- 20 - Dott.r Jakyll & Mr. Hide

(Ricky Horror - "Devil's Night" music video)


Era mezza notte e stavo dormendo beatamente tra le braccia di Rick.
Il bus era abbastanza silenzioso.
Vinny e Balz guardavano una partita registrata dei Chicago Bulls, mentenendo il volume basso per non disturbare me e Devin che riposavamo.
Ricky mi cingeva e leggeva un libro mentre Chris rispondeva ai fans su Twitter e Korel si occupava di faccende burocratiche.
Dal piano superiore scese Ryan che attirò l'attenzione di tutti schiarendosi la voce.
Fece segno di voler anche la considerazione mia e di Devin, così ci svegliarono.
Sitkowski stava sul primo gradino col sorriso stampato in volto, fremeva dalla voglia di annunciarci non sapevo cosa.

«Ha quella faccia allegra solo quando si è sparato una sega oppure quando ha un'idea delle sue.», mi ridacchiò Ricky all'orecchio, ma ero ancora troppo intontita per coglierne il significato.

«Ti ho sentito.», lo fulminò per un istante, «Questa volta si tratta di una delle mie stupende idee.», chiarì

«Spara.», disse Chris riposando lo sguardo dal telefono, poco interessato al compagno.

«Mettiamo la musica e balliamo!», propose Ryan allegro ricevendo un coro di rifiuti.

«Solo perché ti gira così?», chiese Devin stringendosi al petto un cuscino.

«Sembrerebbe divertente.», espressi la mia opinione evitando che il chitarrista si mettesse a piangere.

«Dai, via telefoni e basta televisione!», il suo entusiasmo si rianimò insistente rubando anche il libro dalle mani di Rick e scollando gli altri dalle loro attività.
«Si parteeeeeeee!», Ryan pareva brillo.

Con mia sorpresa, la sua playlist da discoteca-bus conteneva artisti quali David Guetta, Afrojack, Will.I.Am, Avicii e altri degli stessi generi.
Per l'appunto la parte più divertente fu quando ballammo "Animales" di Martin Garrix, durante il ritornello, quando c'è quella melodia simile ad uno xilofono.

Hai presente?
Ecco.
Immaginatelo.

Quasi si fossero messi tutti d'accordo, quando iniziò quel pezzo si misero tutti in fila ed iniziarono a twerkare.
Chi, come Devin e Vinny, sculettavano così bene che sembrava che avessero preso lezioni private da Niki Minaj, chi come Ryan che andava completamente fuori tempo nello sforzo di muovere il fondoschiena.
Chris si era perso e cercava di capire cosa fare guardando gli altri con aria confusa e Josh faceva il sonoro canticchiando "tutturu-tutturu-tutturutù", mentre Ricky... Be', Ricky era talmente negato che invece di scuotere il sedere usava la testa.
Vinny rideva di gusto, si divertiva da matto, e m'invitò ad unirmi alla danza di gruppo.
Mi allineai a loro e, negata oltre ogni immaginazione, iniziai ad ancheggiare timidamente e a scuotere lente le braccia non sapendo cosa fare. Ero ridicola, ma mai quanto Ryan.
Non so come gli venisse in mente di ballare la quadriglia o di imitare le mosse di John Travolta sulle note di Florida.
Presto il sonno gravò sulle mie palpebre ed andai a sedermi sul divano, guardando divertita i sei ballare sfrenatamente.

Questa non me l'aspettavo.
Sorrisi, seppur spossata.
Dopo una giornata piena di fatti estenuanti e scovolgenti, dopo un concerto di un'ora e dieci, loro avevano le forze di ballare la notte.
La loro professione non è la musica, è l'energia, pensai stupita.

Dopo un altro paio di canzoni lo spirito della serata si affievolì e Chris fu il primo ad appisolarsi su un divanetto.
Ryan sfoderò una chitarra classica, mentre Korel si collegò via Skype con sua moglie.
Il chitarrista iniziò a pizzicare le note secondo una dolce melodia, mentre i due omonimi Josh, intonarono una canzone dedicata alla donna dietro allo schermo che teneva in braccio il figlio addormentato.

«When your legs don't work like they used to before. And I can't sweep you off of your feet.», iniziò Korel, per poi indicare Ryan che continuò.

«Will your mouth still remember the taste of my love? Will your eyes still smile from your cheeks
Con un cenno della testa passò il turno a Balz che mimava l'accompagnamento al piano.

«And darling I will be loving you 'til we're 70. And baby my heart could still fall as hard at 23...», si unirono anche gli altri due per il ritornello, «And I'm thinking 'bout how people fall in love in mysterious ways, maybe just the touch of a hand. Oh me I fall in love with you every single day and I just wanna tell you I am. So honey now take me into your loving arms. Kiss me under the light of a thousand stars. Place your head on my beating heart
I'm thinking out loud maybe we found love right where we are

«Ragazzi, non entrate nel bagno sotto o potreste morire. Ne ho fatta una...!», esclamò Vinny schifato, mettendosi tra il PC in videochiamata e i tre musicisti.

«Vinchenzo!»

«Levati!»

«Che schifo.»
Protestarono facendo svegliare Chris.
Intanto dall'eBook proveniva la risata della donna che si mischiava con la mia e quella dei presenti.

«Forse è meglio se andate tutti a letto, come quest'ometto.», disse Mrs. Korel guardando il bambino appisolato tra le sue braccia premurose.
Josh salutò l'amata e ripose il computer, raggiungendoci verso le brandine a cuccetta, per dormire.

Era imbarazzante.
Dovevo dormire in un pigiama costituito da pantaloncini inguinali e cannottiera succinta perché gli altri pigiami erano ancora bagnati dalla lavanderia dall'albergo.
Ed i ragazzi, dalla loro parte, dormirono in soli pantaloncini.
Mi affacciai dalla tendina curiosa.
Era un tripudio di tatuaggi.
Colori sopra colori, ombre, sfumature, volumi... Mi stava andando in tilt il lato artistico, così strizzai i miei occhi, diedi a tutti la buonanotte e chiusi la tenda della mia branda intenzionata a dormire.
Mi chiesi se allora, dopo tutto, avrei avuto ancora i miei incubi, ma erano le 03:47 ed ero ancora sveglia mentre scandivo i secondi ascoltando il russare di Josh.
Poi sbucò una testa dalla brandina sopra la mia.

«Pss... Sof, sei sveglia?», mi chiese a bassa voce Rick.

«Sì.», bisbigliai di risposta, sconsolata, «Andiamo giù?»

«Ok.», scese piano dalla brandina senza far rumore e io illuminai il pavimento con lo schermo del telefono, la torcia sarebbe stata troppo luminosa e non volevo disturbare il sonno dei ragazzi.

«Come va la pancia?», gli chiesi sempre con voce bassa, una volta al piano inferiore, rifugiati nel salottino più piccolo, quello sul fondo del bus dove non andava mai nessuno.

«Be' la vedi, no?», era quasi completamente livida, se piegava il busto urlava di dolore.

«Cosa vuoi fare?», gli chiesi con aria annoiata. Mi bruciavano gli occhi dal sonno, ma dormire mi risultava impossible.

«Se potessi ti scoperei, qui, ora. Su questo pavimento, senza delicatezze.», sussurrò al mio orecchio con voce istigante ed irresistibilmente sexy.
Non era come la sua solita. Era rauca e tagliente, aveva lo stesso effetto di una lametta sul polso.

«Non possiamo!», risposi critica, ma intrigata.

«È questo che lo renderebbe ancora più eccitante.», si staccò dal mio orecchio, si alzò per prendere un foglio che strappò in piccoli bigliettini e ci scrisse sopra.
Quando si rigirò verso di me aveva uno di quei sorrisi insoffocabili causati dall'esagitazione.
«Scegline uno!», m'incitò posizionando i pezzeti di carta sul pavimento capovolti.

Chiusi gli occhi e feci roteare il polso lasciando che l'indice ne puntasse uno a caso. Lo presi, c'era scritto "denti".
«Denti?», chiesi confusa sentendo il cervello rallentato dalla stanchezza.

«Se ti sdrai e stai ferma ti mostro cosa intendo.», disse a voce bassa, tornando subito provocante.

Seguii il suo ordine, molto tesa, stendendomi sulla moquette del bus.
Sentivo che si trattava di un giochetto firmato 50 sfumature di procione e non sapevo se esserne felice o no.
Rick inziò calandomi i pantaloni mordendoli all'elastico.
Fece lo stesso con l'intimo.
Mentre trascinava la stoffa verso le mie caviglie, il tocco delicato della punta del suo naso con la mia pelle mi provocò i brividi lungo tutte le gambe.
Iniziò a sfiorare l'interno coscia, peggiorando la situazione.
«Ricky, smettila... Che facciamo se...», mugulai, «Se... Q-qualcuno scende e c-ci vede o-ohh... O ci s-sente?»
Lentamente la mia rigidità scemò nonostante Rick si strappò pure di dosso i bermuda.
Era così compromettente.

«Non farti preoccupazioni inutili, sono io il tuo unico problema in questo momento.», si stese su di me e mi baciò dalla clavicola all'incavo nel collo.
Mi strinse i polsi tendendomi le braccia in alto ed incollate a terra mentre inarcai la schina ottenendo i nostri petti aderenti ermeticamente.
Posai la fronte contro il suo collo, sentendo le sue vene pompare il sangue ad un ritmo già accellerato.

Mi consigliò di non far rumore e mi penetrò.
Iniziai a sentire nella mia testa una musica incalzante, una di quelle tipiche e passionali melodie spagnole con la chitarra classica.
«Rick, hai i-i li-v...», mi fermai per evitare un urletto, «I lividi. Non t-ti f-fanno mal-e?», domandai preoccupata.

«P-per l'amplesso, questo e-ed altr-o.», rispose stringendo i denti per godersi al massimo il piacere.

Mi lasciai sfuggire una risata breve, interrotta da un grido che soppressi mordendomi l'interno guancia.
Incrociai le braccia dietro il suo collo e gli tirargli il labbro mordendo i suoi piercings, avevano quell'inconfondibile amaro delle sue Marlboro.
Sentivo la pelle in fiamme e la mia anima impetuosa come le acque sulle rapidi.
Quando l'ormai bacio passionale e profondo finì, lui s'allungò nuovamente al mio collo e lo attaccò fino a marchiarmi di viola.
Proseguì con dei baci salendo fino all'orecchio, mi mordicchiò lievemente il lobo e me lo tirò provocandomi un gradevole dolore.

«Dimmi che posso accelerare e finire prima. Ho male.», mi supplicò fermandosi per qualche attimo.

«Mi stai implorando di farti venire la eiaculazione precoce?», al limite del ridicolo aggrottai la fronte e lui annuì.
Ci teneva a finir l'opera e il male all'addome non gli permetteva di farlo nel modo migliore, quello che entrambi preferivamo.
«Va bene.», risposi a fior di labbra, lontana solo qualche millimetro dal suo orecchio.
Il mio fiato su di lui gli provocò una piccola carica di pelle d'oca lungo la schiena leggermente imperlata di sudore.
La sua traspirazione m'inebriava di un odore particolare, era pungente e raffinato, come se profumasse del suo intelletto contorto.
Adoravo la sua complicatezza e il suo modo tormentato di vedere la vita. Si nascondeva dietro saggezza e calma lasciando il suo essere indistinto e in continuo cambiamento dietro i suoi occhi azzurri e placidi. Mi eccitava.
Iniziò spingere più velocemente fino a farmi male.
Chissà cosa diavolo stesse pensando. La sua faccia non era affatto serena, anzi. Non esprimeva nè goduria, nè dolcezza. Pareva furioso e pericoloso, di nuovo.
«Rick, basta!», il dolore mi spinse a mettere un punto a quell'idea folle.
Poggiai le mani sulle sue spalle e lo scrollai per portarlo alla realtà.
I suoi occhi tornarono presenti.

«Scusami.», sospirò e si accasciò su di me, nascondendo quella che sembrava vergogna poggiando la sua testa dietro il mio collo a contatto col pavimento.
Ancora scossa da tale violenza, confusa dalla sua lunaticità, gli chiesi cosa succedesse.
«Mi capita di farmi prendere dagli istinti, direi.», si rammaricò alzandosi ed allontanandosi da me.
Mi misi a sedere, portando le ginocchia al petto per coprirmi. C'era qualcosa che non andava ed era più che visibile.
«Vado a prendere un altro antidolorifico.», con quella scusa si defilò, dopo essersi rimesso boxer e bermuda. Sparì lasciandomi sola a terra, scombussolata dai suoi comportamenti e a bocca asciutta.

Rindossai i vestiti, contrariata, e mi sedetti sul divanetto a riflettere.
Ripensai l'ennesima volta a quando Rick tirò quel destro al tecnico sonoro. Ricordai quanto fosse protettivo tanto da risultare cattivo, fino al punto di voler ridurre il migliore amico ad un cadavere.
Iniziavo ad esaminare tutto sotto un'altra luce, eppure Ricky rimaneva incrompensibile. Forse era solo questione di tempo, dovevo conoscerlo più approfonditamente, ma continuava ad esser paragonabile al Dottor Jakyll e Mr. Hide: era una bomba ad orologeria senza timer o altri segnali che indicassero quando potesse diventare critico.

Iniziai a tremare.
Rick era pericoloso.
Rick faceva paura.
E per quanto ne sapessi sarebbe potuto diventare violento anche con me.
Io continuavo a pensare e intimorirmi sempre di più mentre lui tardava a tornare.
Quando sentii qualcuno avvicinarsi finsi di essermi addormentata, temendo fosse proprio lui.

Il suo profumo si fece vicino a me e sentii una presenza far abbassare i cuscini accanto. Mi accarezzò i capelli, ancora madidi di sudore alle radici.
«Sal? Ciao.»
Sbirciai e distinsi il cellulare vicino al suo orecchio.
«No. Sto avendo ancora degli scatti di rabbia, ho bisogno di più psicofarmaci... Lo so, ma non posso fare altre sedute finché sono in tour.»
La sua mano poggiata sulla mia iniziò a tremare.
«Come sarebbe a dire? Non puoi fare una prescrizione, non so, qualcosa del genere via e-mail?»
Imprecò sotto voce, probabilmente la risposta fu negativa.
«È che c'è una persona che dorme affianco a me, per questo bisbiglio... Va bene.», rispose arreso, sbuffando.
Chiuse la chiamata alzandosi dal divano, si chinò si di me baciandomi una tempia e chiedendo scusa.

Scusa? Per cosa?
Sentivo la testa scoppiarmi.
Non capivo più nulla - o forse non volevo capire.
Sempre sbirciando, lo osservai prendere la birra che aveva portato prima di tornare e le sigarette.
Uscì dal bus sedendosi nel parcheggio buio e desolato.
Mi addormentai agitata, sentendo da dentro, le sue imprecazioni interrotte da singhiozzi.

C'erano molte cose che non mi aveva detto.

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