★ Mclennon ☆ - ❝Martha My Dear❞

JJ_McCartney

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Studio di registrazione di Abbey Road Londra, 1958
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"Sentite, se continuate così io e Ringo andiamo via", urlò George alzandosi in piedi, "abbiamo di meglio da fare che sentire Paul lamentarsi per la sua canzoncina".

"Senti George, non credo che sia tu a decidere qui", rispose con lo stesso tono Paul.

"Ma vai seriamente a quel paese", disse George prendendo Ringo per il polso e portandolo fuori dalla saletta di registrazione.

"Sentite ragazzi", parlò dal piccolo microfono George Martin, "adesso io vado a casa, voi discutete di quello che è successo e non voglio più vedere queste sceneggiate. Avete capito?".

"Certo George", sospirò John chiudendo gli occhi.

Appena l'uomo uscì dalla stanza Paul iniziò un'altra volta con le sue lamentele.

"Ma cosa si inventa ora George? Che io e te dobbiamo discutere di quello che è successo perché quello scemo di Harrison si arrabbia? Poi se non ha voglia di suonare la mia canzone, che siano cavoli suoi, non me ne può importar di meno".

"Ma sei stupido o sei stupido Paul? Per prima cosa scemo al nostro amico George non glielo dici, e per secondo, ti ricordo che è il tuo migliore amico e sono sicuro che hai bisogno di lui come hai bisogno dell'aria".

"Si certo".

"Voglio vederti suonare certi assoli come solo George Harrison sa fare".

"Senti occhialuto, non ti credere così intelligente".

"Parla la principessina che ha scritto una canzone per il suo cane... Martha, my love... Don't forget me... You've been always my inspiration... Paul, sul serio?".

"Io amo quel cane, problemi?".

"No, nessun problema... È solo che sei isterico Paul. Come se avessi perennemente il ciclo".

"John ma che razza di discorsi sono?! Io sono un uomo!".

"A volte non sembra".

"Sono arrabbiato, molto. Con te".

"Povero bimbo".

"Smettila di prendermi in giro".

"Come ordina la mia principessa".

"Lennon stai zitto".

"Certo".

"Non sei stato zitto".

"Scusami amore".

"Non chiamarmi amore".

"Perché no?".

"Perché sono sposato".

"Infatti è per questi che esistono gli amanti".

"Con questo cosa vuoi intendere?".

"Intendo quello che intendi tu".

"Io mi arrendo!", disse e si alzò dalla sedia per andare verso la sua giacca.

Anche John si avvicinò al ragazzo per vedere che stava facendo. "Che prendi?", chiese.

"Sigaretta", rispose il bassista seccamente.

"Prendine una anche per me". E Paul gliene porse una accendendogliela.

Si misero a fumare lì nel piccolo studio, così che l'aria diventò irrespirabile.

"Meglio uscire", propose l'uomo più vecchio aprendo la porta e facendo cenno a Paul di uscire.

Andarono in un piccolo parco lì vicino, che era ormai vuoto, sedendosi su una panchina.

Londra sembrava essersi addormentata. Nessuna macchina che passava, nessuna persona camminare. Come se il tempo si fosse fermato.

"Forse hai ragione riguardo a quella cosa dell'amante", sospirò Paul.

"Che intendi?".

"Intendo che... Beh non mi dispiacerebbe averti come amante", disse arrossendo.

"Ah, questo neanche a me", rise l'altro.

"E allora che vuoi fare?".

"Non so, portarti a letto e far sì che domani non riesci più a camminare".

"C-cosa?!".

"Sto scherzando, Paul. E che ne so, io inizierei col baciarti".

"Come dici tu", disse il ragazzo sedendosi sulle gambe di John.

"Ah Paul, chi ti capisce". E iniziò a baciarlo.

A Paul piacque molto, e lo iniziò a baciare con molta foga, mettendo le sue mani sui fianchi di John.

"Ok, calmati ragazzo", ridacchiò John facendogli una carezza sulla guancia, "continuamo in un altro momento, te lo prometto... Ma vedi di non tradirmi con il tuo cane, eh".

"Sei così scemo", rise Paul, "andiamoci a prendere un gelato, dai".

E andarono via, mano nella mano.

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