalcò agilmente le rovine e raggiunse gli altri. Sathya si alzò per abbracciarlo.
"Faendal, dov'eri finito? Pensavo di averti perso"
L'Elfo sorrise, anche se il suo consueto entusiasmo per l'avventura sembrava essersi dissolto.
"Ho attirato dietro di me quanti più Demora potevo, poi sono sparito. Non potevo continuare a seguirti, Sathya, mi dispiace" La ragazza sorrideva, felice di aver ritrovato il suo amico. Il Bosmer, poi, si rivolse al Kajiti, con la stessa espressione buia.
"Ho sentito degli altri. Io non ho visto nessuno lassù, ho tentato di salvarmi la vita e il resto non me lo ricordo. Sono stato alla Tenuta prima di venire qui. Nessun altro ha fatto ritorno, siamo soli" Keiko, di tutta risposta, si limitò ad abbassare la testa e rimanere in silenzio.
Sathya, incredula, guardò prima uno e poi l'altro.
"Perché dite così? So cosa diceva il protocollo per una disfatta simile. Dovevamo incontrarci qui o alla Tenuta, ma potrebbero essere in ritardo, o in difficoltà, dobbiamo cercarli, aiutarli. Il Sangue di Drago si rifarà vivo e vendicheremo le Blade cadute"
Ci fu un lungo silenzio, in cui la ragazza intuì che c'era qualcos altro.
"Il Sangue di Drago non tornerà, Sathya"la ragazza Nord ebbe un attimo di esitazione, e si trovò di colpo ad affrontare quella remota possibilità che nessuno di loro amava considerare.
"E' ... è morto?" sussurrò lei con un filo di voce.
"No – replicò senza enfasi il Kajiti – o almeno, se lo è non è morto lassù. Ero con lui quando il Sacerdote di Drago ha aperto il portale per l'Oblivion. Stavamo combattendo fianco a fianco, poi l'abbiamo vista. Lydia era da sola, isolata sul fianco a sinistra dell'altare del drago, incalzata da decine di Demora e Signori della Morte Draugr. Abbiamo provato a raggiungerla, ma erano troppi e continuavano ad arrivare. L'hanno fatta indietreggiare sino a uno di quei contrafforti sospesi per le vedette. L'ultima cosa che ricordo, prima che Brelyna riuscisse a creare l'esplosione elettrica e chiudere il portale per l'Obliovion, è Lydia che cadeva dalla torre" Sathya, a quella notizia, ebbe un fremito, e sentì il terreno mancarle sotto i piedi.
Faendal ripensò a quella notte alle Lune Silenti per tutta la serata.
Non avrebbe dormito quella notte. Mentre la luna correva alta nel cielo, l'Elfo decise di aprire il baule per la prima volta dopo molti anni. Fu come una pugnalata al costato, quella che oltre al dolore ti toglie anche il fiato.
C'era tutto. La sua corazza leggera Verdefoglia, appositamente forgiata per lui e Athis dal Sangue di Drago. I coltelli di Stalrhim e metallo Elfico, il mantello nero dei Ranger. Infine, allungò la mano e raccolse l'arco Brezza dell'Ovest. Rimase a contemplare ancora una volta la lucentezza dell'ebano, le rifiniture argentate.
Chiuse il baule e, senza pensarci un secondo di più, raccolse le sue frecce d'acciaio e uscì di casa. I boschi attorno al villaggio brulicavano di selvaggina, ma non di notte. Non usava il suo arco incantato da anni ormai, e per la selvaggina era completamente sprecato. Di notte, cacciano i lupi.
Risalì il fianco della montagna per decine di metri prima di incontrare tracce della presenza di lupi. Erano anni che non sentiva più il brivido della caccia. E' senza quello, cos'è un Dunmer?
Mentre Fanedal correva nel sottobosco, leggero come le foglie d'autunno che s'adagiano al suolo cullate dal vento, sentiva la sua natura di Elfo dei Boschi chiamare. Ma nessuno rispondeva. Era quasi arrivato al confine del suo territorio di caccia, al limitare delle pinete che portavano a Helgen. Non sentiva nulla. Nessun brivido lungo la schiena, nessun fervore, nulla.
Un ululato interruppe il silenzio della notte, lontano, a Nord.
Si sentiva, invece, stanco, spossato.
Perduto.
Lob e Ugor stavano litigando, per l'ennesima volta, su chi dei due avrebbe dovuto brandire Resya, la spada di puro Oricalco della tribù di Orsimer di Largashbur. Entrambi sostenevano di saperla maneggiare meglio del altro, entrambi erano certi che i Draghi avrebbero trovato la morte per mano loro, e con quella spada.
Il Sangue di Drago aveva detto che la spada andava a uno solo di loro, e loro, un po' per orgoglio, un po' per zittire le voci che sussurravano su un loro coinvolgimento amoroso, se la stavano litigando da una settimana. Poco importava. Mancavano quattro giorni alla missione, alla resa dei conti.
Faendal sorrise all'idea. Stupidi Orsimer e le loro credenze barbare. Lui era pronto, erano tutti pronti. Era finita. Avevano vinto.
"Faendal, hai da fare?" la voce potente e decisa di Keiko lo raggiunse da una parte all'altro dell'ampio salone della Tenuta. L'elfo si sfilò il cappuccio della sua armatura.
"No, Capo"
Keiko scosse la testa.
Sceso al piano di sotto, si accostò alla sedia dell'Elfo e si guardò attorno.
"Non mi chiamare così, sai che mi mette a disagio"
"Mmh.. povero micetto"
"Non sono il capo, Il Sangue di Drago è il capo, e Delphine è il suo secondo"
Faendal, dondolandosi appoggiato sullo schienale della sedia, gli allungò un sorriso e punto l'indice sul Kajiti
"E quando entrambe sono via, tu, sei il terzo in comando"
"Ah, piantala" l'Elfo rise. Non provava particolare gusto a prendere in giro Keiko, ma il Kajiti si era dimostrato il più accessibile della compagnia, e i Dunmer non legano bene nemmeno con i Dunmer. Almeno non era uno stupido Orco, era il primo Kajiti che con cui aveva scambiato un po' di parola in tutta la sua vita.
"Stavo andando a caccia nel Sud, a essere onesti, vicino Falkreath, per tenermi in allenamento. Avevi qualcosa per me?"
"Avrei un favore da chiederti, dovresti accompagnarmi in un posto"
"Dove?" Keiko si prese un attimo, arricciando le labbra e lisciandosi i baffi.
"A Whiterun, devo ritirare una spada da Eorlund per il Sangue di Drago, qualcosa di nuovo" Faendal non si scompose. Rimase diversi secondi a dita incrociate, aspettando il momento in cui quella battuta diventava divertente.
"Cioè... è tutto? Ti devo accompagnare fino a Whiterun solamente per ritirare una spada? Sul serio?"
"No è che... ci saranno anche i due Orchi. Ah, ti prego, non farmi andare da solo con loro" lo interruppe il Kajiti prima che l'Elfo cominciasse a protestare.
Faendal scosse la testa, con uno sguardo di rimprovero per averlo incastrato in quella situazione.
Nel primo pomeriggio del giorno seguente, mentre salivano le scale di pietra che portavano alla Forgia Celeste, il Dunmer non resse più il fastidio.
"E' l'ultima volta che ti faccio un favore, Keiko. Questi due sono insopportabili, non hanno fatto altro che litigare per quella maledetta spada da quando siamo partiti"
"Perdonami Faendal – rispose Keiko allargando le braccia – Avevo bisogno che ci fossi anche tu"
La parte più interessante e curiosa era sicuramente ciò che condivideva con il Kajiti. Una profonda e innata empatia. In quel momento, Faendal realizzò che il Kajiti non aveva bisogno di un compagno di viaggio, ma di un amico.
Giunti da Eorlund si persero nei soliti convenevoli per un po'. In particolare, il vecchio Nord era uno dei pochi che sopportava bene i due Orchi. L'ampia fama che gli Orchi avevano come ottimi forgiatori faceva si che quei tre si trovassero a loro agio assieme in ogni occasione, visto che il loro unico argomento di conversazione era anche il loro preferito.
"Allora, Keiko, che posso fare per te in questa splendida giornata?"
"Sono venuto a ritirare le armi ordinate dal Sangue di Drago. E anche la sua spada personale" Eorlund si mise le mani sui fianchi, sorpreso.
"Uhm... non ho niente per lui personalmente. Credo ci sia stato un malinteso. Ho fatto questa, ma non è per il Sangue di Drago" disse Eorlund estraendo dalla rastrelliera alla sua destra uno spadone nel suo fodero e consegnandolo al Kajiti.
"Ha pagato una bella cifra per questo gioiellino, te lo assicuro, e ne vale ogni Septim. Ma non è sua, questa l'ha fatta fare per te"
Keiko rimase in silenzio a contemplare la spada. Il fodero di cuoio, ferro e acciaio era rivestito di un leggero strato di pelliccia. Il manico, lungo e stretto, era affusolato e abbellito in oro e argento. Con l'aiuto di Faendal, estrasse la lama e tutti, Orchi compresi, rimasero a bocca aperta ad ammirare quella meraviglia.
"L'ho chiamata Ruggito di Fiamma. E' incantata, c'ha pensato Farengar. Quando colpisci i tuoi nemici, bruci la loro carne. Non male eh?"commentò Eorlund con le possenti braccia incrociate sul petto, ammiccando con orgoglio verso i due Orchi i quali, ancora in ammirazione, cominciarono subito a fare domande al fabbro Nord.
La lama d'ambra era spessa e levigata, uno spadone pesante ma ben equilibrato, la sua arma preferita.
"Wow – esclamò l'Elfo – niente male come regalo. Sarei invidioso se non fosse che uno spadone così pesante non riuscirei nemmeno a sollevarlo"
Tuttavia, Keiko non ebbe nessuna reazione alla vista di quell'arma meravigliosa.
"Ti sei bloccato? Cos'è, un'usanza di Elswyre di fronte alle belle sorprese?" non ricevendo risposta, Faendal si sporse verso il suo amico.
"Keiko? C'è nessuno?"
Il Kajiti si riprese e, senza perdere tempo, si rivolse agli Orchi.
"Prendete le armi di Eorlund e caricatele, io e Faendal dobbiamo andare a Dragonreach. Grazie Eorlund, le tue armi sono sempre dei capolavori" Il vecchio ringraziò con un cenno del capo mentre gli altri due si avviavano.
Con stupore dell'Elfo si diressero proprio dal mago, ignorando lo Jarl e tutti gli altri presenti.
"Farengar"si annunciò il Kajiti.
Il Mago dalle vesti blu era chino su delle mappa, la solita aria indolente e quella punta di presunzione che lo contraddistingueva fin da quando era giovane.
"Come posso sprecare il mio prezioso tempo con voi, Signori?" Faendal odiava i maghi, ma quell'uomo, in particolare, non lo aveva mai sopportato.
"Siamo venuti per l'anello" sintetizzò Keiko, anch'egli poco incline alla compagnia di Farengar. Il mago si raddrizzò prontamente e allungo un sorriso forzato.
"Qualsiasi cosa per il Sangue di Drago" commentò ironicamente sparendo in una delle sue stanze, solo per riapparire dopo qualche secondo con un cofanetto in mano.
"Senza la misura corretta del dito non ho potuto fare di meglio, comunque, la gemma di Akatosh può essere recuperata se volete cambiarlo, ma vista la potenza dell'incantesimo all'interno, se proprio non si può fare a meno, è meglio che la recuperi io"
Faendal si fece vicino, occhi sgranati, in attesa di una spiegazione. Era l'anello incantato più bello che avesse mai visto. Ringraziarono un disinteressato Farengar e si avviarono solo per fermarsi alla cima della scalinata nella sala principale.
"E' finita Faendal – commentò il Kajiti rigirandosi l'anello tra le dita – Quando avremo finito con i draghi, Il Sangue di Drago scioglierà le Blade" Faendal rimase senza parole. Che quella che stava per arrivare fosse la fine della loro missione lo sapeva, ma si rese conto di non aver mai realmente pensato al dopo.
"E questo cos'ha a che fare con la spada e l'anello?" Gli occhi di Keiko non brillavano più.
"Mi ha chiesto di sovrintendere alla Tenuta, per ringraziarmi dell'aiuto e della fedeltà dimostratagli"
Faendal scosse la testa.
"Non possiamo fermarci. E se ci fossero altri Draghi? O se venisse fuori un altro Miraak?" Keiko prese un profondo respiro.
"Delphine rimetterà a nuovo il Santuario Celeste delle Blade, lei vuole continuare, Il Sangue di Drago le ha dato i fondi che servivano per la mano d'opera, ma se nessuno di noi la seguirà... beh, ci penserà qualcun altro agli eventuali Draghi rimasti" Faendal, senza capire, scosse la testa sconsolato.
"Perché vuole lasciare?"
Keiko, con un sorriso velato d'amarezza, gli mostrò l'anello.
"Credo sia stanco di tutto questo. Vuole chiedere a Lydia di sposarlo"
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